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SVAPOWORLD – Notizie internazionali dal 5 all’11 maggio

Sondaggio internazionale rivela che tre persone su quattro non sanno ancora che la sigaretta elettronica è meno dannosa del tabacco tradizionale. Intanto i medici tedeschi rinnovano l'invito ai governi di non vietare gli aromi.

GlobalSondaggio Ipsos, ancora troppe persone hanno una percezione errata sulle differenze di rischio tra fumo e svapo
La percezione errata sulle differenze per la salute del fumo di sigarette combustibili e dello svapo di quelle elettroniche continua a essere un grave problema per corrette politiche sanitarie che dovrebbero puntare alla riduzione (e magari in prospettiva all’eliminazione) del danno da fumo. Molto ha fatto la disinformazione o l’informazione scandalistica (che è un po’ la stessa cosa) e i risultati sono quelli emersi da un’indagine intitolata “Innovation under Fire: a global alert on the misperception epidemic in vaping views”, condotta dall’istituto di ricerca Ipsos, fondato in Francia quasi cinquant’anni fa e presente in 90 paesi, per conto della rete We Are Innovation. Un sondaggio ad ampio raggio, che ha coinvolto 27 mila fumatori in 28 paesi e che è giunto a un risultato sconfortante: il 74% degli intervistati ritiene erroneamente che la sigaretta elettronica sia dannosa almeno quanto il fumo. Una percezione infondata, spiega Ipsos, contraria a tutte le ricerche scientifiche che ormai abbondano sul tema e soprattutto che impedisce ai fumatori di adottare una alternativa innovativa e meno dannosa per la loro salute. I dettagli dell’esito della ricerca sono stati sintetizzati nell’articolo di Sigmagazine. Per gli operatori italiani c’è una piccola consolazione: fra i 28 paesi coinvolti è proprio l’Italia ad avere la percezione più corretta del rischio del vaping e del fumo.

La percezione del rischio tra sigarette elettroniche e tradizionali

 

GermaniaLiquidi aromatizzati nelle e-cig, per i medici internisti i divieti non sono la strada migliore
I prodotti che rilasciano nicotina senza combustione rappresentano un’opportunità per i fumatori che non riescono a smettere di ridurre almeno in modo significativo la loro esposizione a sostanze nocive. Il consiglio arriva ancora una volta dai medici della Società tedesca di medicina interna, riuniti a Wiesbaden per il loro 130esimo congresso annuale.   L’incontro, organizzato dalla Thrombosis Initiative con la partecipazione di medici noti come Martin Storck, Lion Shahab e Knut Kröger, ha permesso di discutere delle alternative al consumo di sigarette. Anche se il cosiddetto dual use, cioè la coesistenza di sigarette a combustione e sigarette elettroniche, è spesso considerato pericoloso, ogni sigaretta tradizionale non consumata apre la strada alla riduzione delle sostanze nocive, si è detto nel dibattito. Al centro di questa edizione un aspetto molto attuale, data l’ondata di legislazioni restrittive in corso: i liquidi aromatizzati delle e-cig. L’attrattiva che le sigarette elettroniche esercitano tra i giovani è in parte attribuita agli aromi che contengono, motivo per cui si chiede un divieto generale. Ma a tal proposito Lion Shahab, capo del Dipartimento di Scienze Comportamentali e Salute presso l’University College di Londra, ha presentato i primi studi statunitensi della Yale School of Public Health, secondo i quali i giovani adulti che usano sigarette elettroniche aromatizzate reagiscono in modo diverso al divieto degli aromi delle sigarette elettroniche. In caso di vero e proprio divieto, la seconda reazione più comune di chi usa solo sigarette elettroniche è quella di passare a fumare sigarette a combustione. Ciò non può essere in linea con gli obiettivi antifumo di una politica sanitaria. Vale la pena sostenere tutte le misure che impediscono ai giovani di iniziare a fumare tabacco, hanno concluso i medici a Wiesbaden, ma combattere una dipendenza con un semplice divieto non è la strada migliore.

