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Documento dei medici tedeschi per una svolta sulle sigarette elettroniche

Position paper presentato al convegno dell'Università di Francoforte: apriamo le terapie ai nuovi strumenti.

Nonostante l’aumento degli studi internazionali che sostengono l’efficacia della sigaretta elettronica sia per la riduzione del fumo che per il suo completo abbandono, è ancora molto difficile convincere politici e operatori sanitari ad abbandonare lo scetticismo e intraprendere strategie conseguenti. Non sorprende dunque che il 60% dei tedeschi ritenga ancor oggi che svapare sia ugualmente o addirittura più dannoso che fumare. Questo avviene in un paese come la Germania, gravato da un tasso di fumatori ancora troppo alto in Europa (27,3%) e da una mortalità causata da malattie legate al fumo pari a 120.000 persone all’anno. Sono 328 al giorno.
La denuncia e allo stesso tempo l’appello a un cambio di marcia nelle politiche contro il fumo sono arrivati dal terzo convegno tematico organizzato ieri dall’Istituto sulle dipendenze di Francoforte (Institut für Suchtforschung Frankfurt am Main, Isff), in Germania, al quale Sigmagazine ha avuto l’occasione di partecipare. Un’intera giornata dedicata al confronto tra i maggiori esperti da Germania, Austria e Svizzera: da Tobias Rüther, medico specialista in psichiatria e psicologia dell’Uniklinikum di Monaco, a Martin Storck, chirurgo cardiovascolare allo Städtisches Klinikum di Karlsruhe, da Ute Mons, docente di epidemiologia cardiovascolare a Colonia, a Bernard-Michael Mayer, docente di farmacologia all’Università di Graz, a Wolfram Windisch, pneumologo alla Lungenklinik di Colonia. A tirare le fila di questa edizione completamente digitale a causa delle restrizioni per il covid-19, Heino Stöver, direttore dell’Isff e pioniere delle campagne per l’utilizzo dell’e-cig nell’area tedescofona e primo firmatario di un documento con cui un ampio fronte di scienziati e medici (tra cui alcuni partecipanti al convegno) chiede alle autorità tedesche di sperimentare nuove strategie e nuovi strumenti per ridurre il numero dei fumatori.
Prendendo spunto dalla fresca revisione di Cochrane sull’efficacia dell’e-cig nelle terapie di abbandono del fumo, Stöver ha sottolineato come sia sempre più evidente il vantaggio competitivo della sigaretta elettronica rispetto agli altri metodi alternativi al fumo come cerotti o gomme da masticare e come stiano via via cadendo teorie pessimistiche come quella dell’effetto gateway, che vedeva l’e-cig come anticamera di un passaggio al fumo soprattutto per i giovanissimi. La Germania si colloca all’ultimo posto in una classifica di 36 paesi nell’applicazione delle misure antifumo (l’Italia è al 15esimo posto), mentre la Gran Bretagna, con le sue strategie di attacco che comprendono anche il supporto alla sigaretta elettronica, occupa il primo posto. È ora di compiere una svolta ed è importante supportare gli strumenti alternativi di assunzione di nicotina non solo nelle terapie antifumo, ma anche in altri ambiti delle politiche sanitarie, comprese quelle di lotta alle tossicodipendenze, ha concluso Stöver.
Nel mirino dell’intervento di Tobias Rüther, anche lui quotidianamente alle prese con i problemi delle dipendenze a Monaco, l’approccio della politica alla lotta contro il consumo di tabacco. I dati dimostrano che ogniqualvolta il governo introduce restrizioni al fumo, il tasso di fumatori diminuisce: le regole producono dunque effetto, bisogna semplicemente adottarle e implementarle. Il tabacco è una catastrofe sanitaria, ha proseguito Rüther, l’80% di chi è dipendente ha iniziato a fumare tra i 12 e i 17 anni, è quindi necessario affidarsi a nuovi metodi per smettere e le strategie di riduzione del danno possono costituire una tappa verso l’obiettivo della completa disassuefazione.
