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Fabio Regazzi (Categoria): “Avremo futuro solo se umili, decisi e uniti”

In questi giorni molto rumore stanno provocando gli emendamenti presentati in Senato per rimodulare il settore del vaping. Varie le proposte emendative di cancellazione o variazione della tassazione o di disposizioni normative che stravolgerebbero il comparto. Se sul fronte tassazione nulla potrà essere riscritto, se non tenendo conto della sentenza costituzionale in procinto di emenazione, il riordino del settore invece potrebbe essere disposto in qualunque momento. Sarebbe sufficiente inserire il dispositivo di riassetto all'interno di un qualunque decreto per ritrovarsi ad osservare un altro panorama regolamentare. L'esperienza insegna che anni fa venne utilizzato il cosiddetto Decreto svuotacarceri per attingere finanze a discapito del fumo elettronico e le conseguenza stanno trascinandosi  ancora oggi. Nel turbinìo di ipotesi e scenari, è prevalente l'auspicio di dotare rivendite specializzate e tabaccai di apposita licenza per vendere e maneggiare la nicotina liquida. Una formalità che sposterebbe il mercato della nicotina dentro una rete vendita e distributiva riconosciuta e tracciabile. Più sicurezza, maggior trasparenza, minori prodotti spazzatura. Se i tabaccai posseggono già adeguati requisiti, i rivenditori specializzati dovrebbero essere invece sottoposti a giudizio che possa determinare la liceità di esistenza. In campo sono stati lanciati alcuni parametrati in via di definizione: sembrano prendere sempre più corpo quelli che stabiliscono distanze di tolleranza e fatturati minimi mensili. In questi ragionamenti futuristici, è stata tralasciata la terza gamba della rete vendita: la farmacia. Nata come strumento di riduzione del danno da tabacco, la sigaretta elettronica ha fatto il suo ingresso nel commercio italiano attraverso il canale delle farmacie per poi diventare negli anni uno strumento di massa e di uso ricreativo. "Quando si parla di sigaretta elettronica - commenta Fabio Regazzi, fondatore e titolare di Categoria, marchio dal 2009 presente nelle farmacie e nelle tabaccherie - e di disegni politici volti alla monopolizzazione del mercato, ci si dimentica spesso che esiste una rete vendita, forse di minoranza e di nicchia, ma che è stata fondamentale per lo sviluppo del settore. Il consumatore che si rivolge in farmacia vede nella sigaretta elettronica un reale strumento di riduzione del danno. Sa che non si tratta di un farmaco, ma il blasone e l'autorevolezza del farmacista incidono notevolmente sul giudizio del consumatore". Secondo Regazzi, il quadro normativo che si andrà a delineare non può non tenere conto delle farmacie. "Non si può chiedere ad un farmacista di dotarsi di una licenza per vendere la nicotina liquida, così come non gli si può chiedere di pagare ad esempio mille euro all'anno per mantenerla. Il farmacista deve essere considerato come un valore aggiunto per l'intero settore: se i fatturati possono essere considerati trascurabili, non deve essere così per il blasone farmaceutico di cui indirettamente si dota la sigaretta elettronica". L'hard vaper che necessita di consigli tecnici o di liquidi e strumenti avanzati si ricolgerà al negozio specializzato; il fumatore che vuol provare la sigaretta elettronica probabilmente avrà gioco facile ad acqusitarla in tabaccheria; le persone che devono smettere di fumare anche dietro suggerimento medico probabilmente scegliranno la farmacia e il dispositivo loro proposto dal camice bianco dietro il bancone. "Purtroppo la storia si ripete e ciclicamente dobbiamo sopportare attacchi da vari fronti. Credo però che l'atteggiamento idoneo non sia alzare le barricate e tentare l'arrembaggio dialettico, ne usciremmo ugualmente con le ossa rotta. Credo piuttosto che dovremmo sederci tutti insieme e discutere una exit strategy dall'attuale situazione di stallo. Dovremo però farlo con umiltà, pacatezza e rispetto dei ruoli datoriali, associativi aziendali". Tabaccai, negozi specializzati e farmacie, dunque. Secondo Regazzi è il trittico sufficiente per soddisfare tutte le esigenze della filiera e le richieste dei consumatori. "Non dimentichiamoci - conclude Regazzi - che il vero spauracchio all'orizzonte si chiama grande distribuzione. Se non troviamo un accordo tra di noi e non scriviamo le regole in tempo, rischiamo di esser spazzati via da una potenza distributiva e commerciale a cui non saremmo in grado di resistere".

