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Alleanza tra negozi di sigarette elettroniche e servizio sanitario britannico

I rivenditori sono in prima linea nella lotta al fumo. Rappresentano un punto di riferimento per avere un aiuto pratico e immediato.

Per aiutare i fumatori a smettere, il Servizio sanitario nazionale dovrebbe avvalersi dell’aiuto dei negozi specializzati in prodotti del vaping. Lo sostiene uno studio finanziato da Cancer Research Uk (l’Istituto nazionale britannico per la lotta al cancro) e condotto dalla University of East Anglia, che ha intervistato quaranta persone che sono passate alla sigaretta elettronica e hanno osservato le interazioni fra i negozianti e i loro clienti in diversi negozi del Regno Unito. L’ecig si sta rivelando come l’unico strumento che riesce davvero a dare un ausilio nella disassuefazione da fumo, perché è ben accettato dai fumatori e, al contrario di altre terapie sostitutive, mantiene la gestualità e altri aspetti comportamentali legati alla sigaretta tradizionale.
Da qui l’idea che i professionisti della salute debbano allearsi con quelli che Emma Ward, leader del team di ricerca, definisce “la prima linea della lotta al fumo”: i negozi di sigarette elettroniche. “Abbiamo riscontrato – spiega Ward – che i negozianti forniscono un supporto comportamentale efficace per smettere di fumare. Si sforzano di capire le preferenze dei clienti e di dare consigli su misura circa i prodotti più appropriati. E rappresentano un punto di contatto costante per avere aiuto pratico”. Non solo. I negozi sono prontamente accessibili e creano una opportunità per socializzare, rafforzando la sensazione di appartenenza. Insomma, sono luoghi molto più invitanti dei centri antifumo, dove spesso ci si reca anche solo per incontrare altri vaper o fare due chiacchiere.
Questo successo rappresenta, secondo lo studio, un capitale che i professionisti sanitari dovrebbero cercare di sfruttare, collaborando con i negozi specializzati nell’interesse dei pazienti. Il rapporto potrebbe essere di beneficio per entrambe le parti, sostiene la ricercatrice Caitlin Notley: i negozi potrebbero istruire gli operatori dei centri antifumo sugli aspetti tecnici e ricevere in cambio un training specifico sulla cessazione del fumo. Si potrebbe, soprattutto, lavorare in sinergia per strappare sempre più persone al tabagismo. Già un gruppo di ricercatori dell’Università di Louisville nel Kentucky hanno effettuato una indagine sul campo volta a descrivere l’efficacia comunicativa dei negozi di sigarette elettroniche definendoli i migliore promotori sanitari.
In realtà nel Regno Unito forme di cooperazione, nate da iniziative individuali, sono già state sperimentate con successo. Alcuni centri antifumo hanno offerto ai pazienti buoni acquisto da spendere nei negozi per la prima ecig e lo scorso ottobre molti esercizi specializzati hanno partecipato attivamente a Stoptober, la campagna annuale antifumo del Ministero della salute. Ora però si aggiunge un tassello importante: il riconoscimento del ruolo sociale e sanitario dei negozianti che, con dedizione e competenza, riescono a raggiungere fumatori che altrimenti sfuggirebbero al sistema sanitario. Questo accade nel Regno Unito, proprio negli stessi giorni in cui in Italia i negozianti di prodotti per il vaping vengono trattati come usurpatori e condotti sotto il giogo del Monopolio di Stato.

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