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L’Organizzazione mondiale di sanità si prepara all’offensiva contro i prodotti che riducono il rischio da fumo? Sembrerebbe di sì, leggendo due documenti interni appena pubblicati da Clive Bates sul sito The Counterfactual. L’autore è un esperto di salute pubblica con una lunga storia da dirigente del settore pubblico che lo ha portato, fra l’altro, a occuparsi nel 2005 di sanità e di fumo nel gabinetto dell’allora primo ministro britannico Tony Blair e a lavorare all’elaborazione della Convenzione quadro sul controllo del tabacco della stessa Oms. Bates è venuto in possesso di due documenti dell’Ufficio regionale del mediterraneo orientale (Emro) dell’Organizzazione, preparati per un incontro del Global tobacco regulators’ forum che si terrà questa settimana e getterà le basi del prossimo Cop9, in programma per il 2020. I documenti riguardano gli Ends e gli Ennds (rispettivamente Electronic nicotine delivery systems e Electronic non-nicotine delivery sistems), cioè le sigarette elettroniche, e i riscaldatori di tabacco e vogliono dare indicazioni agli Stati dell’area su come regolamentare i prodotti.
Il documento comincia in bellezza, suggerendo di trattare le sigarette elettroniche come i prodotti del tabacco, “sebbene l’Oms non le classifichi come tali”. I motivi elencati per scegliere questa strada sono molteplici: dal fatto che “generalmente contengono nicotina, che è una sostanza derivata principalmente dal tabacco”, al fatto che il loro uso mimi quello del tabacco “sia per la dipendenza fisiologica e comportamentale che come metodo di consumo”. In spregio a una vasta letteratura scientifica, si sostiene che non vi siano prove che riducano il rischio da fumo, né che possano essere usate per smettere di fumare. Si sostiene che attirino i minori e li spingano a fumare e che siano “prodotte, distribuite e vendute da aziende dell’industria del tabacco o da altre industrie ad essa collegate”.
Al punto g dell’articolo 1, si fa riferimento ad una nota della Banca mondiale che raccomanda di classificare gli strumenti elettronici come prodotti del tabacco ai fini fiscali. “I device – si legge – dovrebbero essere classificati come sostituti dei tabacchi lavorati e i liquidi (a prescindere dal contenuto di nicotina) come estratti ed essenze di tabacco”. Anche, supponiamo, se sono liquidi alla fragola senza nicotina. I Paesi portati ad esempio come best practice sono la Georgia, il Sudafrica e la Turchia.
Da queste premesse, il documento si dilunga su vari aspetti specifici che vanno dal tobacco control al prezzo, dal prelievo fiscale al packaging, dalla protezione dall’esposizione al vapore alla pubblicità a molto altro. Ogni paragrafo è introdotto dalla seguente locuzione: “Gli Stati membri possono considerare opzioni normative come 1. Vietare l’importazione, la vendita e la distribuzione di sigarette elettroniche”. Poi, per chi proprio non vuole vietarle, seguono una serie di possibilità alternative estremamente restrittive e vincolanti. Ed è singolare che l’Oms suggerisca come prima opzione di vietare l’e-cigarette, quando invece non propone la stessa per il tabacco.
Secondo Bates, il documento dell’Emro non ha una logica, non mira a diminuire le morti da fumo e potrebbe avere pesanti conseguenze sulla salute pubblica. “Conseguenze – scrive – ovvie e prevedibili se si accetta anche solo la possibilità che questi prodotti riducano il rischio del fumo e che possano sostituirlo per chi consuma nicotina. Vi sono sufficienti evidenze scientifiche a sostegno di queste affermazioni e nessuna prova credibile per negarle”. Per la cronaca, il documento suggerisce le stesse misure draconiane per i riscaldatori di tabacco. Per leggere i documenti dell’Ufficio regionale del mediterraneo orientale (Emro) dell’Oms e le riflessioni di Clive Bates, cliccate su questo link.