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Juul ancora una volta sul banco degli imputati, questa volta per uno studio effettuato da una équipe guidata da Prue Talbot e James F. Pankow, rispettivamente della University of California e della Portland State University dell’Oregon. Il problema, secondo il team di ricerca, starebbe soprattutto nel contenuto di nicotina dei liquidi delle ricariche per la pod-mod, riscontrata in concentrazioni più alte – sottolineano gli autori dello studio – rispetto a tutte le sigarette elettroniche precedentemente analizzate.
I ricercatori hanno condotto test in vitro, analizzando tramite gascromatografia-spettometria di massa la nicotina e le sostanze chimiche aromatizzanti nei liquidi contenuti nelle pod prima e dopo lo svapo e negli aerosol corrispondenti. In base a questo studio, intitolato “High Nicotine Electronic Cigarette Products: Toxicity of JUUL Fluids and Aerosols Correlates Strongly with Nicotine and Some Flavor Chemical Concentrations”, una parte degli aerosol è risultata citotossica. La citotossicità era direttamente proporzionale alla concentrazione di nicotina. Ma anche gli aromi l’etilmaltolo e mentolo influivano sulla citotossicità dell’aerosol.
Lo studio di Talbote e Pankow aggiunge un tassello all’incandescente dibattito sul vaping in corso negli Stati Uniti, ma in realtà non riguarda la situazione europea, dove vige per tutti – e quindi anche per le pod-mod di Juul – il limite di 20 mg/ml per le concentrazioni di nicotina. Ma soffia comunque sul fuoco della polemica. Interpellata da Sigmagazine, l’azienda Juul Labs mette in dubbio i risultati della ricerca. “Riteniamo – dichiara un portavoce della multinazionale del vaping – che lo studio presenti dei limiti significativi, incluso il ricorso a metodologie erronee. Stiamo valutando i risultati di questo studio in modo più approfondito”. E poi conclude: “Juul Labs è impegnato a condurre ricerche e studi clinici di elevata qualità al contempo portando avanti la propria missione: eliminare le sigarette”.