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L’industria e le associazioni della sigaretta elettronica ricevute da Trump

Dibattito acceso alla Casa Bianca fra i sostenitori del divieto sugli aromi e i rappresentanti del vaping. Sul tavolo salute, minori e posti di lavoro.

Il problema con i divieti – lo abbiamo visto con l’alcool, con le sigarette e con tutto – è che se si vieta un prodotto, questo arriva illegalmente. È quello che succede. E invece di essere un prodotto sicuro fatto da Reynolds, da Juul o da altre aziende legali, sarà roba che potrebbe essere pericolosa venduta agli angoli delle strade. Invece di avere un liquido aromatizzato che almeno è sicuro, i consumatori avranno un prodotto che è veleno. E questo è un grande problema”. Questa riflessione, espressa da Donald Trump nel corso dell’incontro sulla sigaretta elettronica dello scorso venerdì, dimostra che il presidente americano ha ben presente la lezione del proibizionismo e lascia alcune speranze per il futuro del vaping negli Stati Uniti.
Alla Casa Bianca, intorno a un tavolo, si sono riunite le parti interessate alla questione sigaretta elettronica e, in particolare, al possibile divieto sui liquidi per la vaporizzazione con gusti diversi dal tabacco. C’erano, fra gli altri, i sostenitori di un ban totale, come Campaing for Tobacco-Free Kids, Parents Against Vaping e-cigarettes, l’American Cancer Society (che ha rivisto la sua posizione pochi giorni fa), l’American Lung Association e l’American Academy of Pediatrics. C’erano i rappresentanti delle grandi aziende come Reynolds, Juul e Njoy e dei convenience store. E c’erano anche la piccola industria indipendente e i consumatori, rappresentati da Tony Abboud della Vapor Technology Association e Gregory Conley della American Vaping Association.
La stampa è stata ammessa per la prima ora di una discussione che è stata serrata e accesa, con interlocutori che spesso si davano sulla voce e il presidente che poneva domande precise, anche interrompendo i discorsetti preparati per l’occasione. Conley ha subito spazzato i dubbi, ricordando che, quando il presidente ha annunciato l’intenzione di vietare gli aromi, si era nel mezzo di una crisi di malattie polmonari che i Cdc attribuivano alla sigaretta elettronica “in generale”. “Oggi, dall’indagine degli stessi Cdc ,sappiamo – ha aggiunto Conley – che non sono i prodotti con nicotina comprati nei negozi che stanno uccidendo le persone. Sono i prodotti illegali con oli di Thc, venduti dagli spacciatori”.
Il presidente di Ava ha anche ricordato al presidente che Michael Bloomberg, “che non è un amico della sua presidenza” (e che ha appena ufficializzato la sua candidatura per le presidenziali 2020, ndr), ha donato 160 milioni di dollari per cercare di vietare gli aromi. “Molte delle persone presenti in questa stanza – ha spiegato – sono i destinatari di quel denaro. Non sono qui per cercare un compromesso; hanno ricevuto denaro specificatamente per far proibire quel prodotto.” Conley ha anche fatto presente che quella sugli aromi non è l’unica minaccia alla sopravvivenza delle piccole e medie aziende: la scadenza per la richiesta dell’autorizzazione alla commercializzazione per i prodotti, fissata a maggio del prossimo anno, comporta oneri economici che consentiranno solo alle aziende multimiliardarie di rimanere sul mercato. Con una conseguente perdita, secondo uno studio commissionato da Tony Abboud, di circa 151mila posti di lavoro.
La discussione sugli aromi è sta accesa e non sempre leale. Il presidente di CTFK Myers ha affermato che i liquidi al tabacco sono quelli più utilizzati dagli adulti, mentre i giovani sono attirati dagli aromi. È stato subito rintuzzato da Ryan Nivakoff, amministratore delegato di Njoy, che ha detto che il 93 per cento degli adulti svapa liquidi aromatizzati. La dispesa di Nivakoff dei liquidi aromatizzati è stata veemente, anche se, ha spiegato, la sua azienda trarrebbe beneficio da un divieto, che lascerebbe un oligopolio a quattro compagnie – compresa Enjoy – che vendono nei convenience store. “E allora perché si batte a favore degli aromi?”, gli ha chiesto Trump. “Perché così come attirano i minori – ha risposto Nivakoff – attirano gli adulti a passare dal tabacco ai prodotti del vapore. E se mia figlia, Dio me ne scampi, fosse un fumatore adulto, preferirei che usasse un prodotto del vapore. E se quel prodotto fosse aromatizzato e aumentasse di sette volte la possibilità di abbandonare le sigarette, per me come individuo è una virtù pubblica”.
Da questo lungo dibattito, almeno per la parte pubblica, è emerso che su un solo punto tutti i partecipanti erano d’accordo: innalzare a 21 anni il divieto di usare prodotti per il vaping. Ed è probabile che questa misura sarà varata in tempi brevi. Una serie di domande incalzanti poste dal segretario della salute Alex Azar, anch’egli presente, a Tony Abboud su quanto del fatturato dei negozi specializzati dipenda dai sistemi chiusi e quanto da quelli aperti, fa poi nascere un’altra ipotesi. Cioè che la Casa Bianca potrebbe decidere di adottare normative diverse per diversi segmenti di mercato. E questa sarebbe una grande vittoria per i negozi e i produttori di liquidi.

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