Rüther ha fatto l’esempio dell’associazione tra sigarette (tradizionale ed elettronica) e il caffè: la prima è un’associazione immediata, la seconda molto più improbabile. Secondo alcuni studi, ha spiegato il medico bavarese, uno dei motivi potrebbe essere la maggiore velocità con cui la nicotina viene assunta attraverso l’aspirazione dalla sigaretta di tabacco. Si è misurato che con la sigaretta elettronica l’assunzione di nicotina è più lenta, così come anche il primo svapo mattutino avviene mediamente molto dopo il primo tiro di sigaretta tradizionale. L’esempio lascia supporre che la dipendenza potenziale dell’e-cig sia minore. È dunque necessario appropriarsi dei nuovi strumenti tecnologici potenzialmente in grado di rafforzare le strategie di disassuefazione dal fumo, senza demonizzare i liquidi con nicotina che risultano indispensabili per quei fumatori più resistenti alle terapie. Infine un appello a evitare il dual use, cioè il consumo contemporaneo di tabacco e vapore, a meno che non rappresenti una breve fase di passaggio verso il totale utilizzo della sigaretta elettronica.
L’esperienza quotidiana con i malati nei reparti di chirurgia vascolare è stata per Martin Storck, direttore del centro specializzato alla clinica statale di Karlsruhe, il motivo che lo ha spinto a un approccio pragmatico nei confronti della sigaretta elettronica. Guardando le loro condizioni ci si chiede sempre se non sia possibile fare tutto il possibile perché non si arrivi a quella condizione, dice Storck, che negli anni scorsi ha rotto il velo del conservatorismo che circonda la categoria dei medici anche in Germania. La nicotina rende dipendenti ma è un problema minore dal punto di vista cardiovascolare in quanto produce disturbi circolatori di breve periodo, come la caffeina, ha aggiunto, il vero punto critico è la combustione della sigaretta tradizionale. Come medici ci si trova di fronte al dilemma se consigliare i prodotti per la riduzione del danno, data la mancanza ancora di studi di lungo periodo che coprano un’esperienza di almeno 20 anni. E tuttavia gli studi finora realizzati, sebbene non escludano rischi residui, testimoniano che l’e-cig costituisce un rischio di molto inferiore rispetto al tabacco. Anche Storck richiama la revisione di Cochrane: 50 studi non sono pochi, sono molti di più che in altri settori medici, vale la pena aprire le terapie ai nuovi strumenti tecnologici.
È toccato a Wolfram Windisch, pneumologo alla Lungenklinik di Colonia, assumere la difesa degli scettici. Per chi cura le malattie polmonari la prudenza è un ferro del mestiere. Nel nostro campo il concetto di riduzione del danno è limitato, ha spiegato Windisch, per chi ha complicazioni ai polmoni la soluzione non è assumere un rischio minore ma nessun rischio. Chi ha una polmonite deve smettere di assumere qualsiasi sostanza, molto o meno nociva che sia. Spiegata la maggiore resistenza tra i medici pneumologi verso l’e-cig, Windisch non ha chiuso completamente le porte: non posso escludere che per alcuni gruppi specifici la sigaretta elettronica possa avere un effetto positivo ma l’esperienza ha insegnato che a volte ci si può trovare di fronte a problemi che non erano stati previsti. Lo pneumologo di Colonia ha poi ripercorso tutta la vicenda Evali, le malattie polmonari che hanno colpito numerosi pazienti in alcuni Stati degli Usa, rimarcando la responsabilità acclarata delle sostanze contenute in prodotti contaminati e illegali al Thc.
Nella seduta pomeridiana, focus sul declino della teoria del gateway, quella che ipotizzava il rischio di un flusso di giovani svapatori verso il consumo di tabacco. Jennifer Martens, del centro di ricerca sulle dipendenze all’Università di Francoforte, ha illustrato lo stato delle ricerche. Finora nessuno studio ha potuto affermare un legame causale tra il consumo di e-cig e quello di sigarette convenzionali. Al contrario si afferma una certa casualità nella successione tra vaping e fumo. Certo è, ha concluso Martens, che la percentuale di giovani fumatori regolari è in costante diminuzione. Una tendenza che non ha affatto risentito dell’arrivo sul mercato delle sigarette elettroniche.
Qui il Position paper dei medici e degli scienziati tedeschi.

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