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Sigarette elettroniche, quel sottile piacere del tiro di guancia

(tratto dalla rivista bimestrale Sigmagazine #9) Lo svapo negli ultimi tempi sembra subire un’inversione di tendenza. Dopo essere stati bombardati in modo esponenziale da marketing, video, prodotti e liquidi votati alla produzione di vapore più alta possibile, la corsa ai watt, sempre più alti e resistenze sul filo del corto, ora sembra essere arrivati al giro di boa. Complice anche la tassazione sui liquidi, sempre più gente si riappassiona al tiro di guancia, rispolverando vecchio hardware o comprandone di nuovo, visto che tanti produttori, sia a livello artigianale che industriale, immettono nel mercato prodotti Mtl (mouth to lung). Certamente uno non esclude l’altro. C’è una fetta d’utenza al quale è adatto il tiro di polmoni, basti pensare al ragazzo che magari non ha alle spalle una lunga “carriera” da fumatore al quale sicuramente passando all’elettronico non mancherà la gestualità o il tipo di tiro della sigaretta. Un vaporizzatore Mtl si pone, infatti, come obbiettivo quello di sostituire una vera e propria sigaretta: il tiro di guancia è per tutti gli ex fumatori o aspiranti tali il primo approccio al mondo della vaporizzazione. Alcuni ex-fumatori passati alla sigaretta elettronica apprezzano la possibilità di godere appieno del gusto dei propri tabacchi preferiti (siano essi blend, parola che definisce la miscela, intesa come composizione degli elementi, mixture, ossia tagli del tabacco differenti in un unico miscuglio oppure una qualità di tabacco in purezza), senza essere legati alla combustione che, oltre a contaminare con la sua costante nota di bruciato il sapore, rende tutto meno salutare per l’organismo. La comodità e la bellezza di poter vaporizzare un liquido al tabacco è proprio questa: godere appieno del gusto di ogni qualità di tabacco presente sul mercato del fumo elettronico, rendendolo comodo ed alla portata di tutti. Chiunque nella sua vita abbia usato pipe o fumato dei sigari conosce bene i limiti che questo tipo di oggetti comportano. È impensabile portare fuori una pipa mettendola in tasca, questi supporti vanno fatti raffreddare dopo l’uso per evitare rotture e problemi di sorta. Inoltre il fumo emanato ha un odore forte e sgradevole per terzi, oltre ad essere dannoso sia per il fumatore che per quelli nelle immediate vicinanze. Il fumo elettronico sopperisce a questi difetti. Portando semplicemente con sé il vaporizzatore personale si può godere in qualsiasi momento del gusto del proprio tabacco preferito, senza essere condizionati dal tabacco presente nel fornello o dal sigaro che se poi spento a metà continuerà comunque ad emanare odore, nei limiti del rispetto della legge vigente (che vieta l’uso dei device per la vaporizzazione in luoghi chiusi, scuole e ospedali, mentre lascia alla discrezione di gestori ed esercenti porre il divieto di svapare nei locali pubblici, luoghi di lavoro, treni ed aerei). Questo garantisce notevoli vantaggi a chi decide di vaporizzare il tabacco: comodità ed immediatezza d’uso, nessun problema di fumo passivo e di odori troppo forti per chi si trova nelle vicinanze e la possibilità di godere di tutte le note aromatiche sprigionate dalla foglia del tabacco, senza le contaminazioni provenienti dalla combustione. Il mercato dell’elettronico viene incontro all’utente. Dopo un periodo di assenza di uscita da parte delle grandi aziende di prodotti cosiddetti da guancia e, per contro, l’uscita quasi quotidiana di prodotti da cloud o flavour chasing -  complice un marketing tutto americano che ci ha abituato a produzioni di vapore sempre più importanti, atomizzatori con testine con valori ohmici sempre più bassi, liquidi con sempre più alti contenuti di VG e fili da rigenerazioni sempre più grossi e complessi - sembra esserci un’inversione di tendenza. Nei cataloghi delle aziende orientali, che sono le prime in quanto a vendita e produzione di hardware da svapo, si registrano sempre più uscite quasi quotidiana di questo genere di prodotti con la sigla Mtl accantoal nome che indirizzano il mercato verso quello che potremmo benissimo definire lo “Slow Vape” 2.0. Non c’è una regola che impone che solo gli aromi a base di