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“La disinformazione sulla sigaretta elettronica può uccidere”

La ricercatrice della University of Oxford Jamie Hartmann-Boyce affronta il problema della "cattiva scienza" e i suoi danni.

Quando uno studio viene ritrattato, vuol dire che i suoi risultati non sono affidabili. È come se venisse tolto dalla pubblicazione. Il problema è che lo studio esiste ancora: è nei servizi dei media, sulle piattaforme social, nei documentari. I fumatori vedono queste storie e pensano sempre di più che le sigarette elettroniche sono dannose come il fumo. Ed è un problema, perché il fumo uccide”. A riflettere sui danni causati dalla circolazione di studi scientifici fallaci su The Conversation è Jamie Hartmann-Boyce, ricercatrice senior dell’Università di Oxford e autrice di studi sulla cessazione del tabagismo.
L’occasione è fornita dalla recente ritrattazione da parte del Journal of American Heart Association del lavoro degli americani Stanton Glantz e Darma Bhatta che metteva in relazione l’uso della sigaretta elettronica e il rischio di infarto. Otto mesi dopo la pubblicazione e dopo una pressante azione di parte del mondo scientifico, lo studio è stato ritirato, perché i dati da cui traeva le sue conclusioni non fornivano le prove di quanto affermato nelle conclusioni (qui tutti i dettagli della vicenda). Ma questo non basta per porre rimedio a otto mesi di battage mediatico: molti fumatori rimarranno convinti che l’e-cigarette aumenta il rischio di eventi cardiaci gravi.
Secondo Hartmann-Boyce, il caso Di Glantz e Bhatta potrebbe insegnare qualcosa a tutti. “Per i ricercatori e coloro che finanziano e pubblicano le ricerche, quello che è accaduto insegna che non bisogna fare semplicemente più ricerca, ma farla di buona qualità, soggetta a revisione rigorosa e critica. La ricerca deve anche essere aperta; probabilmente se i dati iniziali fossero stati pubblici, le analisi errate non sarebbero mai state pubblicate”. Bisogna essere consapevoli, argomenta la ricercatrice, del fatto che le questioni che ricevono molta attenzione dai media, attraggono tanta “scienza cattiva”. E questo è particolarmente vero per il vaping, argomento talmente caldo, che qualsiasi studio di qualsiasi entità che dia risultati allarmistici, ottiene grande risonanza mediatica. “Da scienziati responsabili – continua Hartmann-Boyce – dobbiamo attenerci alle evidenze scientifiche e condividere le informazioni ogni volta che è possibile”.
E poi conclude facendo il punto sulla sigaretta elettronica. “Vi sono molte cose che non sappiamo, ma anche alcune che sappiamo:

  • Serve più ricerca. Le sigarette elettroniche sono relativamente nuove e i dispositivi cambiano continuamente.
  • Gli esperti ritengono che le sigarette elettroniche con nicotina regolamentate siano notevolmente meno rischiose delle sigarette tradizionali.
  • Detto queste, le e-cigarette non sono innocue. Per chi non fuma, svapare potrebbe introdurre rischi per la salute.
  • Non tutte le sigarette elettroniche sono uguali. La crisi di malattie polmonari dello scorso anno negli Usa è stata attribuita alla vaporizzazione di cannabis. Le sigarette elettroniche contenenti cannabis, a volte contengono anche un additivo chiamato acetato di vitamina E, che è dannoso per i polmoni. In Europa l’acetato di vitamina E è vietato nelle e-cigarette.
  • La nicotina non è l’ingrediente dannoso nelle sigarette tradizionali o in quelle elettroniche. Dà dipendenza e deve la sua cattiva reputazione perché è parte di quello che tiene la gente legata al fumo. Ma sono gli altri ingredienti delle sigarette a causare l’aumento del rischio di morte e malattia”.

La disinformazione può uccidere”, conclude la ricercatrice ricordando studi del passato che hanno continuato ad avere impatto sull’opinione pubblica, anche dopo essere stati ritrattati. “Dobbiamo fare il nostro meglio per non ripetere l’errore con le sigarette elettroniche”. E dobbiamo farlo tutti: media in primis. Ma subito dopo scienziati, medici e istituzioni sanitarie.

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