 

Gran BretagnaStudio: coinvolgere i negozi del vaping nei programmi per smettere di fumare
I negozi di sigarette elettroniche dovrebbero costituire un elemento importante nei programmi per abbandonare il fumo, poiché costituiscono il luogo privilegiato dove i fumatori che intendono smettere acquistano i prodotti del vaping. Uno studio britannico ha indagato la fattibilità di un tale coinvolgimento: il lavoro, ancora sotto forma di manoscritto accettato, è stato pubblicato su Nicotine & Tobacco Research. Si intitola “Developing a vape shop-based smoking cessation intervention: a Delphi study” e porta la firma di Tessa Langley e Manpreet Bains dell’Università di Nottingham, Emily Young della Hallam University di Sheffiel e Abby Hunter dell’Office for Health Improvement and Disparities, già Public Health England. All’indagine hanno partecipato impiegati nei negozi di sigarette elettroniche, professionisti della cessazione e esperti di controllo del tabacco e consumatori: fumatori, svapatori e utilizzatori duali. I ricercatori hanno registrato un vasto consenso sul fatto che il servizio dovrebbe comprendere sia il prodotto (98%) che il supporto comportamentale (97%) e che smettere di svapare non dovrebbe essere un obiettivo del servizio (79%). Lo studio evidenzia come un passo decisivo sia comunque rappresentato dall’affrontare le sfide legate alle false percezioni sul vaping affinché un tale intervento sia fattibile ed efficace. Ma gli obiettivi valgono la sfida: incrementare l’uso delle sigarette elettroniche e contemporaneamente aumentarne l’efficacia per smettere di fumare. Maggiori dettagli nell’approfondimento di Sigmagazine.

Negozi di sigarette elettroniche protagonisti della lotta al fumo

 

Gran Bretagna Studio: il divieto di aromi nelle sigarette elettroniche può rendere il fumo più seducente
Restrizioni o addirittura divieti per gli aromi contenuti nei liquidi per sigarette elettroniche possono avere un impatto negativo sugli sforzi dei fumatori che tentano di abbandonare le sigarette tradizionali attraverso il vaping. È il risultato cui giunge uno studio inglese intitolato “Exploring the opinions and potential impact of unflavoured e-liquid on smoking cessation among people who smoke and smoking relapse among people who previously smoked and now use e-cigarettes: findings from a UK-based mixed methods study”. La ricerca, condotta da Jasmine Khouja, Maddy Dyer, Marcus Munafo e Angela Attwood dell’Università di Bristol insieme a Michelle Havill e Martin Dockrell dell’Office of Health Improvement and Disparities, già Public Health England, è stata pubblicata su Harm Reduction Journal. Tema ormai caldo anche nel Regno Unito, dove governo e parlamento discutono sull’opportunità di accentuare la svolta che sta portando il Paese lontano da quel ruolo di pioniere nelle politiche di riduzione del danno ricoperto finora. Lo studio giunge quindi al momento giusto per provare a fermare questa improvvisa e imprevista ondata proibizionista. Rimandiamo alla sintesi di Sigmagazine le modalità con cui i ricercatori hanno condotto la loro inchiesta e focalizziamoci sulle conclusioni degli autori: “Le persone che fumano e svapano potrebbero essere influenzate dalle restrizioni sugli aromi in una serie di modi, alcuni dei quali potrebbero avere un potenziale impatto negativo sugli sforzi di riduzione del danno nel Regno Unito (ad esempio rendendo il fumo più attraente dello svapo)”.

Studio: vietare gli aromi nelle e-cig può rendere il fumo più attraente

 

SveziaIl successo del modello svedese contro il fumo spiegato in un rapporto di Smoke Free Sweden
Utilizzare prodotti alternativi di assunzione della nicotina come lo snus o la sigaretta elettronica non comporta rischi significativi per la salute, a differenza di quanto accade fumando sigarette a combustione. È per questo che, a parità di consumo di nicotina con la media europea, la Svezia – che ha un approccio liberale soprattutto verso lo snus, ma anche verso le sigarette elettroniche – registra tassi di malattie e morti fumo correlate significativamente più bassi. Tanto che il cosiddetto “modello svedese” viene propagandato dagli operatori sanitari scandinavi in molti Paesi extra-europei che intendono intraprendere politiche di riduzione del danno. A certificare tale assunto è un rapporto intitolato “No Smoke, Less Harm” presentato a Stoccolma dal gruppo internazionale di difesa della salute Smoke Free Sweden e firmato da tredici medici e docenti di fama internazionale. Quello che fa davvero la differenza, spiegano i ricercatori, è il modo in cui si consuma la nicotina e distinzione tra fumo e uso di prodotti senza fumo è cruciale: a dimostrarlo proprio i numeri svedesi riportati e analizzati nel rapporto. “L’esperienza svedeseconclude uno degli autori, l’esperto di sanità pubblica Anders Miltondimostra che comprendere e affrontare le percezioni errate del pubblico sulla nicotina può portare a politiche sanitarie che proteggano e informino meglio i consumatori”.

“Niente fumo, meno danno”, il successo della soluzione svedese

 

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