tabacco vadano svapati di guancia, è una cosa che si fa solitamente perché il tipo di tiro stretto, cioè con airflow che partono dagli 0.8mm ai 1.5 (solitamente, non è una regola assoluta) ricorda molto l’aaspirazione di una sigaretta tradizionale. Ma anche in questo lo svapo non pone limiti se non quelli gusto personale, si potrà godere a pieno del tiro Mtl anche con liquidi al sapore di frutta o di dolci da pasticceria. Bisogna però cercare sempre di tenere la composizione dei liquidi ad un rapporto di 50/50, intese come percentuali di PG e VG presenti nella base: questa è quasi una regola nei tank dove i fori per l’irrorazione delle resistenze o delle testine sono molto stretti e liquidi con maggiore presenza di glicerina potrebbero avere delle difficoltà ad alimentare a dovere il sistema, cosa che invece si può fare usando gli Rda, che siano essi dripper, cioè con l’alimentazione dall’alto, o bottom feeder. A livello pratico, lo svapo di guancia presenta ulteriori vantaggi. Sicuramente la comodità di hardware più compatti di quelli Dl (direct lung), che consentono di superare la giornata con una cella 18650, senza il bisogno di portare altre batterie in tasca o in borsa e senza dover usare device a più celle. Vi è inoltre un minore consumo di liquido, che è un fattore da prendere in considerazione date le nuove tassazioni che portano ad un prezzo quasi proibitivo i liquidi da vaporizzazione. Svapando di guancia per l’intera giornata i consumi effettivi raramente superano i 10ml quotidiani, mentre con lo svapo di polmone una boccetta da 10ml può durare davvero poco, a volte un paio d’ore. Il sistema consente anche maggiore discrezione, visto produce nuvole di vapore meno dense e ingenti, un sicuro vantaggio in tutte le situazioni in cui fare molto vapore potrebbe arrecare disturbo al vicino, per esempio sul posto di lavoro, al tavolino di un bar o di un ristorante, ma anche in casa, specialmente nei mesi invernali quando difficilmente ci sono le finestre aperte che permettono al vapore di disperdersi più velocemente.

Squonkare, voce del verbo svapare

(tratto da Sigmagazine #6 gennaio-febbraio 2018) L’esponenziale successo riscosso ultimamente dai sistemi bottom feeder ha fatto sì che la loro produzione sia passata dalle mani degli artigiani a quelle dell’industria occidentale e da poco tempo anche orientale. Con questo salto il sistema si è evoluto tanto: si è passati dalle prime “scatolette” rudimentali composte da fili, molle, piastrine di contatto e una tazza forata a sistemi sempre più efficienti gestiti ed ottimizzati da circuiti elettronici e sistemi ibridi semi-meccanici. Ad oggi possiamo classificare i tipi di device bottom feeder in tre macro gruppi: meccanico, semi-meccanico e regolato. Per sistema meccanico intendiamo semplicemente quel circuito che viene chiuso con un’azione, appunto, meccanica. In breve, la pressione di un interruttore chiude il circuito dando il via a quel flusso di corrente che permette alle resistenze degli atom di scaldarsi con il passaggio di corrente all’interno, arrivando alla temperatura di evaporazione dei liquidi che, diventando vapore, permettono di svapare. Nel tempo questi sistemi meccanici si sono evoluti di pari passo con lo svapo. Fino a qualche anno fa bastavano dei semplici fili e degli interruttori con carico massimo di pochi Ampere per rendere il sistema efficiente. Oggi, con l’utilizzo di fili sempre più spessi e di atomizzatori progettati per l’abbondante produzione di vapore, questi sistemi si sono dotati superfici di passaggio della corrente sempre più spesse, la cosiddetta lamella che ha sostituito quasi del tutto i classici cavi elettrici all’interno delle box. Seguendo il trend che porta i vaporizzatori ad essere sempre più piccoli e leggeri, le lamelle giocano un ruolo fondamentale, perché hanno permesso di ridurre sempre più gli ingombri. Per contro le molle di fusione sono scomparse e le piastrine di contatto sono diventate molto più spesse di un tempo. Questo è andato a discapito della sicurezza di questi sistemi, che devono infatti essere utilizzati solo da un’utenza molto esperta, in grado di costruire build adatte alla portata di scarica delle batterie, tenendo presente che l’erogazione è direttamente proporzionale alla carica