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Liquidi e aromi organici: esistono davvero?

(tratto da Sigmagazine #6 Gennaio-Febbraio 2018) Si sente spesso parlare, nel mondo dello svapo, di liquidi ed aromi “organici”: un termine che, nonostante il significato incerto, ricorre tanto spesso nelle conversazioni tra appassionati e nelle vetrine dei rivenditori da chiedersi quanto sia effettivamente appropriato o lecito il suo utilizzo. In realtà, ciò che conta più di tutto è valutare il contesto in cui il termine “organico” viene utilizzato: una chiacchierata tra amici è infatti molto più libera da vincoli linguistici e normativi di un messaggio pubblicitario o un’offerta al pubblico. In lingua italiana, l'aggettivo "organico" indica genericamente qualcosa che ha rapporto con gli organismi viventi, animali o vegetali, ed è contrapposto a “inorganico”; è quindi un termine dal significato ampio ed incerto che, in relazione allo svapo, può significare tutto e niente. Nonostante ciò, i vapers hanno da lungo tempo adottato l’aggettivo “organico” per indicare i liquidi e gli aromi estratti direttamente da piante e frutti, al contrario dei “sintetici”, che sono quelli creati in laboratorio. A ben vedere, l’utilizzo del termine è improprio, perché anche gli aromi sintetici, da un punto di vista chimico, sono a tutti gli effetti sostanze organiche; ma i vapers non hanno incertezze nel comprendersi, avendo attribuito a questo termine un significato specifico che va al di là del semplice significato chimico: l’utilizzo improprio del termine “organico” è quindi assolutamente accettabile in una conversazione tra appassionati di ecig e non pone alcun problema. Ben diverso è il discorso quando il termine “organico” viene utilizzato da un produttore o un rivenditore. La descrizione di un prodotto alimentare, come sono i liquidi e gli aromi da svapo, deve essere conforme alle numerose norme nazionali e comunitarie, oltre che ai principi di buona fede nei confronti dei consumatori. A livello comunitario, gli aromi alimentari si suddividono in due grandi categorie: gli “aromi naturali”, estratti direttamente da materie prime esistenti in natura, e gli “aromi” (senza altra specificazione), che includono tutti gli aromi sintetizzati in laboratorio. La categoria degli “aromi natural-identici”, che includeva le molecole sintetiche identiche a quelle naturali, è stata eliminata dalla normativa europea ormai da diversi anni, e pertanto non è più utilizzabile. Non esiste, nella nostra normativa, una categoria degli “aromi organici”, e pertanto l’utilizzo di questo termine nell’elenco degli ingredienti è vietato dalla legge. Non è invece esplicitamente vietato utilizzare il termine su altre parti della confezione del liquido, oppure nelle comunicazioni commerciali, a patto che l’elenco degli ingredienti riporti correttamente la terminologia comunitaria (“aromi naturali” o “aromi”). Ma l’utilizzo dell’aggettivo “organico” da parte di un produttore o rivenditore è sempre sconsigliabile, perché è un termine che si presta a fraintendimenti, e quindi si rischia di carpire la buona fede del consumatore. Non è corretto infatti proporre al pubblico un prodotto da svapo “organico” lasciando intendere che la sua origine naturale rappresenti una garanzia di salubrità: un aroma estratto da piante o frutti non è automaticamente “più sano” di un aroma sintetizzato in laboratorio. Addirittura, è spesso vero il contrario: i prodotti di origine naturale possono contenere pesticidi, o anche semplicemente sostanze naturali tossiche, che invece non son mai presenti negli aromi sintetici. Oltre che carpire la buona fede del consumatore, l’utilizzo distorto del termine “organico” può senz’altro costituire un mezzo