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Gli studi indipendenti esistono e dicono che la sigaretta elettronica riduce i danni del tabacco

Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire e peggior cieco di chi non vuol vedere. E allora ecco una lista di ricerche condotte da enti pubblici che dimostrano il minor impatto dei prodotti del vaping sulla salute.

Sulle sigarette elettroniche e, più in generale, sui prodotti a rischio ridotto, “mancano studi scientifici indipendenti”. E ancora: “La ricerca scientifica non può essere pagata dall’industria del tabacco”. E in più: “Non ci sono prove sull’effettiva minore tossicità dei prodotti del tabacco senza combustione”. Ormai da anni nei luoghi istituzionali si sente ripetere sempre la solita solfa. Ministero della salute e, di riflesso, l’Istituto superiore di sanità sono i primi portavoce di queste lamentale. Una ricerca dovrebbe essere giudicata per la metodologia utilizzata, analizzando le varie fasi che sono rappresentate dalla selezione e definizione di un problema, dalla formulazione delle domande di ricerca o delle ipotesi, dalla raccolta e analisi dei dati e dalla comunicazione dei risultati. Tutti i passaggi devono essere replicabili. Solo così si può dire se una ricerca può o non può avere il merito di avere scoperto o analizzato qualcosa. Il metodo scientifico, l’applicazione del protocollo, sono dati oggettivi.
Quando le istituzioni lamentano la mancanza di ricerche scientifiche indipendenti offendono la scienza stessa. Vorrebbe significare che non hanno fiducia in chi opera o lavora nel settore privato. Ribaltando il ragionamento, verrebbe anche facile ribattere che, se così fosse, anche i ricercatori dell’Istituto superiore di sanità diffondono i risultati di questa o quella ricerca a seconda del colore o dell’indirizzo politico o delle indicazioni del ministro di turno.
Giusto l’altro ieri il sottosegretario alla salute Sandra Zampa è tornata a ribadire che la minore dannosità dei nuovi prodotti del tabacco senza combustione non è dimostrata. O meglio, è dimostrata soltanto dalle ricerche condotte dalle industrie del tabacco e del vaping. Mai affermazione più falsa. Le ricerche cosiddette indipendenti (effettuate cioè da strutture pubbliche) esistono. Probabilmente non c’è l’interesse di diffonderle e di prenderle in considerazione. Andiamo con ordine.
Partiamo dall’Università La Sapienza di Roma che ha verificato gli “effetti in acuto di un prodotto a tabacco riscaldato, una sigaretta elettronica e una sigaretta tradizionale a combustione: studio randomizzato sulla valutazione vascolare degli effetti pro-aterosclerotici del fumo”. Condotto da ricercatori interni, approvato dal Comitato Etico Indipendente e pubblicato nella rivista scientifica dell’American Heart Association, ha stabilito che sia le sigarette elettroniche che il tabacco riscaldato hanno “minori effetti negativi sull’apparato cardiovascolare e minore stress ossidativo rispetto alle sigarette tradizionali”. Quindi, entrambi ridudono i rischi della combustione.
E ancora. Fabio Beatrice, direttore del dipartimento di otorinolaringoiatria e chirurgia maxillo facciale e responsabile del Centro antifumo dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino ha dimostrato che il passaggio a sigarette elettroniche o a prodotti a tabacco riscaldato riduce circa dell’80% l’esposizione dell’organismo al monossido di carbonio (CO) rispetto a quanto accade fumando sigarette tradizionali. “Un risultato – sono le parole di Beatrice – che farebbe ben sperare rispetto all’insorgenza di malattie dell’apparato cardiovascolare”. Lo studio è stato pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health.
L’Istituto di salute pubblica giapponese (equivalente al nostro Iss) ha dimostrato che “le concentrazione di sostanze dannose generate da un riscaldatore di tabacco sono inferiori a quelli riscontrati nel fumo di sigaretta (nitrosamine tabacco specifiche e il monossido di carbonio sono rispettivamente 1/50 e 1/100 di quelle riscontrate nel fumo di sigaretta)“. Alle stesse conclusioni è giunto anche l’Istituto tedesco sulla valutazione del rischio (BfR). Il comitato britannico sulla tossicità ha invece quantificato sino al 90% la riduzione del danno delle sigarette elettroniche rispetto alle sigarette tradizionali. In una scala del rischio, quindi, al livello più alto si pone il tabacco tradizionale, quindi i riscaldatori di tabacco e, in fondo, ovvero le meno dannose, le sigarette elettroniche.
Public Health England, infine, giunge alla conclusione che dalle prove disponibili le sigarette elettroniche “possono risultare molto meno dannose rispetto alle tradizionali sigarette e riducono l’esposizione a sostanze dannose e particolato rispetto al fumo di sigaretta”. La riduzione del rischio è stata quantificata nel 95%. Come se non bastasse, il ministero della salute britannico ha pubblicato il Libro Verde in cui viene ribadita l’assoluta minor tossicità della sigaretta elettronica.
È addirittura il Ministero dell’ambiente tedesco a mettere il carico da novanta. Le conclusioni dello studio “Rischi e benefici della sigaretta elettronica” non lasciano spazio a interpretazione: “Per chi non riesce a smettere di fumare, la sigaretta elettronica è una nuova possibilità per assumere nicotina con minori sostanze dannose e avvicinarsi gradualmente all’obiettivo della cessazione”.
Un team di ricerca del Policlinico di Monserrato dell’Università di Cagliari ha scoperto chequasi tutti i pazienti asmatici che hanno fumato in passato raccomanderebbero il passaggio all’e-cig, perché non hanno riscontrato peggioramento nei sintomi. Inoltre il passaggio dal fumo al vaping ha determinato un miglioramento nel controllo dell’asma e della qualità della vita, senza influenzare i test sulle funzioni polmonari”.
Quelle elencate sino ad ora sono soltanto alcune delle numerose ricerche condotte da enti governativi o centri di ricerca indipendenti. Ma vogliamo terminare questa carrellata di sintesi con le parole di Umberto Veronesi, oncologo di chiara fama, già ministro alla sanità: “Se riuscissimo a togliere il tabacco dalle sigarette, come in quelle elettroniche, il cancro al polmone scomparirebbe“. Frase detta in occasione della conferenza stampa di presentazione dei risultati del primo studio italiano sulla sigaretta elettronica, condotto in collaborazione con il dottor Carlo Cipolla, la dottoressa Gabriella Pravettoni e la dottoressa Giulia Veronesi.
Come abbiamo visto, le ricerche e gli studi indipendenti sulle sigarette elettroniche e i prodotti del tabacco senza combustione esistono, sono numerosi e condotti da autorevoli esponenti del mondo accademico e sanitario. In Italia pare non esserci l’interesse (o la voglia?) di ragionare senza pregiudizi, svolgendo il proprio ruolo di ricercatore così come i manuali insegnano. Mettere in discussione se stessi e le proprie convinzioni è il modo migliore per capire gli altri. Questo vale nella vita quotidiana ma, soprattutto e sempre di più, nella scienza che in quanto tale dovrebbe essere scevra da pregiudizi.

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