della batteria. Dunque servono build che riescano a vaporizzare il liquido evitando di raggiungere temperature troppo alte nelle camere di evaporazione, cosa che pregiudicherebbe la resa dell’intero sistema. Purtroppo la tendenza è quella di ideare mod sempre più piccole a scapito della sicurezza: sono già da un po' spariti fusibili e molle di carico che in caso di corto andavano a collassare su loro stesse, aprendo il circuito. I pro di questo sistema sono la facilità di utilizzo e la poca manutenzione che richiedono: per tenerle efficienti basta pulire periodicamente punti di trasporto della corrente e punti di contatto, senza mai dimenticare che è necessario controllare periodicamente l’integrità di tutti i componenti per garantire la sicurezza nell’utilizzo. Ricordiamo in ogni caso che si tratta di oggetti rivolti ad un’utenza esperta, che conosce bene tutti i rischi del caso. Con semi-meccanici si intendono tutti quei sistemi che sono alla stregua di un circuito meccanico ma che integrano nel circuito delle piccole sicurezze o dei componenti elettronici. Essi sono strutturati come i meccanici dove però la chiusura del circuito avviene grazie a degli switch su sistemi elettronici e non con la pressione meccanica di un interruttore. Ultimamente si parla tanto di box con mosfet, che altro non è che un componente elettronico che chiude il circuito senza “sofferenza”, come si dice in gergo. In questo caso si tratta di un pulsante fisico posto sulla scheda elettronica. Il vantaggio di questo tipo di sistema è la quasi totale assenza di manutenzione, a parte il solito controllo periodico di tutti i componenti che garantiscono il buon funzionamento del circuito. Pur essendo anch’essi rivolti ad utilizzatori esperti e consapevoli, i semi-meccanici – grazie ai circuiti con varie caratteristiche e features integrate –sono più user friendly dei sistemi totalmente meccanici. Molti device semi-meccanici, infatti, sono protetti da sistemi di blocco tasto, da limiti di erogazione e/o da sistemi di gestione della scarica e della carica residua delle batterie. L’ultimo, ma non per questo meno importante, sistema di svapo è il circuito elettronico. Si tratta di un sistema di gestione della potenza di erogazione alimentato dalle celle di una batteria. Questi sistemi, inizialmente denominati Vari-Volt o Vari-Watt, permettono all’utilizzatore di modulare, gestire e controllare l’erogazione della mod sulle resistenze dell’atom, permettendo al vaper di andare a intervenire direttamente sulla quantità di corrente fornita alle resistenze. Salvo malfunzionamenti, questo sistema ha dalla sua la quasi totale sicurezza nell’utilizzo della sigaretta elettronica, essendo munito dei vari controlli di resistenza, di polarità della cella, di temperatura e di cortocircuito. Nell’arco della sua evoluzione si è partiti da circuiti in grado di intervenire solo sull’intensità di erogazione, per arrivare alla possibilità di regolare la temperatura del calore sprigionato dalle resistenze con l’ausilio di parametri che rapportano il tempo di erogazione e la sua intensità alla resistenza dell’atomizzatore al tipo di filo utilizzato. In questo modo si riesce a regolare la temperatura della svapata nel tempo per evitare di raggiungere temperature troppo alte in camera di evaporazione, diminuendo il rischio di generare e successivamente inalare sostanze potenzialmente tossiche. Esistono tantissimi tipi di circuiti con sempre più funzioni integrate. Si va dalle utility, come il sopracitato controllo della temperatura, al monitoraggio in tempo reale di valori di potenza, resistenza e stato di carica delle batterie fino a infinite possibilità di personalizzazione della grafica, con l’ausilio di device che vedono da pochi mesi l’introduzione di schermi Lcd. L’evoluzione dei circuiti dedicati allo svapo è costante e velocissima. Dalla loro questi sistemi dotati di circuiti completamente elettronici hanno la sicurezza: si fermano in caso di cortocircuito, in caso di surriscaldamenti anomali o in caso di resistenze troppo basse. E anche se la pratica del sub-ohm è di uso comune in qualsiasi sistema di svapo, è bene che il vaper alle prime armi si avvalga dell’ausilio di un circuito che gli garantisca il funzionamento perfetto del sistema.

