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Imposta sigarette elettroniche, emendamento choc del governo: +500%

A causa della guerra commerciale tra le multinazionali del tabacco, il governo ha proposto emendamento per aumentare progressivamente in maniera del tutto scellerata la tassa sui liquidi di ricarica.

È la notte della verità. La guerra commerciale tra Philip Morris e British American Tobacco ha causato un corto circuito che difficilmente potrà essere disinnescato se non si fa chiarezza nell’oggetto del contendere. Il tabacco riscaldato, prodotto che nulla ha a che fare con il vapore, da mesi è sotto la lente d’ingrandimento sia del governo che dei quotidiani nazionali. Dopo l’inchiesta de Il Riformista che avrebbe appurato l’esistenza di una consulenza tra la multinazionale Pmi e la Casaleggio Associati al fine di ottenere presunte agevolazioni fiscali, il fuoco è stato indirizzato anche verso la sigaretta elettronica, un prodotto che nulla ha a che fare con il tabacco e, soprattutto, con le multinazionali che lo lavorano e commercializzano.
Il vapore è figlio di decine di aziende medio-piccole che sono nate dal nulla, senza legami e senza interessi agricoli perché non sopravvivono grazie alla compravendita delle piante dallo Stato. Eppure dal Consiglio dei Ministri di questa sera una novità sta per uscire: i liquidi da inalazione, grazie alla guerra commerciale tra le multinazionali del tabacco, vedrebbero aumentare il loro costo al pubblico sino al 500 per cento. Già, non è una boutade. L’emendamento del governo alla legge di bilancio vorrebbe incrementare del 300% l’imposta di consumo attualmente in vigore. Anche sui liquidi senza nicotina, ovvero sulla miscela di glicerina e aromi, un composto di libera vendita in qualunque esercizio commerciale di qualunque Paese al mondo. Una cosa che farebbe schizzare alle stelle il prezzo al consumo dei flaconi di liquido di ricarica sino al 500% del prezzo di vendta attuale. Una scellerata idea che farebbe ritornare chi ha scelto l’e-cig ad acquistare le sigarette tradizionali. Il costo, più della salute, infatti, è la prima motivazione che guida il consumatore. Le sigarette elettroniche, prodotti che utilizzano un liquido per produrre vapore nicotinizzato, avrebbero così una penalizzazione difficilmente riparabile nei confronti delle sigarette tradizionali. Tutto questo è stato causato da una guerra commerciale e fiscale tra due Big del settore del tabacco per meri interessi economici e fiscali.

Marcello Minenna (a sinistra) e Giuseppe Conte

Il governo, stretto nella morsa della polemica mediatica, vorrebbe dimostrare di avere e spalle larghe nei confronti delle lobby e delle multinazionali del tabacco. Così facendo, però, dimostra al contrario di non avere lungimiranza e  visione sanitaria: alzare le imposte sulle sigarette elettroniche – e il Regno Unito insegna – significa incentivare centinaia di migliaia di persone a utilizzare i prodotti del tabacco: sigarette, sigari, tabacco trinciato. Potrebbe anche essere una priorità del governo, nessuno lo sa. Ma in ottica di sanità pubblica, soprattutto quando siamo di fronte a una emergenza pandemica, non è certamente una scelta per cui esultare.
Il testo dell’emendamento del Governo vorrebbe riscrivere la tassazione del tabacco riscaldato, ma dentro finiscono anche le sigarette elettroniche, esattamente come annunciato un mese fa dal direttore di Adm Marcello Minenna e sostenuto dal sottosegretario che ha la delega alle accise Pier Paolo Baretta. Non si tratterebbe di una tassa ad valorem ma di un aumento che getterebbe nella disperazione migliaia di famiglie che operano e lavorano nel settore della produzione dei liquidi da inalazione. E di centinaia di migliaia di famiglie che dall’indotto traggono sostentamento.
Nella fattispecie, il testo dell’emendamento governativo sostenuto dal Mef prevederebbe un aumento per il 2021 delle tasse sui liquidi senza nicotina dal 5% al 10% (che significa + 100% del peso fiscale) e per i liquidi con nicotina dal 10% al 15% (ovvero + 50% del peso fiscale). Ci sarebbe inoltre un aumento di 5 punti percentuali sia nel 2022, sia nel 2023. Ovviamente questo varrà sempre nel caso in cui il vaping esisterà ancora, perché dalle premesse c’è il sensato timore che si voglia dare una stoccata letale all’intero settore.
Se il governo decidesse di aumentare l’accisa sul tabacco riscaldato nessuno avrebbe nulla da dire: è una soluzione  logica e motivata. Il tabacco, in ogni sua forma, deve essere parametrato all’accisa attualmente in essere. È una soluzione che può e deve essere ragionata per evidenze erariali e parametrata all’effettiva necessità delle casse statali. Ma il vaping è completamente un’altra cosa. Non è tabacco, non è combustione. Se il governo ascoltasse le motivazioni di un Paese liberale e democratico come il Regno Unito potrebbe fare un passo in avanti nell’ottica della sanità pubblica. E invece, caparbiamente e in maniera del tutto illogica, vuol andare avanti per la propria strada ascoltando solamente la pancia mediatica del momento. Non dovrebbe essere una inchiesta giornalistica (o i titoli sparati nelle rassegne stampa) a dettare le strategie del governo. Dovrebbero invece essere guidate dalla conoscenza dei prodotti su cui vorrebbero legiferare.
Peraltro l’emendamento in questione, oltre a comportare un raddoppio delle tasse sulle sigarette elettroniche, rappresenterebbe l’unico provvedimento volto ad aumentare ler tasse in Italia durante il Covid, con effetti sui consumi dei vapers e di riflesso sulla sopravvivenza di migliaia di imprenditori. Che, non dimentichiamolo, sono nati in un mercato libero e si sono ritrovati ad essere sottoposti alle regole monopolistiche e soffocanti dell’agenzia nazionale dei monopoli. Una agenzia che il suo neo-Direttore di nomina politica vorrebbe adesso trasformare in una sorta di forza di polizia, con tanto di gradi gerarchici e uniforme d’ordinanza. E mentre avviene questo – per la prima volta in una manovra economica – non viene aumentato di un solo centesimo il peso fiscale sulle sigarette tradizionali, l’unico prodotto che invece dovrebbe aumentare se si avesse davvero a cuore la salute pubblica.
Sembrerebbe dunque che il governo sia “consigliato” da una voce ben precisa che vuole affossare i prodotti a rischio ridotto per garantire invece il solito – e ingente – introito ai prodotti del tabacco tradizionale. Se tutto questo avverrà, avranno vinto le multinazionali del tabacco. Se così andrà, dal primo gennaio i consumatori torneranno a fumare con buona pace della sanità pubblica. E alle migliaia di famiglie ridotte sul lastrico e alle centinaia di imprenditori che dovranno dichiarare fallimento non resterà che una sola strada: chiedere il reddito di cittadinanza, soluzione voluta dallo Stato ma che peserà sulle spalle di tutti i contribuenti.

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