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Il pregiudizio sociale per scoraggiare l’uso della sigaretta elettronica

Sul Journal of Health Communication uno sconcertante studio esamina se nella comunicazione sanitaria funziona dire che i vaper sono "inferiori".

Sostenere che gli utilizzatori di sigarette elettroniche sono esseri inferiori. Per quanto sconcertante, è questa la strategia suggerita da uno studio apparso sulla rivista Journal of Health Communication per demotivare gli svapatori. E non c’è bisogno di leggere fra le righe. Il lavoro in questione, elaborato da Rong Ma del Dipartimento comunicazione e media della Butler University di Indianapolis e Zexin Ma del Dipartimento comunicazione, giornalismo e public relation della Oakland University di Rochester, è chiarissimo sin dal titolo: “What if I Tell You E-Cigarette Users are Inferior? An Investigation of Social Identity Threat in Health Messaging” (Che succede dicendo che gli utilizzatori di sigaretta elettronica sono inferiori? Indagine sulla minaccia all’identità sociale nei messaggi sanitari).
È bene ricordare che per arrivare alla pubblicazione, questo studio ha passato l’iter di revisione dei pari, il cosiddetto peer-reviewing. Ma d’altronde lo stigma sociale verso chi tiene comportamenti giudicati indesiderabili o riprovevoli è stato spesso utilizzato dal tobacco control, soprattutto negli Usa nei confronti dei fumatori. E, sebbene sia un atteggiamento non solo eticamente discutibile ma spesso controproducente, perché di fatto allontana e ghettizza chi si vorrebbe (o dovrebbe) aiutare, sembra che la tentazione del bullismo sia irresistibile per chi si sente incrollabilmente nel giusto. E dunque ecco uno studio per verificare se minacciare l’identità dei vaper può scoraggiarli dall’usare l’e-cigarette. Dimenticando, però, che gli svapatori sono nella stragrande maggioranza fumatori o ex fumatori, che cercano di migliorare la loro salute e dunque andrebbero piuttosto esaltati, invece di adottare atteggiamenti che potrebbero demotivarli e indurli a tornare al fumo.
Ma tant’è. Lo studio delle due ricercatrici americane ha voluto esaminare se la minaccia all’identità degli svapatori in una narrativa può influire sul controllo del loro comportamento sul vaping. E dunque a 395 utilizzatori di e-cig è stata sottoposta la lettura di una conversazione fra un personaggio principale (vaper) e un amico. “La minaccia all’identità – spiegano le autrici – è stata manipolata utilizzando descrizioni negative degli utilizzatori di sigarette elettroniche e l’enfasi sull’identità è stata manipolata attraverso l’autodescrizione del personaggio principale”. Per la cronaca, in base ai risultati dello studio, la minaccia all’identità potrebbe influenzare il comportamento e ridurre l’uso dell’e-cig.
Infatti le autrici concludono che i risultati dimostrano “l’utilità della minaccia all’identità sociale come strategia della persuasione”. Più di questo, però, a noi interessa la liceità di un tobacco control che ritiene di dover agire in questo modo. E non nascondiamo il senso di inquietudine che ci pervade leggendo in uno studio scientifico termini come “inferiore”, “minaccia all’identità sociale”, “manipolazione” e simili. Sempre, ma in particolar modo quando tutto questo viene utilizzato per stigmatizzare e mettere alla gogna persone che cercano di migliorare la loro salute e uno strumento che riduce drasticamente il danno da fumo. La via dell’Inferno, dice un vecchio adagio, è lastricata di buone intenzioni. Ma qualche volta anche di cattive.

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