Vaping, Gianluca Susta (Pd): “Daremo battaglia sino alla fine”

Come ogni anno, i giorni conclusivi di novembre sono molto concitati. Tra emendamenti concordati, respinti, assorbiti e non ammessi, l'umore dei parlamentari è variabile come il meteo in primavera. E, visto che questa sarà l'utima legge di bilancio della legislatura, ognuno cerca di portare a casa un jolly da spendersi in termini di consenso. Gianluca Susta, esperto senatore piemontese, componente dell'intergruppo parlamentare sulla sigaretta elettronica, fa eccezione. È firmatario di un emendamento che vuole normare il settore del vaping, portando la tassazione sulla nicotina per i liquidi da vaporizzazione da valle a monte. Cioé far pagare le aziende nel momento in cui la acquistano per poi spalmare l'imposta proporzionalmente sulle singole unità di flaconi in vendita. In soldoni, vorrebbe dire che le aziende pagherebbero 2 mila euro ogni chilogrammo di nicotina immessa sul mercato. Questo significa che al consumatore finale la tassazione costerebbe 0,25 euro su un flacone di 10 millilitri a 10 milligrammi di nicotina. Una cifra più che accettabile ma che soprattutto non causerebbe contraccolpi nell'economia generale del settore. La seconda parte dell'emendamento chiede altresì che l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli tiri una riga sopra i debiti fiscali fino ad oggi accumulati dalle aziende e concordi una cifra forfettaria in grado di fare "pari e patta". Il realismo politico di Susta anticipa però ogni domanda di sorta: "Sarà molto difficile che il governo prenda in considerazione questo emendamento. In ogni caso daremo battaglia fino all'ultimo, se non altro ci faremo sentire sperando che nella prossima legislatura la materia possa essere riscritta e normata nella sua interezza". Già, perché nell'occhio del ciclone non c'è soltato il vaping ma anche il tabacco e tutti gli accessori correlati. Si fa in fretta a pensare alle sigarette ma un passo indietro ci sono anche i trinciati, il tabacco da fiuto, le cartine, gli accendini, il tabacco da pipa. Prodotti diversi dalle sigarette. "Al di là degli interessi di questa o di quella lobby, la politica deve pensare a normare la materia nella sua interezza - aggiunge il senatore Susta - Sicuramente disegnando le norme qualcosa è sfuggito al Mef. Ad esempio, le previsioni di gettito dalle sigarette elettroniche sono state completamente sbagliate. Bisogna allora ripartire dai numeri, quelli reali, e rimodulare eventualmente una tassa che non soffochi le aziende e gli esercenti. Il Mef non ha fatto i conti con la realtà: è impensabile mettere a bilancio di previsione una somma che sfiora i 150 milioni di euro". In effetti quattro anni fa, sulla base di indicazioni che volevano dimostrare che il settore era in fortissima espansione, il governo ha preso per buona la previsione di gettito, mettendo a bilancio una somma che poi si è rivelata ben distante dalla realtà. "da quel momento le previsioni - commenta Susta - sono state sempre sbagliate". Ricorsi al Tar e in Corte costituzionale, a cui si è aggiunta l'autoimposta "tassa light", hanno certamente indispettito i legislatori. Ora occorre attendere l'esito dell'iter costituzionale prima di poter ricominciare a discutere, con toni e modalità più pacate, di regolamenti e norme per il settore. Ma forse la nuova legislatura e il conseguente ricambio parlamentare e governativo potrebbe segnare un nuovo inizio. Insomma, l'occasione è propizia per rimettere la palla a centrocampo e ricominciare la partita.

Pasquale Sollo (Pd): “Vietare la vendita online è misura di buon senso”

"Vietare la vendita online della nicotina liquida sarebbe un provvedimento di buon senso. E occorre farlo per riassettare il settore". Parole di Pasquale Sollo, senatore del Partito Democratico, firmatario dell'emendamento alla legge di bilancio che, se approvato, stravolgerà il settore del fumo elettronico. "I liquidi con nicotina e le sigarette elettroniche dovrebbero essere venduti soltanto attraverso i depositi fiscali e una rete vendita autorizzata, composta da tabaccai o negozi specializzati". Secondo il senatore Sollo, l'emendamento tende a ristabilire un po' di ordine sia sul fronte fiscale che sanitario. "La vendita di nicotina ai privati dovrebbe sottostare alle stesse regole del tabacco: le sigarette non possono essere acquistate online, bisogna andare nei luoghi preposti ed autorizzati. Anche i liquidi con nicotina e le sigarette elettroniche dovrebbero avere la stessa distribuzione e modalità di vendita. Vogliamo così tutelare anche i minori che troppo spesso riescono ugualmente a comprare questi prodotti online da siti anche inaffidabili. È un fenomeno, purtroppo, che coinvolge soprattutto il Sud Italia. Le previsioni dell'erario in tre anni sono passate da oltre 100 milioni di euro agli attuali 3 messi a bilancio. C'è qualcosa che evidentemente non ha funzionato". Bisogna però ricordare che la questione fiscale è sotto giudizio della Consulta e molte aziende sono in corte tributaria. La soluzione, dunque, è da trovare introducendo una licenza autorizzativa sotto monopolio? "Sì. Già oggi i rivenditori possono acquistare questi prodotti con nicotina soltanto da deposito fiscale. Per loro non cambierà nulla. Chi è già esercente avrà la licenza d'ufficio". Sino ad eventuale decreto che dovrà essere emanato entro la fine di marzo. "Quella sarà la vera battaglia: la scrittura delle norme per il mantenimento della licenza e per l'ottenimento di nuove". Quante possibilità ci sono che l'emendamento passi? "Credo molte. Entro la fine di questa settimana la Commissione Bilancio dovrebbe mandarlo in aula al Senato così da poter essere discusso insieme al resto della legge da martedì prossimo. Se il governo porrà la fiducia sull'intero testo, l'emendamento difficilmente verrà recepito. Se non lo farà ci sono ottime possibilità che possa passare". La senatrice Simona Vicari, firmataria di analogo emendamento per la maggioranza governativa di centrodestra di Alternativa Popolare, preferisce invece non rilasciare dichiarazioni.