di concorrenza sleale e può quindi essere perseguito in sede civile dalle aziende concorrenti danneggiate. Ancor più grave è poi l’utilizzo, da parte del venditore, del termine inglese “organic”: il vezzo tipicamente nostrano di utilizzare, spesso a sproposito, parole inglesi invece dei corrispondenti termini italiani, può costituire un pericoloso boomerang che può esporre l’azienda anche a gravi sanzioni. Il termine inglese “organic”, infatti, non si traduce con l’italiano “organico”, ma indica molto precisamente quel prodotto che noi definiamo “biologico” o “bio”. La normativa italiana ed europea sui prodotti biologici è estremamente stringente, e richiede che il termine “biologico” sia utilizzato solo se l’intera filiera del prodotto, a partire dalle singole materie prime, sia stata certificata da un apposito ente esterno, da indicare obbligatoriamente sulla confezione. Le sanzioni per l’utilizzo fraudolento del termine “biologico” e del suo corrispettivo inglese “organic” sono pesanti e possono arrivare al divieto di commercializzazione del prodotto o l’obbligo di chiusura della linea produttiva (o, in caso di abusi particolarmente gravi e ripetuti, dell’intera azienda). In sintesi, l’utilizzo improprio, in ambito professionale, dei termini “organico”, “organic” e “biologico” andrebbe evitato accuratamente: non solo perché i consumatori hanno da tempo imparato a diffidare dei produttori che accompagnano i propri prodotti con descrizioni roboanti e non veritiere, ma anche perché si lede gravemente la credibilità dell’intero settore, che invece richiede ogni possibile sforzo da parte di tutti gli operatori per garantire trasparenza sulla qualità del prodotto, rispetto della concorrenza e correttezza d’informazione al consumatore.

La zona grigia degli aromi al 40%: né concentrato, né liquido pronto

Ultimamente si è sviluppato un acceso dibattito sugli organi di informazione di settore e sul web in merito alla tassabilità degli aromi concentrati. La discussione trae origine da una profonda incertezza sull’argomento, in parte determinata da una normativa lacunosa ed approssimativa, evidentemente scritta da chi ha scarsa conoscenza del settore e destinata ad essere applicata da enti che da sempre hanno dimostrato di essere ostili al settore del vapore elettronico. Ma l’incertezza che infiamma il dibattito ha origine anche all’interno dello stesso settore, in quanto gli stessi produttori attribuiscono diversi significati alla definizione di aroma concentrato; è pertanto assolutamente necessario fare un po’ di chiarezza sul punto. Sin dagli albori dello svapo, sul mercato sono apparse due tipologie di prodotto: i liquidi pronti – immediatamente utilizzabili per la ricarica dei vaporizzatori personali, senza la necessità di alcuna preventiva modificazione da parte dell’utente – e gli aromi concentrati, da diluirsi obbligatoriamente con base neutra prima dell’utilizzo. Se non si procedesse alla diluizione, ma si utilizzasse l’aroma concentrato per ricaricare il proprio vaporizzatore, si produrrebbero effetti negativi evidenti: il sapore, troppo intenso, sarebbe sgradevole (come è sgradevole, per esempio, mangiare un cucchiaino di sale, che invece in piccole dosi è un esaltatore di sapidità); l’inalazione del vapore prodotto provocherebbe nausea, a causa del sovraccarico sensoriale a cui sarebbero sottoposti il gusto e l’olfatto; ed infine, si danneggerebbe il vaporizzatore, in quanto l’elevata presenza di particelle aromatiche creerebbe immediatamente incrostazioni sulla resistenza, rendendola di fatto inutilizzabile. Con l’avvento della TPD, che ha imposto severi limiti quantitativi ai prodotti con nicotina, il mercato ha reagito orientandosi sulle varie formule da miscelare: