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Sali di nicotina, caso Anafe-Blendfeel: parla Della Rocca: “Io, capro espiatorio”

Parla il titolare del negozio dove sono stati acquistati i prodotti attualmente sotto osservazione del Ministero della Salute.

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Marco Della Rocca, il titolare del negozio di Roma coinvolto, suo malgrado, nella vicenda dei sali di nicotina prodotti e distribuiti da Blendfeel e attualmente sotto osservazione del Ministero della Salute dopo la segnalazione di Anafe. La pubblichiamo con profonda amarezza. Perché è stato coinvolto un lavoratore, una persona qualunque che ogni giorno come tanti di noi si sveglia alle 7 per portare a casa la pagnotta, elevandolo a capro espiatorio di una intera categoria. Ognuno può pensarla come crede, può “tifare” per una o per l’altra parte in causa. Ma non bisogna abbandonare Marco Della Rocca, la cui ingenuità lo ha portato – a suo dire senza pregiudizio alcuno – a fidarsi del catalogo ufficiale di distributori e produttori.

Spettabile redazione,
ho una minuscola attività di sigarette elettroniche a Roma di soli 8 metri quadri. Sono stato messo sul patibolo, elevato da Anafe a simbolo della vendita di un prodotto potenzialmente pericoloso. E pensare che quel piccolo negozietto l’ho creato volentieri per il piacere di far smettere di fumare a tanta gente. Ma è talmente piccolo che non permette di sostenere una famiglia, così ho dovuto avviare anche altre attività. Non seguo il mercato in maniera agguerrita, informandomi su tutto. È sbagliato? Sicuramente, come me però a quanto pare siamo in centinaia. Quando compro un prodotto da un fornitore che reputo serio, presente sul mercato da tempo e ben conosciuto, penso che sia sicuro ed affidabile. Commetto una leggerezza a pensar così? Può darsi e mi dispiace. Ma la cosa che mi ha sorpreso di più è trovarmi di fronte all’associazione dei produttori Anafe che, quasi come in un blitz investigativo, ad agosto invia un finto cliente ad acquistare il prodotto in questione nel mio negozio. Il mio collaboratore che sta dietro il bancone è un ragazzo di vent’anni circa. Probabilmente per aggravare la situazione, vengono addirittura chiesti i sali di nicotina senza la base. “Ce l’ho a casa”è la spiegazione. Così, con il solo campione in mano dei sali 1000 mg, si rivolge al Ministero della Salute ed ai Carabinieri denunciando la potenziale pericolosità della sostanza, invitandoli a farmi revocare l’autorizzazione con conseguente chiusura e licenziamento del dipendente. A cui bisogna aggiungere anche la sanzione che può arrivare sino a 5000 euro. Ora, domando ad Anafe, se per voi fosse stato così importante cercare di salvaguardare i consumatori e la loro salute, perché non avete informato meglio i dettaglianti? E si lascia che io, come altre centinaia di attività, continui a vendere veleno? Oltretutto ancora per 60 giorni dopo l’avvenuto intervento nel mio negozio. Perché tutto questo è accaduto ad agosto e il provvedimento del Ministero è arrivato soltanto a fine ottobre. Due mesi passati per decidere se e come “incastrare” un pericoloso e criminale punto vendita.
Io sono un padre di famiglia, mi reputo una brava persona, come me penso quasi tutti i negozianti e le persone che leggono. Se avessi saputo che stavo vendendo un prodotto potenzialmente tossico lo avrei immediatamente ritirato di mia iniziativa in attesa di approfondimenti. Forse era meglio rivolgersi direttamente al fornitore, che oltretutto sul suo sito ha la lista di tutti i suoi rivenditori, senza arrivare con questo svilente tentativo di far chiudere un piccolo esercizio. Così facendo oltre a lasciare per altri due mesi il prodotto sul mercato, si è andati a colpire una o forse più minuscole attività elette a capro espiatorio. Piccole realtà di cui probabilmente nessuno saprà mai niente e che continueranno in tutta Italia a vendere il prodotto sino alla conclusione delle indagini.
Non si è capito che cosa abbia spinto Anafe a questa pericolosa perdita di tempo, accanendosi contro uno o pochi esercizi commerciali senza prima avvisarli alla prudenza per le vie informali, creando quella sinergia che dovrebbe essere una delle sue prerogative. Ma, facendo quello che hanno fatto, non credo possa essere considerata e rispecchiare una nobile coscienziosa e comprensiva missione associativa e industriale“.

 

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