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Sigarette elettroniche, il Tar blocca la tariffa di notifica: “Decreto da rifare”

Le aziende ricorrenti vincono su tutta la linea. Secondo il tribunale, non c'è chiarezza su come il Ministero della Salute abbia calcolato gli importi.

La tariffa di notifica delle sigarette elettroniche e dei prodotti liquidi da inalazione non va versata. O meglio, non ancora. Lo ha deciso il Tar del Lazio accogliendo il ricorso presentato dalle aziende del settore coinvolte dal provvedimento. In particolare, il Tar contesta al Ministero della Salute di non essere stata chiara con i conti, non avere cioé spiegato in che modo sarebbero stati calcolati gli importi visto che dovrebbero andare a coprire i costi del personale impiegato nella effettiva mansione di registrazione dei prodotti notificati.
Stabilita la correttezza dell’individuazione di una tariffa e dell’applicazione della stessa anche in relazione agli anni precedenti – spiega la Corte – devono, invece, ritenersi fondate le censure che contestano il difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla individuazione e quantificazione della tariffa. In particolare, a sostegno del proprio operato il Ministero resistente ha presentato due relazioni tecniche che avrebbero dovuto essere poste a base del calcolo effettuato con riguardo all’effettivo impiego delle risorse, al fine della determinazione delle tariffe. A prescindere che dette relazioni non riportano la data in cui sono state effettuate e neanche un’intestazione o una firma, con la conseguenza che non è possibile determinare quando siano state predisposte e chi l’abbia predisposte, è da rilevare che presentano numerose contraddizioni. In via esemplificativa ma non esaustiva: il numero delle tariffe da calcolare (sei nella prima relazione, quattro nella seconda); il costo medio orario per ciascuna figura professionale, più alto per ogni singolo profilo nella prima relazione rispetto a quanto indicato nella seconda (Dirigente II fascia, 91,01 nella prima, mentre 56,12 nella seconda; Area Terza F6, 43,28 nella prima, 36,07 nella seconda).
In sostanza, le due relazioni prendono in considerazioni fattori parzialmente diversi con costi diversi.
Pertanto, è evidente il difetto di istruttoria nel calcolo della determinazione della tariffa, in quanto dai documenti depositati, non è possibile comprendere quali siano gli effettivi costi e come questi siano stati calcolati.
Il difetto di istruttoria comporta anche l’illegittimità della quantificazione della tariffa per i costi sostenuti negli anni precedenti (dal 2016 in poi) avendo a riguardo i costi odierni. Poiché lo scopo della tariffa è quello di remunerare il servizio di raccolta, analisi e gestione dei dati e delle informazioni relative agli aggiornamenti o alle correzioni delle notifiche di sigarette elettroniche e liquidi di ricarica, non si può avere a riferimento i costi attuali, poiché questi sono sicuramente differenti da quelli che sono stati sostenuti negli anni precedenti. Infatti, visto che, tra l’altro, nelle relazioni tecniche si fa riferimento al costo del lavoro del personale impiegato, questo dovrà essere quello vigente nell’anno di riferimento. Tanto si ricava anche dall’art. 390 del d.lgs. 6/2016, laddove prevede che “3. Le tariffe di cui al comma 1 sono aggiornate almeno ogni due anni”, comportando così che le tariffe di oggi non possono essere sicuramente uguali a quelle che dovevano essere applicate nel 2016 e nei successivi anni“.
Il ministero della Salute dovrà ora redigere un altro Decreto con nuovi importi e, soprattutto, giustificarne l’entità sulla base del reale impiego di tempo e risorse. Non è detto che non sarà di nuovo retroattivo, ma a quel punto di potrebbe aprire un’altra battaglia legale. Per il momento il comparto del vaping incassa una ennessima (e prevedibile) vittoria giuridica.

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