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Diffusione covid-19: non servono precauzioni speciali per l’uso dell’e-cig

Secondo un recente studio, usare la sigaretta elettronica al chiuso aumenta il rischio di contagio tra l'1 e il 17%, parlare lo aumenta fino al 90%, tossire del 260%.

L’uso della sigaretta elettronica può diffondere il virus responsabile del covid-19? È una domanda che ci si pone dall’inizio della pandemia e alla quale sono state date finora risposte improntate principalmente al buon senso. Finalmente arriva uno studio che si occupa della questione con criteri scientifici e che può rasserenare tutti i vaper. Il lavoro è disponibile su MedRxiv in preprint, quindi non ancora sottoposto al processo di peer review, e si intitola “Aerial transmission of Sars-cov-2 virus (and pathogens in general) through environmental e-cigarette aerosol”. A firmarlo sono Roberto A. Sussman dell’Istituto di scienze nucleari della Universidad Nacional Autonoma de Mexico, la neozelandese Eliana Golberstein di Myriad Pharmaceuticals Limited e Riccardo Polosa del Centro di eccellenza per l’accelerazione della riduzione del danno (CoEhar) dell’Università di Catania.
I ricercatori, dunque, “hanno esaminato – si legge nello studio – la plausibilità, la portata e i rischi della trasmissione aerea di agenti patogeni (incluso il sars-cov-2) attraverso le goccioline respiratorie trasportate dall’esalazione di areosol di sigaretta elettronica”. In pratica, hanno valutato se e quanto, in un ambiente chiuso, un vaper infetto possa contagiare altre persone usando l’e-cigarette. Gli autori hanno modellato il flusso dell’aerosol espirato come “un getto turbolento e intermittente che evolve in uno sbuffo instabile”, identificando due tipologie di utilizzo. Quella a bassa intensità (praticata dall’80-90% degli utilizzatori), che si stima emetta 2-230 goccioline respiratorie submicroniche per esalazione a una distanza orizzontare diffusa di 1-2 metri; e una modalità intensa che potrebbe diffondere fino a 1000 goccioline per espirazione a una distanza di oltre 2 metri.
I risultati sono i seguenti: rispetto al caso di controllo, definito dalla respirazione a riposo senza svapare, il rischio per terze persone esposte alle espirazioni di un vaper infetto aumenta dell’1% in caso di svapo a bassa intensità in un ambiente interno (come a casa o al ristorante). In caso di svapo ad alta intensità, il rischio aumenta fra il 5 e il 17%. Per mettere nel contesto questo rischio, lo studio fornisce dei paragoni: nello stesso scenario, parlare per 6 minuti in un’ora aumenta il rischio di contagio del 44%, che diventa il 90% se si parla per 20 minuti. Tossire 30 volte negli stessi 60 minuti, invece, fa crescere il rischio del 260%. Lo studio si occupa anche delle proprietà disinfettanti del glicole propilenico e della glicerina vegetale, testate su vari agenti patogeni (soprattutto batteri), concludendo che “è improbabile che le proprietà disinfettanti dei glicoli agiscano in modo efficiente su agenti patogeni trasportati dalle esalazioni della sigaretta elettronica in condizioni realistiche”.
Dunque l’uso della sigaretta elettronica in spazi sociali, secondo gli autori di questo studio, aumenta il rischio di contagio in maniera minima e “per quanto riguarda la protezione dal sars-cov-2 non necessita di interventi speciali, oltre a quelli già consigliati per la popolazione generale: distanziamento sociale e uso di mascherine di protezione”. Naturalmente i ricercatori consigliano comunque agli svapatori di essere consapevoli delle preoccupazioni dei terzi, suggerendo di utilizzare dispositivi a bassa potenza quando ci si trova in contesti sociali. “I vaper tuttavia – concludono gli autori – meritano la stessa sensibilità, cortesia e tolleranza”.

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