Antonella Panuzzo (UniEcig): “I miei primi primi cento giorni da Presidente”

Sono passati cento giorni dall’elezione di Antonella Panuzzo alla presidenza di UniEcig (già Ansi), la nuova associazione dei negozianti specializzati in sigarette elettroniche. In questi casi, è consuetudine tracciare un bilancio dell’attività svolta. Sempre estranea dalle strutture associative e dalla ribalta pubblica e social, Antonella Panuzzo è stata prima eletta nel direttivo (a seguito di ballottaggio contro Federica Mazzetti, ndr) e poi scelta all’unanimità come presidente. Nonostante con Antonella siamo legati da un’amicizia nata già anni fa proprio all’insegna del vaping, su molti aspetti normativi ed etici abbiamo opinioni differenti. Con la scelta di Panuzzo alla presidenza, il direttivo voleva dare un’immagine nuova all‘associazione presentando un vertice non già conosciuto all’interno delle precedenti esperienze aggregative. In cento giorni, però, molto è cambiato. Il direttivo, ad esempio, ha dovuto sopportare le dimissioni di un suo componente, il vicepresidente vicario Duccio Fabiani, rimanendo così composto da quattro persone: Fabrizio Bollini, Vito Civello, Fabio Manganello e, appunto, Antonella Panuzzo. Perdere pezzi dopo poche settimane non è mai un bel risultato. Cosa significa, che siete già alla rottura ancora prima di nascere? Non direi. Credo che questa sia la fase di assestamento. Abbiamo bisogno di conoscerci anche tra di noi. Il direttivo è provvisorio, frutto di una votazione, non siamo una compagnia di amici. Siamo, al contrario, un gruppo di persone che vogliono contribuire alla salvaguardia degli interessi dei commercianti specializzati in vaping. Siamo nati prima sulla carta e soltanto in un secondo momento siamo stati formalizzati come associazione. E’ naturale che non tutti abbiamo la stessa visione del settore ma come in tutte le democrazie elettive è la maggioranza a stabilire le linee guida. Chi non è d’accordo può lottare per cambiare le cose dal di dentro oppure decidere di andarsene. Chi decide per quest’ultima strada non lo fa a cuor leggero ma con sofferenza e patimento. Io ringrazierò sempre Fabiani perché anche grazie a lui è nata UniEcig. Avere un’idea, però, non significa averne la gestione senza se e senza ma. Era il tempo di una associazione ma poi la strada da percorrere è stata decisa a maggioranza. Entriamo nel dettaglio dei cento giorni. La percezione esterna è che, oltre a chiedere la quota associativa e dare evidenza a qualche notizia di carattere generale sul vaping sul vostro sito internet, null’altro sia stato fatto. Se dici questo, vuol dire che stiamo lavorando bene. In che senso, scusa… UniEcig vuol lavorare come un’associazione di categoria, dando ascolto e risposte soltanto agli associati e confrontarsi con gli stakeholders del settore. Non sottovalutiamo neppure il confronto con le istituzioni che non sempre hanno deciso a favore del settore. Non vedrai mai un mio commento o un indirizzo strategico sui social network o sui relativi gruppi, strumenti tanto in voga quanto effimeri. Le notizie le diamo quotidianamente ai nostri associati attraverso una rassegna stampa curata dai nostri consulenti alla comunicazione istituzionale (Open Gate, già consulenti di Anafe, l’associazione dei produttori, ndr). Un’associazione non nasce per fare qualcosa e poi comunicarla; un’associazione prima di tutto si confronta al proprio interno, decide se e cosa fare e poi, eventualmente, comunica. Ma soltanto a cose fatte e soltanto, in prima battuta, ai propri associati. Se poi qualcuno pensa che i gruppi dei social network siano essi stessi delle associazioni allora è un altro discorso. Noi non la pensiamo così, i nostri associati sono i nostri unici interlocutori. E allora vediamo cosa avete fatto. Da cosa cominciamo? Potrei dire dei due incontri avuti con Ministero della salute e con i vertici di Anafe. Oppure dell’incontro non avuto con la Federazione dei Tabaccai. Scegli tu. Dall’incontro con i funzionari del Ministero. Un mese e mezzo fa, circa, siamo stati ricevuti dai funzionari del Ministero della salute a cui abbiamo portato le nostre istanze concernenti i problemi del settore. Ad esempio, visto l’allora imminente ingresso della TPD, i dubbi riguardanti l’interpretazione della normativa sull’hardware e sui liquidi. In questo incontro abbiamo ricevuto un approccio di apertura e di collaborazione nei confronti delle varie problematiche che affliggono il nostro giovane ma produttivo settore. A questo è seguito un incontro con l’associazione di categoria dei produttori per concordare una strategia di azione comune e per lavorare su due fronti solo all’apparenza opposti. Ma questo non vuol dire