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Michelle Minton (Cei): “La sigaretta elettronica non ha ucciso nessuno”

In un lungo intervento, la senior fellow del Competitive Enterprise Institute punta il dito contro i media e gli attivisti anti vaping.

Questo mese i giornali di tutto il mondo hanno riportato un’improvvisa esplosione di malattie polmonari presumibilmente associate all’uso della sigaretta elettronica. Negli Stati Uniti, le autorità federali e locali non hanno ancora capito cosa causi queste malattie, ma i media hanno già fatto la loro diagnosi. I titoli insinuano che sia colpa del vaping, alimentando le paure sui pericoli della sigaretta elettronica. È una fake news”. Così Michelle Minton, senior fellow del think tank americano Competitive Enterprise Institute, inizia il suo lungo intervento intitolato “L’esplosione di malattie polmonari è causata dal mercato nero, non dalla sigaretta elettronica”.
La storia è nota: dall’inizio di luglio sono stati riportati dei casi di gravi disturbi polmonari e poi un decesso fra persone che avevano utilizzato lo strumento. In molti casi è stato appurato che la sigaretta elettronica era stata utilizzata per vaporizzare olio di Thc proveniente dal mercato nero e probabilmente adulterato. “Il vaping – argomenta nella sua riflessione Minton – è un sistema di somministrazione (solitamente per la nicotina), così come il cibo è un sistema di somministrazione di calorie e i farmaci di sostanze farmaceutiche. Se c’è una epidemia di Escherichia coli, i giornali non scrivono che è legata al cibo, perché la cosa importante non è che il cibo ha causato la malattia, ma quali cibi sono infettati dal batterio”.
Ma chissà perché, quando si parla di sigarette elettroniche tutti i criteri di prudenza e verifica non valgono più e persino i giornali più blasonati hanno indicato il dito, senza guardare la luna. Cioè hanno incolpato lo strumento (la sigaretta elettronica) e non la sostanza vaporizzata. “La maggior parte dei media – continua Minton – ha omesso che in alcuni casi liquidi alla marijuana provenienti dal mercato nero erano stati identificati come causa delle malattie, mentre non un singolo caso era stato collegato a sigarette elettroniche contenenti solo nicotina”. E non è un caso che la maggior parte di questi casi si siano verificati proprio negli Stati americani dove la marijuana per uso ricreativo è illegale. E dunque chi vuole consumarla, si rivolge ai canali illegali, dove non esistono controlli né standard di sicurezza e qualità.
Le critiche dell’autrice non risparmiano la politica e gli attivisti antifumo che si oppongono al vaping, “nonostante la ricerca dimostri continuamente che le sigarette elettroniche sono molto meno dannose del fumo, siano efficaci a smettere di fumare e non spingano i minori a fumare”. E la superficialità dei media non fa che aiutarli nel loro sforzo di annientare il mercato legale del vaping. Ma i nemici del vaping “farebbero bene ad aspettare prima di aprire le bottiglie di champagne e indulgere in congratulazioni reciproche – ammonisce Minton – perché tale risultato non sarà un bene per la salute pubblica e non impedirà il ripetersi di questi casi. Anzi, renderà questi incidenti più frequenti e diffusi”. Perché una cosa è certa: il proibizionismo non ha mai raggiunto i risultati che si prefiggeva, lasciando invece spazio al mercato illegale in cui nessuno può sapere davvero cosa compra e cosa consuma.

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