Box bottom feeder, ovvero il punto d’arrivo

tratto da Sigmagazine bimestrale #5, novembre-dicembre 2017 Ogni vaper, sin dal primo acquisto del primo vaporizzatore personale come sostitutivo delle sigarette, si imbatte in quella che è la miriade delle opzioni che questo mercato in continua espansione ed evoluzione offre. Si parte quasi sempre con sistemi molto semplici: a prescindere dall'età, l'ex fumatore non deve avere problemi di utilizzo della sigaretta elettronica e il passo verso l'elettronico deve essere semplice, indolore e soddisfacente. Per questo i sistemi automatici e i cartomizzatori a testine non rigenerabili sono la migliore scelta che si possa fare come acquisto del primissimo hardware. Dopo aver preso confidenza con quello che questo settore offre, è fisiologico che si sia portati verso la ricerca di qualcosa di sempre nuovo, si tratti di atomizzatori sempre più performanti per il cosiddetto svapo di “guancia” o di “polmone” o battery box sempre più elaborate e capaci di sviluppare potenze maggiori. In tutto questo spaziare nel suo cammino verso la ricerca dell'appagamento ideale che riesca a tenerlo lontano dalle analogiche, solitamente ogni vaper si sposta dalle testine usa e getta ai sistemi rigenerabili, che garantiscono quasi sempre una migliore resa aromatica, più possibilità di personalizzazione ed adattamento a quella che è la personale idea della sigaretta elettronica e che si adattano meglio all'uso di ogni tipo di liquido per sigarette elettroniche, senza per forza doversi adattare al liquido compatibile con l'hardware utilizzato. Ci sono, infatti, testine che non si riescono ad alimentare con i liquidi ad alto contenuto di VG (Glicerolo) a scapito della componente PG (glicole propilenico), ergo il passaggio al rigenerabile è una tappa quasi obbligata, se si vuole esplorare a fondo tutto quello che il mercato offre. Una volta entrato nel mondo dei rigenerabili, l’utente si trova di fronte ad una miriade di offerte: vari tipi di leghe per i fili resistivi, dai fili da usare normalmente in variwatt o sistemi meccanici a quelli che si possono utilizzare con il controllo della temperatura elettronico; una moltitudine di tipi di fibre di cotone, dalle più naturali a quelle trattate per avere diverse caratteristiche una volta in uso.  Il vaper di solito si orienta verso l'uso di quelli che in gergo si chiamano dripper (dall'inglese drip, gocciolare) che sono atomizzatori nei quali l'alimentazione non è garantita da un serbatoio intorno alla camera di evaporazione come succede nei tank, ma è l'utilizzatore stesso a dover irrorare il cotone, drippando appunto il suo liquido all'interno dell'atom. Questo tipo di sistema offre semplicità di costruzione e immediatezza della rigenerazione, perché non bisogna curarsi più di tanto della posizione del cotone, come invece accade nei tank rigenerabili. Ma soprattutto garantisce una resa aromatica di gran lunga superiore con liquido sempre fresco e con la possibilità di scegliere quanto liquido versare nella camera, con conseguente differenza di autonomia, ma non solo.  Negli atomizzatori con serbatoio il liquido sta a contatto con camere e camini che tendono a sprigionare calore facendolo evaporare, degradandone e modificandone la struttura molecolare. Spesso succede, infatti, di riempire un serbatoio e di arrivare a fine tank con il liquido di diverso colore rispetto all'inizio. Per tutti questi motivi, una volta abituatisi a svapare in dripping, tornare ad usare i tank diventa difficile: sono piu pratici nell'uso quotidiano ma estremamente meno soddisfacenti. Ed è in questo momento che entra in gioco il bottom feeder. Questo sistema altro non è che la combinazione di alcuni fattori: dripper con il pin del polo positivo forato per permettere il passaggio del liquido dal basso, cioè da una battery box con all'interno un serbatoio che, compresso con il dito, fa risalire il liquido dalla box al deck dell'atomizzatore. Il vantaggio sta proprio nell’avere la resa aromatica di un dripper, senza doversi portare dietro nessuna bottiglietta di eliquid. Il liquido è contenuto all’interno della battery box nel serbatoio, che con la pressione del dito va a riempire la camera dell'atomizzatore e permette di svapare fin quando il cotone non va a seccarsi. Poi basta ripetere l’operazione, riuscendo ad avere così quello che si potrebbe definire un dripper continuo. Il momento giusto per passare a questi sistemi è quando un vaper mediamente esperto e con buone conoscenze della materia sente la necessita di avere una resa aromatica al pari degli atomizzatori da dripping, ma avendo la comodità di portare con sé solo il vaporizzatore personale. Il mercato del BF sta diventando una realtà consolidata nel panorama dello svapo. Tante aziende ormai forniscono atom già predisposti per l'alimentazione dal basso e sempre più marchi producono le