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Sigarette elettroniche e tobacco harm reduction: le sfide e gli obiettivi

Esperti internazionali e focus sulla normativa e e le sue conseguenze nelle sessioni pomeridiane dell'E-cigarette Summit UK 2021.

È stata dedicata alla riduzione del danno da tabacco la seconda sessione dell’E-cigarette Summit UK, moderata dal professor Thomas J. Glynn della Stanford University School of Medicine. I primi a intervenire sono stati Karl E. Lund dell’Istituto di Salute pubblica norvegese e Daniel Kotz, docente alla Heinrich-Heine University in Germania. Il primo si è occupato dello snus, grazie al quale il fumo sta per essere sradicato dalle giovani generazioni del suo Paese. Lund vede un futuro in cui le sigarette di tabacco saranno un prodotto di nicchia, superati da quelli a basso rischio, che sono usati – ha detto – “per divertimento, passione, interesse e ispirazione”. Kotz ha invece lamentato lo scarso impegno della Germania nella lotta al tabacco, che si traduce in un tasso di fumatori pari quasi al 30%. Anche la diffusione delle sigarette elettroniche è relativamente bassa, anche se sono il metodo più usato per smettere di fumare. Il docente ha criticato anche le posizioni critiche delle istituzioni sanitarie, nonostante gli studi dimostrino che l’uso dell’e-cig è associato a tassi più alti di cessazione.
Debbie Robson del King’s College London ha lamentato che quando si parla di tobacco harm reduction ci si focalizza sui prodotti e non sui fumatori. In particolare quelli che non possono o non vogliono smettere di fumare come chi trova in strutture per la salute mentale, in prigione, i senzatetto o i disoccupati. Gruppi fra i quali si registra il tasso di fumo e di mortalità più alta e che non possono essere ignorati dalle autorità. Ricordando progetti pilota, come quelli condotti nel 2020 durante il lockdown per il covid, Robson ha dimostrato come la sigaretta elettronica funziona per aiutare queste persone. “Dobbiamo sostenere tutti i fumatori – ha concluso – e mettere di nuovo le persone al centro del nostro operato”.
Esperienza molto diversa quella di Wayne Hall, professore emerito della University of Queensland in Australia, Paese che recentemente ha fatto un ulteriore passo per rendere più difficile la diffusione delle e-cig. Per timore che il vaping possa attirare i minori e scoraggiare le cessazioni, il governo infatti vieta la vendita di sigarette elettroniche e ne consente l’importazione solo dietro prescrizione medica. Il risultato, ha spiegato Hall, è che “i medici non sono incoraggiati a prescriverle e i farmacisti a fare scorte di prodotti del vaping. Quindi le sigarette elettroniche vengono utilizzate di rado, mentre la maggior parte delle persone che vogliono svapare semplicemente infrangono la legge, nonostante sanzioni draconiane tra cui multe e reclusione”.
A rinvigorire i partecipanti al summit è stato Clive Bates, che col solito piglio battagliero ha elencato tutti i tic del tobacco control: “C’è una disperata ricerca di danni da parte dell’industria del controllo del tabacco, perché senza danni non c’è motivo per il controllo”. E così via all’abuso di studi dubbi, alla intenzionale confusione fra associazione e causalità, alla divulgazione di comunicati allarmistici prontamente rilanciati dai media. Il tobacco control si muove su quattro linee: proibizionismo, il divieto per gli aromi, tasse sui prodotti del vaping, il panico morale sui minori. Sono tutti approcci che hanno dimostrato di non funzionare. Ma, secondo Bates, ci sono anche motivi per essere ottimisti: “La nicotina è popolare. Abbiamo avuto una grande innovazione nel modo in cui viene consumata. Come con altre nuove tecnologie, sta portando un grande beneficio ai consumatori. La nuova tecnologia è spesso accolta da demonizzazione e opposizione. Ma alla fine, prevarrà il vantaggio sottostante di queste tecnologie e tutto il rumore e il vetriolo sottostanti svaniranno”.
Di regolamentazione e della sua applicazione si è discusso nella terza sessione a conclusione della giornata che ha visto gli interventi di Craig Copland, direttore della E-cigarette unit della Mhra, l’agenzia del farmaco britannica che ha recentemente aperto le porte ai prodotti del vaping, e di Kate Pike del Trading Standard Office, che si occupa dell’applicazione delle norme. Sono poi intervenuti Hazel Chessman di Action on smoking and health (Ash) e Marcus Saxton della Independent British Vape Trade Association (Ibvta). La prima ha manifestato la necessità di inserire degli accorgimenti normativi a protezione dei minori, sebbene nel Regno Unito l’uso di prodotti del vaping in questa fascia di età sia molto basso. Saxton ha sottolineato l’importanza di considerare con attenzione le possibili conseguenze indesiderate di misure legislative. In particolare ha messo in guardia sul divieto per gli aromi, usati dall’82% dei consumatori, chiedendo poi di rilassare le restrizioni di marketing e di permettere atomizzatori con capacità superiore ai 2 ml.
Le sue preoccupazioni sono state riprese nell’intervento di Tim Phillips di EcigIntelligence, che si è soffermato sui problemi causati negli Usa dall’iter autorizzativo della Food and Drug Administration, che ha decimato il mercato americano, restringendo i gusti a tabacco e mentolo (almeno per ora) e causando la comparsa di nicotina sintetica. In Europa, ha continuato, la Tpd ha portato al proliferare degli shortfill, che non contenendo nicotina e quindi non ricadono nel perimetro della direttiva. Un risultato che sicuramente i funzionari di Bruxelles non avevano previsto.

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