nulla. In concreto cosa avete fatto e cosa vi siete detti? Come ti dicevo, l’approccio di UniEcig è di collaborazione tra i vari reparti del settore. Coinvolgere Anafe, avere quindi un dialogo aperto tra produttori, grossisti e negozianti è un obiettivo che ci siamo prefissati per agevolare il lavoro di entrambi. In questo primo incontro abbiamo messo le basi per un confronto onesto e diligente. Tra i temi trattati: la necessità per i negozianti di avere la documentazione necessaria per eseguire il proprio lavoro nel pieno rispetto della normativa vigente e la necessità di una forma di controllo a monte per evitare la svalutazione del prodotto. Ma è ancora presto ed inopportuno darne evidenza pubblica adesso. Allora attenderemo un vostro comunicato a cose fatte. Passiamo all’incontro con l’associazione dei tabaccai che hai detto che non avete avuto. Perché quindi metterlo tra le cose fatte nei primi cento giorni? Le posizioni della Fit sono ancora lontanissime da un confronto ragionevole e interessante. Ho ritenuto importante dover dire “No, grazie” alla richiesta di incontro, nonostante le raccomandazioni formali che ci sono arrivate anche da parte di persone vicine al settore poiché in questo momento non abbiamo nulla da dirci con i tabaccai. Con tutto il rispetto che merita quella categoria, credo che prima di tutto noi dovremmo confrontarci con chi questo settore lo fa e lo vive giorno per giorno: produttori, importatori e distributori in primis. Che senso avrebbe andare dai tabaccai per sentirci dire che loro vorrebbero collaborare con noi “sollevandoci” dal problema legato alla nicotina e lasciandoci vendere tutto il resto? A chi gioverebbe andare dai tabaccai per sentirci dire che loro vorrebbero gestire attraverso una rete distributiva ad hoc i prodotti del vaping? Con i tabaccai ci dovrebbe essere confronto ma sicuramente non in questa fase. Il settore è ancora troppo giovane. In che senso? Per i nostri clienti noi siamo dei consulenti. Chi entra da noi non pensa di entrare in un negozio “mordi e fuggi”. Vuole essere consigliato nella scelta e accompagnato nel percorso di disintossicazione dalla nicotina. Noi non siamo “commessi”, siamo operatori specializzati. E’ questa la grande differenza tra noi e loro. Se trattano i fumatori come meri clienti abbiamo perso tutti. Quel fumatore abbandonato a se stesso getterà la sua ecig e tornerà a fumare sigarette tradizionali. Vallo a spiegare poi all’Istituto superiore di sanità che la colpa è del tabaccaio che non ha la competenza necessaria a seguire il cliente e non del prodotto in sé che invece è l’unico vero strumento di riduzione del danno. In questo momento esistono due associazioni dei negozianti. In cosa vi differenziate, se qualche differenza si può trovare? Nell’approccio di base. Anide pur essendo un’associazione ormai storica guidata da una condottiera come Elisabetta Robotti parla alla pancia dei negozianti. Hanno le loro caratteristiche di persone passionali, senza mezze misure. Noi siamo, per così dire, più diplomatici. Ci siamo posti  l’obiettivo di comunicare soltanto i risultati ottenuti. Siamo nati da tre mesi, siamo appena partiti. Quando arriveremo al traguardo lo saprete anche perché già così, fattivi ma discreti, abbiamo riscontrato che i pochi post informativi sono stati utilizzati per creare inutili polemiche che certamente non giovano a nessuno. Purtroppo non ho il potere e le capacità per farlo capire ai diretti interessati. Nel frattempo la strada da percorrere però è decisa soltanto dagli iscritti. Non ci vedrete mai, ad esempio, porre una domanda sui social network o esprimere giudizi o commenti. Se mai lo faremo sarà per dare notizia di qualcosa che è avvenuto o che è cambiato. Non ci piace fare proclami e abbiamo deciso che questa sarà la linea cui dovranno sottostare tutti i soci e in primis i membri del direttivo. Come vedi il prossimo anno per il settore del vaping? Molto dipenderà dalla sentenza della Corte costituzionale che, verosimilmente, verrà pronunciata nei primi mesi del nuovo anno. Da quella dipenderà la tassazione sui liquidi con nicotina. Non voglio esprimermi nel merito, anche perché sarebbe banale dire cosa auspico, ma spero che finalmente possa essere messo un punto fermo sulle vicende giudiziarie. Nel bene o nel male bisognerà trovare una linea di galleggiamento che possa, non dico accontentare, ma almeno rendere possibile il lavoro di tutti. Quanti iscritti avete? Finché non raggiungeremo la quasi totalità del settore gli iscritti saranno sempre pochi. Abbiamo bisogno della partecipazione di tutti per la buona riuscita del progetto. Molte richieste sono già arrivate e continuano ad arrivare. Questi cento giorni sono