Testata giornalistica destinata agli operatori del settore delle sigarette elettroniche - Registrazione Tribunale di Roma: 234/2015; Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017 - Best Edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - Partita Iva 14153851002

Salute pubblica, tra il bianco e il nero ci sono mille tonalità di grigio

Un articolo su Bloomberg offre molti spunti di riflessione anche sulle politiche sanitarie del nostro Paese.

Il dibattito su come le autorità di sanità pubblica affrontano alcune questioni dalle quali dipende la salute dei cittadini, non si limita ai confini nazionali. Da qualche giorno leggete su queste colonne critiche più o meno aspre alle posizioni intransigenti su qualsiasi possibilità di riduzione del rischio da fumo, espresse durante il convegno per la Giornata mondiale senza tabacco organizzato a Roma dall’Istituto superiore di sanità. E sembra farci quasi eco un articolo pubblicato oggi sul quotidiano statunitense Bloomberg, firmato dalla giornalista scientifica Faye Flam. “Sia che ci mettano in guardia conto i rischi dei grassi, del sale, dell’alcol o delle sigarette elettroniche – scrive Flam – le autorità di salute pubblica tendono a indurre in errore, seppure con le migliori intenzioni, presentando una semplificazione eccessiva: o è bianco o è nero”. Così facendo, continua la giornalista, “mettono sullo stesso piano i grandi rischi, quelli piccoli e quelli ipotetici, raccogliendoli sotto l’etichetta ‘non sicuro’”.
Negli Stati Uniti si assiste ormai da mesi ad una specie di crociata contro il vaping, dovuta ad un aumento dell’utilizzo della sigaretta elettronica fra i giovani (al quale corrisponde però una diminuzione dei tassi di fumatori). I media ci hanno ampiamente sguazzato, ma le autorità non sono state più prudenti, ricorrendo a termini come “epidemia” e “crisi di salute pubblica”. Il risultato, spiega Flam, è che si lancia “un messaggio fuorviante e terribile che priva le persone delle informazioni necessarie per bilanciare i potenziali rischi e i potenziali benefici”. Lo stesso si può dire per l’atteggiamento riscontrato alle nostre latitudini. Onestamente è difficile pensare che qualcuno possa davvero ritenere che uno strumento che non comporta combustione possa causare gli stessi danni del fumo. E allora perché privare i fumatori delle informazioni necessarie a compiere una scelta consapevole?
Nel suo articolo la giornalista ha sentito Peter Sandman, esperto indipendente di comunicazione del rischio che giudica “i messaggi anti-vaping dei Centers for Disease Control and Prevention disonesti e potenzialmente dannosi”. Gran parte della loro preoccupazione – spiega Sandman – si concentra sui milioni di adolescenti che hanno sperimentato con l’ecigarette. Ma gli stessi dati dimostrano un calo altrettanto importante nei fumatori della stessa età. “Questa è una notizia meravigliosa – commenta – resa solo un po’ meno meravigliosa dal fatto che lo svapo degli adolescenti è cresciuto”. E non è un caso che stiamo indugiando su questo tema, perché durante l’incontro all’Iss di venerdì scorso si è fatto un gran parlare del pericolo vaping e giovani e della possibilità che l’ecig funzioni come porta di ingresso per il fumo, facendo però riferimento ai numeri degli Stati Uniti.
Eppure, continua l’articolo, esiste in salute pubblica un approccio noto come riduzione del danno, che persino nel nostro Paese è praticato nei programmi per la tossicodipendenza. “Certo – scrive Flam – sarebbe meglio se nessuno si iniettasse droghe, ma nel nostro mondo imperfetto, gli aghi puliti salvano vite”. E anche il mondo dei fumatori è un mondo imperfetto, dove spesso non si riesce a smettere, non ci si reca in un centro antifumo, non si vuole essere trattati come paria, si vuole mantenere un piccolo piacere a fronte di un rischio ridotto. Alcuni Paesi, come il Regno Unito e altri, lo hanno capito e, piuttosto che abbandonare i fumatori al loro destino, hanno scelto di andare loro incontro. I Savonarola nostrani no.

Articoli correlati