un set composto da un flacone di liquido aromatizzato senza nicotina da unirsi con una piccola quantità di base nicotinizzata, fornita a parte. In alcuni casi sull’etichetta del flacone contenente il liquido aromatizzato (senza nicotina) compare la denominazione aroma o aroma concentrato, con un’ulteriore avvertenza “da non usare tal quale come liquido da inalazione senza diluire”, oppure “da diluire obbligatoriamente prima dell’utilizzo”. È evidente che l’utilizzo di “aroma concentrato” (o anche semplicemente aroma) è assolutamente improprio e fuorviante, e le ulteriori indicazioni di utilizzo non sono veritiere: infatti, non solo questi liquidi sono utilizzabili, piacevolmente e senza causare danni al vaporizzatore, così come venduti, senza ulteriore diluizione; ma la concentrazione è così blanda che il produttore stesso consiglia di diluirli in ragione dell’80-90% (tipicamente, 50ml di liquido aromatizzato e 10ml di base neutra). Diversamente, i veri aromi concentrati devono necessariamente essere diluiti – pena la non inalabilità e danni al vaporizzatore – a percentuali molto ridotte: tipicamente, salvo rare eccezioni, dal 2% (1ml di aroma disciolto in 49ml di base neutra) fino al 20% (1ml di aroma in 4 ml di base neutra). È possibile allora stabilire un discrimine, un limite al di sotto del quale un aroma è veramente da considerarsi concentrato? La comune esperienza evidenzia che aromi da diluirsi fino ad un massimo del 30% sono propriamente aromi concentrati, e il loro utilizzo senza previa diluizione causa le conseguenze negative viste sopra. Al contrario, i liquidi aromatizzati da diluirsi al 50% o più sono da considerarsi senza dubbio liquidi pronti, in quanto perfettamente inalabili anche senza diluizione. Infine, tra il 30% e il 50% vi è una sorta di zona grigia in cui di fatto nessun produttore si è finora avventurato e che costituisce una sorta di fascia di sicurezza che contribuisce ad evitare confusione tra le due tipologie di prodotto.

I liquidi cremosi, croce e delizia dello svapo

(tratto dal bimestrale cartaceo Sigmagazine #5 novembre-dicembre 2017) Con il termine “cremosi” si intendono – a rigore – tutti i liquidi pronti e gli aromi concentrati che contengono una componente di crema, panna, burro o altri prodotti del latte. In effetti, nell’uso comune, spesso si includono in questa ampia categoria anche tutti gli altri gusti dolci, magari ispirati a noti dessert o prodotti industriali, anche se non contengono alcuna componente di crema. Nella quasi totalità dei casi, i liquidi cremosi vengono creati utilizzando molecole aromatiche di origine sintetica: un aroma ispirato al cannolo siciliano con certezza non contiene “estratto naturale di cannolo”, né alcun estratto di vera ricotta, di canditi o zucchero; ciò rende piuttosto difficile ricreare fedelmente il gusto complesso di un dolce, per cui non stupisce che solo gli aromatieri più abili, e quelli che utilizzano molecole aromatiche di maggior qualità, riescano nell’intento. I cremosi vengono tipicamente venduti sotto forma di liquidi pronti, oppure con la formula “Mix & Vape”: un liquido premiscelato senza nicotina a cui aggiungere uno o più boccini (shot) venduti separatamente; poche – ma estremamente apprezzabili per l’attenzione al consumatore – sono le aziende che commercializzano gusti cremosi sotto forma di aroma concentrato. Considerato l’enorme successo di cui i gusti cremosi godono presso i vapers, tali liquidi vengono venduti a prezzi che spesso sono giudicati eccessivi dai consumatori; come conseguenza, ci sono molti tentativi di ricreare artigianalmente i più noti liquidi cremosi utilizzando gli aromi concentrati a disposizione degli utenti finali. Talvolta l’impresa ha successo, tanto che