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Un nuovo appello perché la Gran Bretagna faccia valere il suo peso e si opponga, in sede di Cop10, alle politiche proibizioniste sul vaping dell’Organizzazione mondiale di sanità, arriva da due parlamentari, ospitati sulle colonne del quotidiano Express. Andrew Lewer e Mary Glindon sono entrambi vice presidenti dell’Intergruppo parlamentare sul vaping, ruolo che – spiegano – ha consentito loro di verificare i benefici che la sigaretta elettronica offre alla salute di fumatori. I due ricordano come già nel 2015 Public Health England stimò che il vaping riducesse il danno del fumo del 95% e si dichiarano orgogliosi che l’agenzia del Ministero della salute sia stata la prima al mondo a riconoscere l’importanza del vaping nella lotta al fumo. “Grazie alla sigaretta elettronica – scrivono – oggi nel Regno Unito ci sono circa due milioni e mezzo di ex fumatori”.
Il governo britannico ha recentemente riaffermato di voler utilizzare il vaping per diventare senza fumo entro il 2030. “Ma – commentano i due parlamentari – se vogliamo raggiungere quest’obiettivo, dobbiamo difendere la salute pubblica del nostro paese da chi cerca di costringerci a seguire una strada diversa e, a nostro avviso, più dannosa”. E a chi si riferiscono, lo spiegano subito chiaramente: alla decima Conferenza delle parti della Convenzione quadro per il controllo del tabacco dell’Oms, che si terrà il prossimo novembre a Panama. Lewer e Gilndon accusano la Convenzione di prendere le sue decisioni a porte chiuse, sottraendosi al controllo della stampa e del pubblico, al contrario di quanto accaduto, per esempio, nella Cop26 sul clima. E questo li preoccupa molto.
“Negli ambienti sanitari – scrivono senza mezzi termini – non è un segreto che, malgrado la ricchezza di prove scientifiche disponibili, l’Oms sia rabbiosamente contraria al vaping. Con la bava alla bocca, cerca di attuare la visione di Michael Bloomberg, il miliardario filantropo statunitense che ha speso centinaia di milioni di sterline per eliminare qualsiasi uso di nicotina, indipendentemente dal potenziale dimostrabile che la sigaretta elettronica ha per aiutare i fumatori di tutto il mondo a smettere”. Espressioni molto forti, soprattutto se a pronunciarle sono due membri di Westminster. Ma non si tratta di parole “dal sen fuggite”.
Lewer e Glindon ricordano infatti che il Regno Unito è fin dal principio il maggior contribuente economico della Convenzione per il controllo del tabacco e, nonostante questo, non è riuscito a influenzare né l’Oms né a persuadere gran parte dei paesi aderenti sul potenziale del vaping per aiutare a smettere un miliardo di fumatori in tutto il mondo. “Noi sappiamo che funziona – affermano – e dobbiamo continuare a sostenerlo”. E dunque, la proposta shock già formulata prima della Cop9 dall’Intergruppo: “Se l’Organizzazione mondiale di sanità e la Cop10, nonostante tutte le prove, sono determinate ad andare in una direzione che non è nel nostro interesse nazionale, dobbiamo seriamente chiederci se sia adatta allo scopo e se vogliamo continuare a usare il denaro dei contribuenti britannici per finanziarli”.
Durante la Cop9 del 2021, che non si tenne in presenza, il Regno Unito ribadì la sua politica favorevole al vaping e alla fine le decisioni in materia vennero rimandate al 2023. Forse, se il paese si dimostrerà ancora una volta fermo sulle sue posizioni, anche la Cop10 non sarà un percorso in discesa per chi si oppone alle sigarette elettroniche come strumento di riduzione del danno da fumo.
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