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Giachetti pressa Schillaci e Nordio: “La sigaretta elettronica deve entrare nelle carceri”

Interrogazione del deputato di Italia Viva che, citando i nostri articoli come fonte primaria, invita i ministri ad avviare progetti che possano ridurre i danni causati dal fumo passivo nei luoghi al chiuso.

Dare la possibilità ai detenuti di utilizzare la sigaretta elettronica così da salvaguardare la salute anche dei non fumatori, costretti sino ad oggi a inalare il fumo passivo. È quanto auspica l’onorevole Roberto Giachetti (Iv) in una interrogazione rivolta ai ministri Schillaci (sanità) e Nordio (Giustizia) e in cui il nostro giornale è citato come fonte primaria.
Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità – dice Giachetti – e ribaditi dalla National Accademy of Sciences degli Stati Uniti, il fumo passivo è tra le principali cause di cancro ai polmoni tra i cittadini adulti non fumatori. Apprendiamo dalla rivista Sigmagazine, giornale specializzato in strumenti di riduzione del danno da fumo, che in Francia, Inghilterra, Scozia e Galles sono stati avviati progetti volti a sostituire l’utilizzo delle sigarette tradizionali con le sigarette elettroniche; in particolare, in Francia “mille sigarette elettroniche sono state consegnate nelle carceri, progetto nato in seguito ad un’azione legale promossa da un detenuto non fumatore che ha ottenuto un risarcimento da parte dello Stato perché costretto a convivere con il fumo dei compagni di cella”. Il progetto – secondo Sigmagazine – ha goduto di un finanziamento pubblico di 50 mila euro, equivalenti a mille sigarette elettroniche validate per l’uso in carcere; buona anche la partecipazione dei dipendenti amministrativi e degli agenti penitenziari che in 150 hanno scelto di passare all’ecig”. Il deputato di Italia Viva, iscritto anche al partito Radicale Transnazionale, aggiunge poi ulteriori elementi a riprova delle potenzialità della sigaretta elettronica. “Nel Regno Unito, come riportato da uno studio condotto dalla Scuola di medicina della Università di Nottingham, a seguito dell’introduzione del divieto di fumo in tutti i luoghi al chiuso “una percentuale compresa tra il 70 e l’80% dei detenuti ha utilizzato la sigaretta elettronica come mezzo per gestire la dipendenza da nicotina”; questo è stato possibile, perché, ha spiegato in parlamento il ministro della salute britannico,

Rita Bernardini

“non esiste alcuna prova di tossicità indiretta causata dal vapore passivo, il divieto di fumare nei luoghi pubblici al chiuso si basa invece su prove evidenti dei danni derivanti dall’esposizione al fumo passivo e sulla tutela della salute conseguente alla mancata esposizione al fumo”. Ulteriore conferma arriva anche da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori franco-svizzeri: le particelle presenti nei vapori della sigaretta elettronica sono liquide ed evaporano nell’arco di pochi secondi; quelle presenti nel fumo sono molto più stabili e permanenti e la loro eliminazione dipende molto dalla ventilazione dell’ambiente. “Una differenza” concludono i ricercatori “significativa”.
Giachetti spiega inoltre che già nel 2016, “dopo avere ottenuto il via libera dal Ministero della salute, su sollecitazione della ex deputata Rita Bernardini, l’allora direttore dell’amministrazione penitenziaria Santi Consolo firmò una circolare per dare il via libera alla diffusione dell’ecig a cui però non si poté dare seguito per la difficoltà di reperire sigarette elettroniche senza fili elettrici e la pericolosità di fornire ai detenuti i flaconi del liquido di ricarica. Attualmente sul mercato e in tutte le tabaccherie sono presenti innumerevoli dispositivi di somministrazione di nicotina usa e getta, che non hanno cioè bisogno di alcuna ricarica, né di corrente elettrica né di liquido; il costo di ogni e-cig equivale mediamente a quello di due pacchetti di sigarette di tabacco”. E, considerato che “i detenuti hanno la possibilità di acquistare nella spesa interna (modello 72) pacchetti di sigarette delle più svariate marche e con diversi contenuti di nicotina”, Roberto Giachetti si rivolge direttamente a Schillaci e Nordio per sapere “se non ritengano di poter intraprendere anche in Italia una sperimentazione simile a quella di altri paesi europei” e se non ritengano “di poter consentire ai detenuti negli istituti penitenziari italiani l’acquisto, fra i prodotti inseriti nel modello 72, anche le e-cig usa e getta”.

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