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Come difendere le sigarette elettroniche in vista della revisione della Tpd?

Dibattito su prospettive e pericoli della nuova direttiva in un incontro organizzato da Ieva. Anche i consumatori avranno un ruolo fondamentale.

C’è da fare per tutti in questi anni che porteranno la Commissione europea a varare la nuova Tpd, la Direttiva europea sui prodotti del tabacco che regolamenta anche le sigarette elettroniche. Produttori, scienziati e consumatori: ognuno ha il suo ruolo da giocare per cercare di far sì che la revisione della direttiva penda dalla parte dei prodotti che riducono il rischio del fumo. È quanto emerge dall’incontro appena concluso organizzato da Ieva, Independent European Vape Alliance, intitolato appunto “The revision of the Eu Tpd”. A discuterne, moderati dal presidente dall’associazione europea dei produttori Dustin Dahlmann, sono stati Peter Beckett, esperto di politiche europee, Patricia Kovacevic, specialista di leggi e regolamentazioni, e Clive Bates, già direttore della fondazione Ash e attivo sostenitore della riduzione del danno da tabacco.
Prima di entrare nel vivo dei temi all’ordine del giorno, Beckett ha fornito gli strumenti per orientarsi nel complesso iter di revisione della legge europea, facendo riferimento a quello precedente – cioè a quello che ha sancito la versione della Tpd attualmente in vigore – spiegando quali sono i passi che completare entro la fine del 2022 e quali quelli da compiere entro il 2024. Al momento siamo all’Impact Assessment, cioè all’inizio del percorso e questo dovrebbe spronare tutti gli interessati a non lesinare le forze e le azioni. Grande attenzione nel dibattito è stata dedicata al Parere dello Scheer (Scientific committee on health, environmental and emerging risks) sulla sigaretta elettronica, pubblicato pochi giorni fa e aperto ai commenti fino al prossimo 26 ottobre. Clive Bates lo ha definito “un lavoro terribile”, nel quale la sigaretta elettronica è valutata senza qualsiasi riferimento al fumo tradizionale. “È una cosa che accade spesso con i comitati – ha spiegato Bates – si parte con una idea precostituita, in questo caso di limitare il più possibile, e si trovano le prove scientifiche in funzione di quello che si vuole raggiungere”. L’esperto inglese ha sottolineato, in controtendenza con quanto espresso dallo Scheer, come gli strumenti di riduzione del danno debbano essere attraenti, perché passare dal fumo tradizionale al vaping è una scelta del consumatore.
Dunque, ha sostenuto Bates, dovrebbe essere consentita la pubblicità per convincere i fumatori a passare all’alternativa meno dannosa. Un aspetto condiviso da Patricia Kovacevic, secondo cui la cosa più importante sarebbe permettere di comunicare la riduzione del rischio degli strumenti rispetto al fumo. Le avvertenze di pericolo sui prodotti del vaping, previsti dalla attuale Tpd, hanno invece sortito l’effetto contrario come mostrato Bates con studi scientifici alla mano: quello di scoraggiare i fumatori che non volevano “sostituire una dipendenza con un’altra”. Come se il problema fosse la dipendenza da nicotina e non i danni associati alla combustione. Ma il pericolo più grande che potrebbe prendere corpo nella revisione della Tpd è il divieto sugli aromi nei liquidi per e-cigarette, allo scopo di renderli meno attraenti per i minori. Anche qui, Bates ha citato lavori scientifici che dimostrano come la stragrande maggioranza dei vaper adulti prediliga gusti dolci e fruttati e non quelli tabaccosi. Mentre un rapporto del 2019 dei Centers for Disease Control americani dimostra che i minori non usano la sigaretta elettronica per gli aromi, ma per curiosità ed emulazione di amici o familiari.
Insomma, la richiesta espressa da tutti i partecipanti all’incontro è che si arrivi ad una regolamentazione proporzionata al rischio, cioè più stringente per i prodotti da fumo e meno restrittiva per quelli del vaping. “Il messaggio fondamentale – ha commentato Beckett – è che il vaping non è fumo e non deve essere regolamentato come il fumo. Negare l’opportunità di passare alla sigaretta elettronica vuol dire proteggere il fumo e questo non è sostenibile dal punto di vista della salute pubblica”. Per evitare che questo accada, ognuno può fare la sua parte. Le associazioni dei produttori devono instaurare un dialogo con i legislatori, ma la voce dei consumatori è fondamentale. E devono farla sentire ai loro rappresentanti politici, raccontando le loro storie, spiegando l’impatto del vaping nelle loro viete. “I parlamentari eletti – spiega ancora Bates – vedono le cose in maniera diversa dai burocrati”. L’ultimo appello dell’esperto inglese, tanto per i produttori quanto per i consumatori, è quello di riunirsi in associazioni. “Sono degli amplificatori – ha concluso – che consentono di far sentire la propria voce e di avere più forza”.

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