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“Ecco perchè vietare le sigarette elettroniche sul web è grave errore”

Riceviamo e pubblichiamo il punto di vista di un imprenditore attivo nel commercio elettronico che critica le scelte governative di limitare la vendita on line dei prodotti con contrassegno fiscale.

Credo che i depositi e rappresentati fiscali di prodotti liquidi da inalazione non siano d’accordo con molte delle cose che si sono lette in questi giorni. A dir la verità, facendo riferimento ai comunicati giunti da diverse parti del settore della sigaretta elettronica (incluso il comunicato di Anpvu) nessuno sembra esser soddisfatto o convinto della efficacia della recente legge che limita la vendita online per i liquidi da inalazione.
Praticamente la soluzione proposta al contrasto del mercato illecito è la chiusura totale o comunque la forte limitazione dell’unico canale lecito, regolamentato ed autorizzato alla vendita online di liquidi da inalazione. Perchè è chiaro che (come già fatto notare dalla più importante associazione del settore) le vendite online non possono reggersi sulla spedizione degli ordini dei consumatori solo presso negozi su strada e tabaccherie, che dal mio modesto punto di vista hanno pienamente ragione a non volersi prestare come “intermediari” per ovvie ragioni.
Privando la vendita online dell’unico canale lecito autorizzato rimarrebbero solo i siti illegali che si vedrebbero automaticamente proclamare unico canale di vendita disponibile per il consumatore che acquista sul web.
Ricordiamo una volta per tutte che i depositi fiscali oltre a garantire e versare l’imposta di consumo salvaguardando le entrate erariali vendono solo prodotti autorizzati dal Ministero della Salute, dotati di codice Pli assegnatogli dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Ci sono inoltre diversi punti critici facilmente riscontrabili. Ad esempio la lista di negozi autorizzati Adm comprende anche quelli chiusi definitivamente, mentre quelli aperti non indicano giorni e orari di chiusura e/o ferie (che ovviamente sono in aggiornamento continuo) pertanto si rischierebbe di spedire migliaia di pacchi presso attività chiuse o non più esistenti, generando giacenze, confusione, inefficienze m ritardi ed inutili costi di riconsegna.
Per quanto riguarda il divieto di vendita a minori invece, con apposito direttoriale i depositi fiscali devono richiedere un documento di identità atto a verificare la maggior età del consumatore. Chi risponde che tale norma è “aggirabile” dal consumatore stesso, replico che in abbinamento alla richiesta di un documento di identità online vengono accettati solo pagamenti elettronici normalmente utilizzabili esclusivamente da maggiorenni (fatto salvo per il contrassegno che potrebbe essere rimosso).
Un’altra soluzione, come già è stato suggerito, è quella di utilizzare specifica spedizione che preveda l’esibizione di un documento anche all’atto della consegna da parte del corriere.
Una piccola riflessione: obbligare il consumatore che ha smesso o sta smettendo di fumare a ritirare i liquidi ordinati in una tabaccheria non è controproducente oltre che incoerente?
Vorrei inoltre ricordare che il canale delle vendite online è largamente utilizzato da persone con disabilità alle quali verrebbe tolta non solo la libertà di scelta ma anche il diritto ad un prodotto a rischio ridotto per poter smettere di fumare.
Mi auguro che un costruttivo confronto tra le associazioni di settore – che ringrazio per il continuo impegno – e le istituzioni possa portare ad una opportuna soluzione.
Un’altra riflessione sempre per il rispetto del divieto di vendita a minori: possiamo vedere giornalmente minorenni fumare sigarette tradizionali che però online non sono vendute. Ai lettori le dovute considerazioni.
Nicola Romanelli
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