stati molto impegnativi sotto tutti i fronti. I commercianti stanno entrando nell’idea che bisogna fare qualcosa e il numero di richieste di adesione che ci arrivano ogni giorno ne è la conferma. In conclusione, come rispondi a chi ti accusa di non essere presente sui social network? Banalmente che la vita reale non ruota attorno ai social network e men che meno attorno ai gruppi più o meno segreti creati al suo interno. Non ho mai utilizzato i social network se non per diletto e continuerò a comportarmi così. Ho la fortuna di avere un lavoro che adoro, una famiglia che amo, degli hobby che mi appassionano e non sento la necessità di dire quello che penso attraverso una piattaforma virtuale. L’associazione è un organismo reale, costituita da persone e da professionisti. Con loro mi sono sempre rapportata e con loro continuerò a rapportarmi in prima persona. Ma probabilmente questa è una polemica messa in piedi da chi non mi conosce. O da chi pensa che esisti soltanto se scrivi su Facebook. Fortunatamente nel nostro Paese ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni. Malauguratamente, però, in pochi sanno distinguerle dai fatti.

Alberto Gava, ovvero l’avvocato del diavolo

Alberto Gava è l'avvocato che sin dal 2013 segue le vicende giudiziarie del settore del vaping. Venticinque processi, venticinque giudizi positivi. In attesa della sentenza forse più importante, quella che riguarda la tassazione sulla sola nicotina ancora pendente in Corte costituzionale, lo abbiamo incontrato per farci raccontare il passato ma, soprattutto, tracciare l'ipotetico scenario del futuro prossimo.

Roberta Pacifici (Istituto superiore sanità): “Obiettivo zero fumatori”

(tratto da Sigmagazine bimestrale numero 1 marzo-aprile 2017) Il sogno di Roberta Pacifici, direttore del centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità, è quello di una società in cui la sigaretta sia solo un lontano ricordo. In questa intervista Pacifici traccia la storia, i successi e i momenti di stallo della lotta al tabagismo nel nostro Paese dal punto di vista sanitario dagli anni Settanta fino ad oggi, delineando una battaglia che ha ancora molte pagine da scrivere e molti strumenti da esplorare prima di poter essere vinta. La lotta al tabagismo rappresenta una priorità per il vostro Istituto? È certamente una della priorità più importanti del nostro istituto. Attualmente dirigo il Centro nazionale dipendenze e doping e fra le dipendenze il tabagismo è una di quelle più seguite e che più ci impegna. Personalmente, poi, mi occupo di queste problematiche da moltissimi anni con l’Osservatorio fumo, alcol e droga. Nel tempo abbiamo svolto e continuiamo a svolgere molte attività di lotta al tabagismo. Quali sono i vostri strumenti e le vostre attività principali? Uno strumento che sta dando buoni risultati è il numero verde, presente per legge su tutti i pacchetti di sigarette dal maggio scorso. È un canale che ci permette di offrire consulenza al cittadino sulle opportunità di smettere di fumare e su dove rivolgersi per farlo. A questo scopo realizziamo ogni anno il censimento dei Centri Antifumo che ad oggi sono circa 400 sparsi sul territorio nazionale con professionisti pronti a prendersi in carico il paziente tabagista. Produciamo anche materiale divulgativo per aiutare le persone a smettere e seguiamo il fenomeno dal punto di vista epidemiologico tramite la nostra indagine annuale sulle abitudini al fumo degli italiani. Poi facciamo molta ricerca nei nostri laboratori: analizziamo materiali biologici, facciamo studi di farmacocinetica, individuiamo biomarker di esposizione e di danno. Il recepimento della direttiva sui prodotti del tabacco, infine, ci affida la vigilanza e il controllo dei laboratori autorizzati a fare le analisi sui prodotti del tabacco e l’onere di studiare la documentazione scientifica prodotta dai fabbricanti e dagli importatori di prodotti di nuova generazione e sulla loro potenziale minore tossicità. A fronte di tutti questi sforzi, quali sono i dati relativi ai fumatori in Italia? Gli ultimi dati di cui disponiamo sono quelli rilevati dall’indagine annuale che presentiamo in occasione della giornata mondiale senza fumo che cade il 31 maggio di ogni anno. Rappresentano una fotografia che copre l’arco temporale che va da gennaio a marzo di ogni anno e analizza una popolazione che seguiamo negli anni. Al 2016 i fumatori in Italia sono 11,5 milioni cioè il 22 per cento della popolazione. Di questi il 27,3 sono uomini e il 17,2 donne. In numero assoluto sono 6,9 milioni di fumatori e 4,6 milioni di fumatrici. Come interpreta questi numeri? La prima osservazione è che negli ultimi 7-8 anni assistiamo a un appiattimento