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Gruppi di pressione alla Camera: la disarmante assenza della sigaretta elettronica

Il pubblico registro dei rappresentanti di interesse descrive chi ha incontrato chi e perché. Presenti tre multinazionali del tabacco su quattro; formalmente non risulta rappresentata la filiera del vaping.

Introdotto da qualche anno alla Camera dei Deputati, vuole essere uno strumento di trasparenza. Il registro dei rappresentanti di interesse descrive puntualmente chi ha incontrato chi, quando e perché. Nella lista dei lobbisti accreditati ufficialmente si trovano quarantuno persone fisiche ma soprattutto duecentotrentuno persone giuridiche, ovvero aziende o società di consulenza che operano per loro stesse o per conto terzi. Il registro riporta i nomi e le generalità degli autorizzati ad entrare a Montecitorio ma anche gli incontri avuti, con i nomi dei deputati incontrati.
La filiera del tabacco è formalmente presente soltanto con tre multinazionali: British American Tobacco, Philip Morris e Japan International. Manca Imperial Brand ma, soprattutto, mancano le rappresentanze della sigaretta elettroniche, sia a livello associativo che a livello aziendale.La presenza di Philip Morris è volta a “rappresentare il punto di vista aziendale in merito a questioni relative al settore del tabacco ed in particolare accrescere la conoscenza relativa ai prodotti di nuova generazione”. Inoltre, fornisce ai deputati “materiale informativo a supporto delle questioni di interesse quali analisi, approfondimenti e dati economici di settore”. I parlamentari che hanno avuto contatti all’interno del Palazzo con Pmi sono stati: Alessandro  Manuel Benvenuto;  Francesco Boccia; Claudio Borghi; Maria Elena Boschi; Luca Carabetta; Giulio Centemero; Emanuele Cestari; Mauro Del Barba; Benedetta Fiorini; Marta Grande; Elena Lucchini; Maurizio Lupi; Claudio Mancini; Luigi Marattin; Stefano Mugnai; Marco Osnato; Pietro Carlo Padoan; Luca Pastorino; Carlo Piastra; Maura Tomasi; Raffaele Topo; Giorgio Trizzino; Walter Verini.
Più mirati appaiono invece gli obiettivi di Japan Tobacco International, volti al “monitoraggio della discussione parlamentare relativa al decreto fiscale e alla Legge di Bilancio e presentazione della posizione aziendale in merito a questioni relative al settore del tabacco, dei prodotti di nuova generazione e sigarette elettroniche, nonché sulle tematiche della lotta al commercio illecito dei prodotti sottoposti ad accisa con presentazione delle attività poste in essere dalla società”. Sembre scorrendo la relazione, si apprende che “l’attività è stata svolta presso i locali della Camera dei Deputati predisposti per seguire i lavori di discussione dei provvedimenti di interesse, inoltre sono stati inviati materiali informativi, di analisi e di approfondimento agli indirizzi istituzionali di posta elettronica di alcuni componenti delle Commissioni competenti”. Pochi i parlamentari incontrati e citati nella relazione: Carlo Giacometto; Giuseppe Buompane; Maria Elena Boschi; Claudia Porchietto; Maria Laura Paxia.
Di trasparenza e propositività parla invece la relazione di British American Tobacco, la cui comunicazione è volta “ad un confronto sulle tematiche di riferimento, ovvero politiche di regolamentazione del settore del tabacco, politiche fiscali, politiche di contrasto al fenomeno del contrabbando di sigarette, politiche di ricerca e sviluppo legate ai prodotti di nuova generazione, confronto sulle tematiche ambientali legate alla direttiva plastica”. Gli incontri periodici con i deputati si sono svolti anche “dialogando e attivando un confronto sulle politiche di regolamentazione dei prodotti del tabacco e dei prodotti di nuova generazione”. I contatti effettivamente posti in essere: Maria Laura Paxia; Claudio Borghi; Claudio Mancini; Alessandro Benvenuto; Carla Ruocco; Paolo Tiramani; Riccardo Molinari; Fabio Melilli; Luca Carabetta; Giorgio Silli.
Scorrendo l’elenco delle persone giuridiche e fisiche accreditate, non risulta nessuno che, almeno formalmente, si occupa di tutelare gli interessi della filiera della sigaretta elettronica ma neppure del tabacco. Probabilmente, nonostante l’attivazione del servizio, i professionisti dell’advocacy preferiscono lavorare nell’ombra per non svegliare l’attenzione dei concorrenti e riuscire quindi a condurre in porto gli obiettivi delle aziende da loro rappresentate. È soprattutto anche per questo motivo che in Italia, ma non in Europa, la figura del lobbista ha spesso una accezione negativa quando invece è un modo del tutto lecito e legittimo di dare voce a una categoria o a un gruppo.

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