ultimamente si sono affacciate al mercato aziende (ufficiali e certificate) che offrono al consumatore mix di aromi concentrati che ricreano – spesso in modo molto convincente – famosi eliquids cremosi; tali mix vengono forniti esclusivamente in forma concentrata, nelle proporzioni giuste per essere miscelati direttamente dal consumatore, a cui si richiede di utilizzare la propria base, con o senza nicotina. Dal punto di vista dell’hardware, i liquidi cremosi rendono al meglio se svapati di polmone in atomizzatori ariosi che sopportino potenze elevate; sono quindi ideali per chi ama il cloud-chasing o il flavour-chasing; essendo miscelati con basi molto ricche di VG (glicerolo), sono spesso molto densi, e quindi inadatti agli utenti, magari alle prime armi, che svapano utilizzando hardware entry-level. A causa della elevata aromatizzazione, inoltre, tendono a lasciare residui sulla resistenza, per cui sono particolarmente adatti ad essere svapati con atomizzatori rigenerabili; al contrario, molti atomizzatori a testine (non rigenerabili) non sono in grado di gestire liquidi così densi, causando problemi di alimentazione e sapore di bruciato, per cui è fondamentale verificare la compatibilità dell’hardware con questa tipologia di liquidi. Un aspetto importante da tener presente quando si commercializzano gusti cremosi è quello dell’etichettatura: spesso questi liquidi sono ispirati a gustosi dolci artigianali oppure a noti dolci industriali e alcuni produttori, pur di stimolare l’acquisto, riproducono sull’etichetta le immagini degli alimenti che ispirano il liquido, nonostante ciò sia vietato dalla legge. Un secondo problema, ancora più sentito dagli utenti, che riguarda i cremosi è l’eventuale presenza di diacetile nel liquido. Il diacetile è una molecola aromatica dal caratteristico gusto di burro, largamente utilizzata nell’industria casearia e dolciaria in quanto innocua se ingerita; ma alcuni studi hanno evidenziato che l’inalazione continuativa di grandi quantità di diacetile può portare a gravi danni ai polmoni. Per questo motivo molti produttori che inizialmente facevano largo uso di diacetile nei propri liquidi da svapo hanno progressivamente ridotto o eliminato tale sostanza dalle proprie formulazioni. Purtroppo però il gusto dei liquidi cremosi ne ha risentito negativamente: senza diacetile è estremamente difficile ricreare un gusto cremoso, burroso e grasso che risulti pienamente soddisfacente al palato. In realtà, il problema del diacetile negli eliquids è stato in parte sovrastimato: per quanto il diacetile e le molecole similari (acetil-propionile ed acetoina) siano sostanze certamente nocive, possono creare reali danni solo se inalate in grandi quantità, ben superiori a quelle che si possono assumere tramite lo svapo, con un normale consumo di eliquids cremosi. Di conseguenza, alcune aziende, che precedentemente sottolineavano in modo evidente la totale assenza di diacetile nei propri liquidi, ultimamente hanno rimosso tali note dai cataloghi e dalle confezioni, suggerendo l’idea che il diacetile sia stato reintrodotto nelle formulazioni. In verità, non esiste una soluzione valida per tutti: l’utilizzo di liquidi contenenti diacetile costituisce certamente un rischio per il consumatore, ma un rischio moderato; per cui il consumatore deve essere messo in grado di scegliere responsabilmente se svapare questi liquidi, selezionare solo quelli con un modesto contenuto di diacetile, oppure evitarli del tutto. Purtroppo però i produttori che utilizzano queste sostanze spesso rifiutano di denunciarne la presenza nel liquido, né dichiarano i quantitativi di diacetile presenti nei liquidi, lasciando il consumatore nell’impossibilità di effettuare una scelta oculata.

