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Studio, caso di polmonite da cobalto dovuta allo svapo di oli di cannabis

Le reazioni degli esperti al caso studio e agli attacchi degli autori contro la sigaretta elettronica e la riduzione del danno.

Un nuovo allarme proviene da un caso studio appena pubblicato sullo European Respiratory Journal (Erj). Un gruppo di ricercatori della University of California, della John Hopkins Bloomberg School of Medicine di Baltimora e della University of Cambridge riporta il caso di una donna 49enne con polmonite interstiziale a cellule giganti. La malattia è stata definita pneumoconiosi, o polmone da cobalto, perché è strettamente associata all’esposizione ai metalli duri ma, nel caso in questione, vista la storia della paziente, i ricercatori la fanno risalire all’uso regolare della sigaretta elettronica. Nella sintesi pubblicata sul sito dell’Erj si legge solo questo. Nello studio, però, si legge che la paziente svapava, sì, ma oli di cannabis, cosa che – abbiamo visto – può fare una bella differenza.
È di questo parere Il dottor Nick Hopkinson, docente di medicina respiratoria all’Imperial College di Londra. “Questo caso segue crisi di malattie polmonari degli Usa che sono state collegate alla vaporizzazione di oli di cannabis – commenta – e offre un ulteriore motivo per evitarla. Le alte temperature possono aumentare il rischio di inalare metalli derivati dall’elemento che si riscalda”.
Più articolata e aspra la reazione del professor John Britton, direttore dello UK Centre for Tobacco & Alcohol Studies (Uktas) e consulente in medicina respiratoria presso l’Università di Nottingham. Britton contesta lo studio dalle sue conclusioni, cioè che la condizione della paziente sia stata causata dal cobalto: “È difficile capire come i ricercatori abbiano raggiunto questa conclusione, visto che nei campioni di polmone della donna non sono state trovate particelle di cobalto”. Secondo lui, “questo caso rappresenta un ennesimo esempio di gravi malattie polmonari sviluppate da chi usa la sigaretta elettronica per svapare cannabis, ma l’estrema rarità di tali complicazioni in chi non vaporizza la sostanza, dimostra che il rischio di malattie polmonari acute di questo tipo per chi svapa nicotina in alternativa al fumo è molto basso”.
Il docente di Nottingham non si ferma qui e critica anche molte affermazioni contenute nell’articolo dello European Respiratory Journal, che secondo lui dimostrano un chiaro pregiudizio da parte degli autori. Che sostengono, per esempio, che i metodi convenzionali per smettere di fumare sono efficaci. “Eppure – commenta Britton – milioni di persone continuano a fumare, nonostante il facile accesso a quei metodi. Il vaping offre un’altra via di uscita, molto meno dannosa del fumo che è complementare – e non sostitutiva – degli approcci convenzionali”.
Sempre nell’articolo si dice che non ci sono prove che la sigaretta elettronica sia uno strumento efficace per smettere di fumare. “È falso”, dice Britton, citando lo studio randomizzato di Peter Hajek, che ha dimostrato che sono due volte più efficaci delle altre terapie sostitutive della nicotina. Più avanti si afferma anche che le e-cigarette aumentano le probabilità di iniziare a fumare. Una tesi che non solo non si fonda su basi scientifiche, dice Britton, ma che è anzi contraddetta dal numero dei fumatori in costante calo in Paesi come il Regno Unito. Gli autori lamentano anche che i fumatori vedano nella sigaretta elettronica una alternativa all’uso dei servizi riconosciuti e delle terapie farmacologiche per la cessazione. “Questo è vero – ammette Britton – ma è una cosa positiva. Il vaping permette ai fumatori di smettere per sempre. Li aiuta, non li danneggia”.
Lo Erj si scaglia, infine, contro la stessa strategia di riduzione del danno da fumo, sostenendo che si basi sul presupposto non provato che i prodotti alternativi siano innocui (tesi non sostenuta da nessuno scienziato credibile) e sottolineando come, invece, esistano molte altre strategie per ridurre il fumo a livello di Unione europea. Che però, sottolinea Britton, conta ancora 100 milioni di fumatori. “Non è che le altre politiche non funzionino – concede – è che è completamente illogico escludere questa nuova possibilità”.
Insomma, secondo il direttore di Uktas, sono gli autori dell’articolo ad essere in errore. “Si oppongono così strenuamente a qualsiasi forma di dipendenza da nicotina – sostiene – da mettere a rischio le vite dei fumatori che trarrebbero beneficio dal passaggio completo alla sigaretta elettronica”. “Questo nuovo documento – conclude infine – non contiene niente che possa cambiare i consigli per i fumatori. Se fumate, passate all’e-cigarette. Se non fumate, non svapate. E proprio come non comprereste alcolici di dubbia provenienza, non svapate cannabis o altri prodotti di contrabbando”.

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