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Operatori esteri, vendite online B2B: il Consiglio di Stato ribalta il Tar

Le aziende estere che vendono all'ingrosso sigarette elettroniche sul web non sono tenute ad aprire un deposito fiscale in italia.

Cosa accadrebbe se, dall’oggi al domani, gli operatori esteri che intendono vendere esclusivamente all’ingrosso (B2B) in Italia fossero tenuti all’apertura di un deposito fiscale nei nostri confini nazionali? Certamente tanti prodotti non sarebbero più sul mercato.
A scongiurare l’ipotesi questa volta ci ha pensato il Consiglio di Stato, a fronte di una pretesa tanto strana quanto incongruente con la normativa vigente portata avanti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nell’ambito di un contenzioso avviato nel 2022 (e solo oggi finalmente concluso).
La vicenda trae origine dall’ordine di inibizione ad opera di Adm del sito web di un operatore estero. In particolare, Adm contestava all’operatore estero di non essere titolare di un deposito fiscale in Italia e di non aver previamente comunicato all’amministrazione l’indirizzo del sito web destinato alla vendita a distanza di prodotti liquidi da inalazione. Sulla base di tale contestazione, procedeva all’inibizione del sito di vendita.
In riscontro alla contestazione, l’operatore – ritenendo che il provvedimento di inibizione traesse origine da un mero equivoco dell’amministrazione – rappresentava come il sito oggetto del provvedimento fosse destinato esclusivamente alla vendita all’ingrosso (alla vendita, quindi, in favore di depositi fiscali italiani o di rivenditori nazionali); vendita in relazione alla quale la normativa vigente non richiede il possesso dei requisiti la cui mancanza veniva contestata da Adm. Chiedeva quindi la revoca del provvedimento.
Con grande sorpresa, l’amministrazione – pur prendendo atto della circostanza che il sito fosse destinato esclusivamente alla vendita B2B – confermava il provvedimento inibitorio, che l’operatore era conseguentemente costretto ad impugnare.
Seguiva quindi il giudizio dinanzi al Tar del Lazio in cui Adm, in evidente contrasto con il disposto del comma 11 dell’articolo 21 del Decreto legislativo 6/2016 (recepimento della Tpd), con le previsioni della Determinazione direttoriale dalla stessa pubblicate e con la prassi affermatasi nel mercato, insisteva nel sostenere che anche la vendita online B2B effettuata da operatori esteri fosse soggetta agli obblighi previsti per la vendita online destinata ai privati effettuata su territorio nazionale. Sorprendentemente, il Tar del Lazio accoglieva tale tesi, affermando che il c. 11 dell’art. 21 (che prevede testualmente: “La vendita a distanza dei prodotti indicati al c. 1-bis (…), effettuata nel territorio nazionale è consentita, secondo le modalità definite con determinazione del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, solo ai soggetti che siano stati autorizzati alla istituzione e alla gestione di un deposito di prodotti liquidi da inalazione (…)”) andasse letto come norma generale e astratta applicabile non solo al caso di vendita online a consumatori che acquistano nel territorio dello stato, bensì ad ogni vendita a distanza.
Evidentemente non condividendo la lettura del Tar, l’operatore estero proponeva appello dinanzi al Consiglio di Stato che, all’esito di una lunga discussione, ribaltava la decisione del Giudice di prime cure per affermare un principio pacificamente vigente – da sempre – nel settore: la vendita online B2B da parte di operatore estero non soggiace ad alcuna regola speciale; è una vendita “libera”, non essendovi alcuna disposizione nazionale che detti per essa una particolare disciplina né – aggiungerei con una considerazione personale – potendo l’operatore estero che vende nel solo mercato all’ingrosso essere destinatario di disposizioni nazionali che impongano particolari oneri, con conseguente indebita limitazione del mercato eurounitario.
Un potenziale problema scongiurato dunque; questa volta in via definitiva dal massimo organo di Giustizia amministrativa.

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