battery con serbatoi integrati. Proprio per la sua resa e la sua comodità d'uso, il BF è considerato l'ultimo step nella ricerca del sistema che si andrà ad utilizzare quotidianamente come sostitutivo della sigaretta. È uno strumento che offre svariate personalizzazioni, dalla scelta del materiale, della morbidezza e della capienza delle boccette di alimentazione. Sul mercato si trovano dalle classiche bottiglie in plastica alimentare morbida, alle ultimissime boccette in silicone alimentare - lo stesso che si usa per i biberon dei bambini – che possono essere bollite in acqua per eliminare ogni tipo di odore residuo dei liquidi e garantiscono un'estrema morbidezza e precisione nella squonkata, che in gergo è la pressione necessaria a far risalire il liquido fino all'atom. Anche gli atomizzatori sono proposti ormai in tutte le misure. A partire dai classici 14mm per svapo di guancia, fino ai 22/24mm che oggi vanno per la maggiore. Con grandi prese d'aria e possibilità di personalizzazione, questi atom si adattano al cosiddetto svapo di polmone, con tutte le sue categorie: “flavour chasing”, “cloudchasing” e tutte le relative sottocategorie. Per finire le box, che ormai possono soddisfare qualsiasi esigenza grazie alla miriade di forme, materiali, finiture diverse. Inizialmente il materiale era prevalentemente il legno e furono proprio i vapers a creare le prime scatolette fai-da-te, visto che quasi tutto il segmento del BF è nato in materia artigianale e come hobby. Una volta arrivato sul mercato, il sistema ha cominciato ad appassionare sempre più gente e arrivando ad oggi dove i materiali utilizzati sono tantissimi. Oltre al legno – con vari tipi di finiture, qualità e lavorazioni, dai legni naturali, a quelli stabilizzati, agli ibridi legno e resina e a tutti i tipi di resine – ci sono i metalli, come l'acciaio, l'alluminio. Infine ci sono le materie plastiche, che sembrano essere il trend del momento: dalle stampe 3D quindi in ABS e nylon, all'alumide che è una miscela di nylon e polveri di alluminio, fino ad arrivare a tutte quelle materie plastiche che non vengono stampate, ma scavate come il derlin o l'ultem. La scelta del materiale della box mod va fatta in base all'utilizzo che se ne vuole fare. Una box in legno sarà sempre più bella ed elegante, ma necessita di manutenzione periodica: i legni vanno cerati e trattati con prodotti nutrienti ed essendo il legno un materiale organico è sempre soggetto a umidità e variazioni di temperatura, oltre ad essere meno resistente a urti e sollecitazioni rispetto alle leghe metalliche. Queste, pur essendo solide e durature nel tempo, hanno comunque degli svantaggi, da prendere in considerazione: prima di tutto il peso del materiale e nel caso di leghe leggere quali l'alluminio, la scarsa resistenza agli urti che lo portano a graffiarsi e piegarsi facilmente. Vi sono poi tutte le materie plastiche che hanno il vantaggio di avere una grande resistenza meccanica a urti, sono molto leggere, resistenti e soprattutto economiche. La scelta del materiale, dunque, incide sul prezzo, la grandezza e la comodità della propria mod. Un altro fattore importante nella scelta del prodotto è la presenza o meno di un circuito di regolazione della corrente. Vi sono mod meccaniche che non hanno nessun tipo di protezione da corti circuiti e malfunzionamenti. Sono indicate soltanto a utenti esperti in grado di conoscere non soltanto le basi dello svapo, ma che abbiano i rudimenti delle leggi che regolano la fisica. Una su tutte è la legge di Ohm, visto che qualsiasi errore commesso nella fase di costruzione della resistenza può causare un corto circuito. E se una mod non ha il circuito protetto possono verificarsi gravi conseguenze all’intero sistema di alimentazione sino alla fusione dell’apparecchio o all’esplosione della batteria. Per questo motivo è sempre consigliabile avvicinarsi al bottom feeder con una mod la cui erogazione è controllata da un circuito che permetta di settare automaticamente i parametri, dai più semplici watt e volt di erogazione. Così è possibile intervenire sulla quantità di corrente da far arrivare alla coil e scegliere temperatura di esercizio della stessa, grazie a parametri e curve che analizzano la resistenza nominale di un determinato tipo di filo a determinate temperature. Grazie alle protezioni di erogazione, si può regolare la temperatura del vapore senza rischiare di dare corrente ad una resistenza non irrorata, impedendole di raggiungere temperature che rischiano di degradare il liquido sprigionando sostanze tossiche. Il punto cardine del BF è l'appagamento totale del vaper, che avrà infinite possibilità di scelta e personalizzazione, oltre alla comodità di utilizzo quotidiano. Tutti fattori che lo elevano a tutti gli effetti a sistema definitivo nella lotta alla dipendenza dal tabacco combusto. © diritti riservati Best edizioni