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Media e sigaretta elettronica, vincono allarmismo e bad news

Quello fra vaping e media è sempre stato un rapporto complicato. Da anni in tutto il mondo gli addetti al settore e i consumatori lamentano articoli di stampa poco obiettivi sulla sigaretta elettronica, mentre alcuni scienziati favorevoli al vaping hanno messo in guardia contro i pericoli della disinformazione.

Quello fra vaping e media è sempre stato un rapporto complicato. Da anni in tutto il mondo gli addetti al settore e i consumatori lamentano articoli di stampa poco obiettivi sulla sigaretta elettronica, mentre alcuni scienziati favorevoli al vaping hanno messo in guardia contro i pericoli della disinformazione. Lo ha fatto l’anno scorso il medico australiano esperto di lotta al tabagismo Colin Mendelsohn e più recentemente i professori Lynn T. Kozlowski e David T. Sweanor, rispettivamente dell’Università di New York e di Ottawa, solo per citarne alcuni. Addirittura il Comitato scientifico internazionale per la sigaretta elettronica, creato dal professor Riccardo Polosa, ha fra i suoi primi scopi quello di diffondere sui media un’informazione corretta sul vaping.
Ma si tratta di una vera emergenza o è il settore del vaping ad essere affetto affetto da sindrome dell’accerchiamento? La risposta arriva da uno studio condotto da Olivia A. Wacowski della Rutger University nel New Jersey, che ha preso in esame gli articoli che parlavano di sigaretta elettronica apparsi nel 2015 su trenta dei maggiori quotidiani americani, quattro siti di news e altrettante agenzie di stampa. E hanno riscontrato che la stragrande maggioranza di questi viravano al negativo. Oltre la metà degli articoli presi in esame si occupava del tema dal punto di vista normativo, cosa comprensibile visto che era il periodo in cui stava prendendo forma la regolamentazione del settore della Food and Drug Administration. Gli altri prendevano in esame gli effetti sulla salute o la prevalenza dell’uso dell’ecig.
E qui il pregiudizio antivaping ha dato il meglio di sé. Quasi tutti gli articoli riportavano il tasso di utilizzo dell’elettronica fra i giovani, mentre solo il 10 per cento riportava anche quello fra gli adulti. Un terzo parlava dei liquidi e delle aromatizzazioni disponibili, presentandoli come pensati per attirare una clientela giovane. Un ulteriore 40 per cento degli articoli si dilungava sui limiti di età da imporre per l’acquisto dei prodotti del vaping.
La cosa più inquietante, però, arriva quando si parla di salute. Solo un terzo degli articoli presi in esame dal Wacowski e il suo team riportava che la sigaretta elettronica è meno dannosa del fumo e solo un quarto che è uno strumento efficace per smettere di fumare. Una vasta parte, poi, imputava all’ecig rischi e danni non supportati da prove e un terzo suggeriva che era una porta di ingresso verso il fumo tradizionale. Anche la scelta delle dichiarazioni riportate dai giornali si è dimostrata poco obiettiva. Fra i ricercatori e i medici sentiti, 113 avevano posizioni negative sul vaping mentre solo 52 erano favorevoli all’ecig. Va peggio per quanto riguarda i rappresentanti delle istituzioni con 80 dichiarazioni contrarie e solo 15 a favore dell’elettronica.
Sui giornali l’informazione positiva sul tema era lasciata all’industria, alle associazioni di categoria e ai semplici consumatori, spesso considerati però meno credibili rispetto agli altri interlocutori. Le loro dichiarazioni, inoltre, erano quasi sempre relegate a margine, in poche righe di compensazione di un intero articolo che gettava una luce negativa sul vaping. Insomma, dallo studio della Rutger University emerge con chiarezza un dato: i media hanno avuto ed hanno tuttora una grossa responsabilità nella diffusione della disinformazione sulla sigaretta elettronica.

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