della curva, che è andata a scendere significativamente dagli anni Settanta al Duemila, ma ora non scende più. Abbiamo oscillazioni non significative che di fatto non cambiano lo stallo completo in cui ci troviamo. È un fenomeno che si è cristallizzato. Poi si nota che rispetto al grande divario che c’era negli anni Settanta, ora siamo di fronte a un ravvicinamento sostanziale fra fumatori e fumatrici. Il numero dei fumatori uomini negli anni è andato a diminuire, mentre quello delle donne è aumentato. Come se lo spiega? È un fenomeno collegato ai grandi investimenti che le multinazionali del tabacco hanno fatto sul ruolo femminile. Hanno investito molto in immagine e in prodotti dedicati alla donna come le sigarette slim, i pacchetti con le foglie, con i fiori e i colori, tracciando un collegamento strumentale fra fumo ed emancipazione della donna. Viceversa la diminuzione della prevalenza degli uomini è dovuta all’insorgere delle prime percezioni che dietro al tabagismo vi sono delle patologie correlate. Questo è il classico esempio di come le multinazionali del tabacco riescano a percepire in anticipo quali saranno le modifiche dei comportamenti e dei consumi e porre riparo preventivamente con prodotti alternativi e nuove strategie di marketing. Un altro dato da rilevare è che l’età di quelli che cessano e quelli che iniziano non è cambiata, il che significa che c’è un ricambio: tanta gente smette, ma tanta gente inizia. Questo ci dice che tutte le politiche fin qui intraprese non hanno poi di fatto inciso significativamente sull’iniziazione. A cosa sono dovute invece le diminuzioni importanti nel numero dei fumatori? Sono correlabili a determinati interventi legislativi. L’esempio più eclatante è la legge Sirchia introdotta nel 2005 che ha cambiato sostanzialmente l’atteggiamento degli italiani verso il tabagismo. Da una parte la restrizione alla possibilità di fumare ha dato una spinta importante a chi aveva già contemplato la possibilità di smettere. Dall’altra la legge ha creato cultura, ha educato le nuove generazioni, ha permesso di pensare al tabagismo come qualcosa che non si doveva subire per forza. Purtroppo però tutte le leggi hanno il loro massimo effetto che poi si esaurisce. L’aumento del prezzo delle sigarette potrebbe essere uno strumento valido? L’incremento della tassazione da noi è sempre stato utilizzato in maniera poco incisiva. Per una persona che ha sviluppato una dipendenza psicologica e fisica importante per un prodotto, l’aumento di pochi centesimi non ha un grande effetto. L’incremento dovrebbe essere tale da essere sentito dal consumatore in maniera pesante, come è successo in Australia, dove oggi i fumatori sono circa il 12 per cento e dal 1990 sono in costante declino. I centri anti fumo danno risultati soddisfacenti? Al momento rappresentano una grande potenzialità, ma sono sottoutilizzati. Manca il collegamento fra il fumatore e il servizio. Bisogna lavorare molto sulla classe medica, perché il medico curante spesso non comunica al suo paziente che smettere di fumare è indispensabile e che esistono delle strutture che possono aiutarlo. È anche un problema culturale, il tabagismo viene considerato un vizio, mentre è una patologia cronica recidivante che dà dipendenza e che va presa in carico dal servizio sanitario nazionale. Non è vero che per smettere di fumare basta la volontà. La letteratura scientifica ad oggi disponibile ci dice che i percorsi di cessazione hanno maggior successo se sono seguiti da professionisti sanitari. La sigaretta elettronica può essere d’aiuto in questo percorso? I nostri dati sui consumi del 2016 attestano gli utilizzatori di sigaretta elettronica al 4 per cento tra consumatori occasionali e abituali, cioè circa 2 milioni di persone. Abbiamo anche rilevato che l’utilizzatore di sigaretta elettronica è nella maggior parte dei casi un utilizzatore duale. Su questo strumento la comunità scientifica si divide in due grandi compartimenti. Uno che sostiene che, poiché sulla carta il prodotto dovrebbe essere meno tossico, allora bisogna incentivarne l’uso a tutto tondo, ed è la posizione del Royal College of Physicians. L’altra parte, dove si colloca anche l’Istituto superiore di sanità, è più prudente.  