Cinquanta sfumature di tabacco

Tratto da Sigmagazine #4 - Settembre-Ottobre 2017 I tabaccosi sono liquidi pronti e aromi concentrati ispirati al tabacco o al gusto di tabacco. Molti ritengono che questi liquidi siano importanti solo nei primi tempi di utilizzo della sigaretta elettronica, per aiutare il vaper ad allontanarsi dal tabacco da fumo e che ben presto vengano abbandonati per essere sostituiti da aromi più piacevoli, come i gusti fruttati o cremosi. Al contrario, esiste un’ampia fascia di consumatori che apprezza fin da subito gli aromi tabaccosi e continua ad apprezzarli a lungo, anche quando le sigarette tradizionali sono ormai un lontano ricordo.  La complessità aromatica dei tabaccosi può essere apprezzata al meglio se vengono svapati “di guancia”; raramente i tabaccosi rendono bene se svapati “di polmone”, per cui sono inadatti a chi pratica il cloud chasing o il flavour chasing utilizzando atomizzatori ariosi e potenze elevate. Per quanto tutti questi liquidi siano accomunati dalla definizione generica di “tabaccosi”, è fondamentale distinguere tra “tabaccosi sintetici” e “tabaccosi organici”, in quanto si tratta di due prodotti profondamente diversi, sia nel gusto che nel target di riferimento. I tabaccosi sintetici sono particolarmente adatti a chi si avvicina allo svapo per la prima volta ed utilizza hardware entry-level, perché sono liquidi che possono essere correttamente vaporizzati anche da dispositivi di fascia bassa e lasciano pochissimi residui su testine e coil, allungandone la vita utile. Anche i vapers più esperti possono apprezzare i tabaccosi sintetici per via della loro facilità di utilizzo, che li rende adatti ad essere svapati fuori casa, in viaggio e in tutte quelle occasioni in cui non si ha tempo di eseguire frequenti manutenzioni all’hardware. Spesso si trovano in commercio sotto forma di liquidi pronti, a gradazioni di nicotina anche elevate (fino a 9 o 18 mg/ml), ma esistono diversi produttori che li commercializzano anche in forma di aroma concentrato per gli amanti del fai-da-te. Si tratta di liquidi ottenuti mediante l’utilizzo di aromi creati in laboratorio, abbinando ad arte numerose molecole aromatiche semplici, di produzione industriale. Quasi mai questi prodotti hanno effettivamente il sapore del tabacco: si tratta piuttosto di aromi che possono eventualmente richiamare alla mente alcune delle sensazioni legate al tabacco (per esempio il gusto secco, amarostico o aromatico), ma che comunque non hanno che vaghissime rassomiglianze con il vero tabacco. Di conseguenza, è estremamente importante che chi si avvicina allo svapo per la prima volta abbia ben chiaro che in nessun caso potrà assaporare, con un’ecig, il gusto delle proprie sigarette preferite. Per questa ragione, i liquidi che maggiormente vengono promossi dal produttore come simili alla sigaretta sono proprio quelli che statisticamente, a causa delle esagerate aspettative di chi li prova per la prima volta, soddisfano di meno il vaper inesperto e lo possono portare ad abbandonare l’ecig per tornare al fumo. Ma non si deve pensare che i tabaccosi sintetici siano poco soddisfacenti in assoluto: al contrario, sono forse la categoria di liquidi che più di ogni altra è in grado di esprimere un’ampia varietà di gusti, non essendo vincolata al sapore di un frutto o di un alimento esistente in natura. Chi cerca il gusto del vero tabacco, deve invece orientarsi sui tabaccosi organici, ovvero liquidi e aromi estratti direttamente dalle foglie di tabacco mediante macerazione in PG (o altri solventi), oppure mediante estrazione a caldo o a freddo. Essendo estratti direttamente dal tabacco, questi sono gli unici liquidi che possono restituire il vero gusto del tabacco crudo, non combusto; gli aromi sono estratti da una singola varietà di tabacco (tra i più famosi: Latakia, Virginia, Burley e Kentucky) e possono formare delle miscele (blend) secondo l’estro del produttore o dell’utente. A differenza dei sintetici, gli organici si trovano in commercio più spesso sotto forma di aromi concentrati, che vanno miscelati con la base neutra e in genere richiedono un lungo tempo di maturazione. I tabaccosi organici tendono a lasciare grosse quantità di residui sulle resistenze, tanto da renderli virtualmente inutilizzabili con atomizzatori a testine: con questi aromi, è assolutamente raccomandabile utilizzare atomizzatori rigenerabili e l’utente deve essere pronto a rigenerare spesso la coil, altrimenti ben presto il gusto del tabacco diventa indistinto o, peggio, assume sgradevoli note bruciacchiate. A causa della loro maggior complessità di utilizzo e anche per il fatto che per apprezzarli appieno è necessario avere un palato più allenato, i tabaccosi organici sono poco adatti ai vapers alle prime armi; diversamente, gli utenti con un po’ di esperienza (e un hardware adeguato) grazie a questi estratti naturali possono scoprire, o riscoprire, il vero gusto del tabacco, finalmente libero dagli sgradevoli e nocivi effetti della combustione.