Riteniamo che non sia ancora stata dimostrata la sicurezza di questo prodotto, cioè la mancanza di effetti collaterali nel suo utilizzo, né la sua efficacia nel far smettere di fumare. E quindi preferiamo assumere un atteggiamento molto più prudente, incentivando gli studi per comprendere, ma non prendendo posizioni simili a quelle che ha preso Public Health England. Come Istituto superiore di sanità state conducendo studi sulla sigaretta elettronica? Svolgiamo studi che riguardano sia gli aspetti di tossicità sia gli aspetti di efficacia come strumento per smetter di fumare. Il mio gruppo di studio ha analizzato anche la problematica della farmacocinetica di questo prodotto per quanto riguarda l’acquisizione di nicotina. Penso che in questi prossimi anni avremo molta più letteratura sulla quale fare dei ragionamenti scientificamente corretti. Noi possiamo affidarci solo a studi che rispettino criteri universalmente riconosciuti dalla comunità scientifica e ad oggi a mio avviso ci mancano dati scientifici certi. Ma in un’ottica di riduzione del rischio, l’ecig non è comunque preferibile al tabacco? La riduzione del rischio va quantizzata, perché deve tradursi in una ricaduta importante dal punto di vista sanitario. Anche per questo esistono metodologie di analisi e di studio riconosciute. Una volta dimostrato questo, quantizzando l’effetto della riduzione del rischio, si può pensare anche a politiche di incentivazione in un’ottica di riduzione del danno. Ma voglio sottolineare che la nostra politica è quella della cessazione, il mio obiettivo è fumatori zero. Però il meglio rischia di essere nemico del bene. E infatti nell’attesa di arrivare a zero e nell’impegno di tutte le energie perché questo avvenga è giusto operare in un’ottica di riduzione del danno. È chiaro che, se si trova uno strumento che riduce il rischio di un grande fumatore che non riesce a smettere, questo va utilizzato e incentivato. Sono assolutamente aperta ad avere a disposizione del professionista della salute un ventaglio di prodotti che dimostrino la loro efficacia e che si uniscono a quelli di cui abbiamo già dimostrato l’efficacia. Supponiamo che nel 2018 lei raggiunga il suo obiettivo fumatori zero. Che succede se poi il Ministro dell’economia si trova in cassa 15 miliardi di euro di tasse sul tabacco in meno? Io ragiono in termini di salute e ritengo che sia vantaggioso e anche redditizio per la società essere composta da persone sane piuttosto che malate.  

Adriana Galgano: “Non solo salute, anche innovazione”

(tratto da Sigmagazine bimestrale numero 1 marzo-aprile 2017) Non sostiene la causa del vaping per partito preso e neppure per dovere di partito. Lo fa perché è profondamente convinta che la sigaretta elettronica sia un importante strumento di riduzione del danno. Lo scorso Natale l'ha regalata alle sue collaboratrici, spinta dalla ricerca inglese secondo cui l'ecig riduce i danni del tabacco di almeno il 95 per cento. Adriana Galgano è parlamentare italiana, deputata del gruppo Civici e Innovatori. La incontriamo nell'ufficio romano di vicolo Valdina, un ex convento ora adibito a sede di lavoro e di rappresentanza di alcuni gruppi parlamentari. Galgano fu tra i pochi rappresentanti delle istituzioni ad ascoltare le richieste degli operatori di settore in occasione della manifestazione del 2013 in piazza Montecitorio. Da allora si impegna nella salvaguardia e nella tutela del settore, mettendo a disposizione tutti gli strumenti alla sua portata: interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno. È riuscita anche a far calendarizzare un question time al ministro della Salute Lorenzin in diretta televisiva. Ma come nasce il suo interesse per il vaping? Sin da subito mi sono accorta che si stava introducendo una normativa punitiva nei confronti di un settore che invece tende a migliorare la salute e la qualità della vita dei cittadini. Non potevo consentire che il governo iper tassasse il settore. Le provai tutte per far capire che si trattava di una normativa dannosa, ma purtroppo non riuscii ad essere abbastanza convincente. Ho semplicemente portato avanti quanto il mio gruppo Civici e Innovatori sostiene sin dal nome: penso che la buona innovazione produca vantaggi e che debba essere sviluppata anziché bastonata fiscalmente. Da liberale aggiungo che un'elevata tassazione finisce soltanto per danneggiare il consumatore. Una cosa del genere sarebbe impensabile in qualsiasi altro Paese del mondo che avesse a cuore l'innovazione e la proiezione nel futuro. Sta dicendo che le aziende del vaping potrebbero accedere a contributi e finanziamenti in virtù dell'innovazione aziendale? Se sono aziende innovative sì, senza dubbio. Se hanno un laboratorio di Ricerca e sviluppo anche. Così come se sviluppano tecnologia relativa all'apparecchio elettronico, il software. Se si riuscisse a sviluppare un settore legato alla ricerca e all'applicazione dei risultati sia sul liquido che sulla progettazione, si potrebbe creare un polo di sviluppo settoriale con enormi potenzialità. Uno dei problemi del Paese è che è estremamente lento nella creazione di aziende in settori innovativi. Abbiamo bisogno di più velocità per creare occupazione e per compensare la perdita di innovazione nei settori tradizionali. Si chiama burocrazia... In alcuni casi si chiama burocrazia, altre volte si tratta di ostacoli posti intenzionalmente. E nel settore del fumo elettronico chi mette questi ostacoli? Perché è così difficile convincere il legislatore? Per tanti fattori. In primo luogo, da quello che ho visto, il Ministero della Salute ha un'impronta molto conservatrice e conservativa condivisa da una parte di parlamentari che considerano il cittadino qualcuno da proteggere da mille pericoli. E questo è un aspetto culturale difficile da superare. La classica figura dell'Italia-mamma. Esatto. Dell'Italia-mamma che deve proteggere tutto e tutti ad ogni costo. Da questo consegue una lentezza esasperante e uno scarso contatto del mondo politico con quello della ricerca. In ultimo, non dimentichiamo la costante ricerca di risorse economiche per far quadrare i conti statali. Si vanno a pescare ovunque sia possibile e in diversi casi non valutando le conseguenze. In Parlamento, lo dico con rammarico e tristezza, manca la cultura di valutare le conseguenze delle proprie scelte. Si ragiona sull'immediato, senza pensare al domani. Faccio un esempio: abbiamo imposto una tassazione a scopo sociale di un centesimo di euro sulle acque minerali. Posto che noi siamo contrari all'imposizione di qualsiasi nuova tassa, mi ha colpito che durante il dibattito in aula moltissimi considerassero un centesimo come un'inezia, senza calcolare qual è l'utile reale di un produttore su una bottiglia, che magari è proprio quel centesimo. Non bisogna valutarlo in valore assoluto ma in relazione ad un conto comparato tra profitti e perdite. Molto spesso emerge questa incapacità del legislatore di valutare un intervento in base ai conti economici dell'azienda. Un altro esempio chiaro è la tassa sui natanti che ha desertificato i porti italiani. O, per tornare al tema, quella sui liquidi da inalazione che ha favorito gli acquisti all'estero e l'online a discapito delle nostre attività produttive. Alla miopia politica spesso si aggiunge l'ostracismo dei gruppi di pressione del tabacco. Certamente, ma c'è anche da dire che lo Stato introita 11 miliardi di euro dal monopolio dei tabacchi, la metà di una manovra finanziaria. Ogni volta che si apre un pacchetto di sigarette, è un incasso garantito per lo Stato. Anche da questo, secondo me, dipendono le decisioni sbagliate sulle sigarette elettroniche. Gli operatori di settore sottolineano che il vapore non è fumo. La sigaretta elettronica e quella tradizionale hanno in comune soltanto parte del nome e, eventualmente, una dose di nicotina. Come si può dire che un liquido a zero nicotina al sapore di torta al limone è tabacco? Infatti la Corte costituzionale ha già sentenziato che non ci sono motivi per tassare una sigaretta elettronica che consente di aspirare qualcosa che non contiene né scorie tossiche da combustione né sostanze psicoattive come la nicotina. In Parlamento ho sostenuto che gli studi internazionali sono condotti seguendo protocolli internazionali e quindi hanno valenza universale. Bisognerebbe cominciare ad accettare quelli che ci sono, come quello inglese del Royal College of Physicians. In molti sostengono che è passato ancora troppo poco tempo per avere studi affidabili. Capirei il senso di questa frase se nel frattempo si procedesse a farne altri. Ma visto che non è così, questa risposta è risibile soprattutto sui liquidi che non contengono nicotina. I produttori di liquidi per sigarette elettroniche sostengono che una tassazione equa debba colpire la concentrazione di nicotina, mentre le multinazionali del tabacco chiedono che sia tassato il flacone di ricarica a prescindere dalla nicotina. Qual è la sua visione? Condivido l'impostazione della tassa proporzionale. Se la dannosità è legata alla quantità di nicotina, è chiaro anche che dobbiamo spingere il consumo verso i liquidi senza nicotina. Un flacone con meno nicotina è da incentivare e quindi è più intelligente mettere una tassa inferiore. Non ha veramente senso tassare i liquidi allo stesso modo. Ha lo spazio per tre tweet. Il primo rivolto ai consumatori. Scopri il piacere dell'innovazione e avvantaggia la tua salute, svapa elettronico. Il secondo ai negozianti. Svolgono un importante ruolo sociale nel momento in cui diffondono la cultura della sigaretta elettronica, soprattutto senza nicotina. Il terzo ai colleghi in Parlamento. Il fumo elettronico è uno degli ambiti in cui si misura il rapporto del Paese con l'innovazione. Per questo chiediamo l'alleanza con tutti coloro che si occupano di innovazione per portarla dentro il Parlamento e sostenerla.