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Ritirato studio che associa sigaretta elettronica e malattie del fegato

Ancora un lavoro scientifico contro il vaping ritirato dopo un anno dalla pubblicazione. Ma il danno della disinformazione resta.

Ancora uno studio sui presunti danni della sigaretta elettronica viene ritirato dalla rivista medica che lo aveva pubblicato. Questa volta si tratta di Gastroenterology Reserch, che pubblica lavori scientifici peer-reviewed, mentre la ricerca in questione si intitola “Association of Smoking and E-Cigarette in Chronic Liver Disease: An NHANES Study” e conta ben tredici autori, provenienti da diversi ospedali e atenei americani e uno equadoriano. I ricercatori basandosi sui dati autoriportati dell’indagine National Health and Nutrition Examination Survey dal 2015 al 2018, stabiliva un legame fra la sigaretta elettronica, a prescindere dalla frequenza d’uso, e le malattie epatiche.
Dopo circa un anno dalla sua pubblicazione, avvenuta a giugno del 2022, la rivista ritira lo studio con questa nota. “Dopo la pubblicazione di questo articolo – scrive l’ufficio editoriale della rivista – sono state sollevate preoccupazioni in merito alla metodologia dello studio, all’elaborazione dei dati di origine inclusa l’analisi statistica e all’affidabilità delle conclusioni, gli autori non sono riusciti a fornire spiegazioni e confutazioni valide per queste preoccupazioni, quindi questo articolo è stato ritirato su richiesta del caporedattore”. Di più non è dato sapere sulla natura delle “preoccupazioni” sollevate, come fa sapere Ben Adlin del magazine americano Filter, la linea editoriale della rivista impedisce di rendere nota la lettera di “accusa” in mancanza di risposta da parte degli autori.
Si possono quindi fare solo delle supposizioni, anche sulla base delle motivazioni che hanno portato al ritiro di altri due studi che associavano la sigaretta elettronica a maggiore rischio di infarto e al tumore. In entrambi i casi il dato mancante era quando gli intervistati avevano iniziato a svapare rispetto alla diagnosi della patologia e il loro passato di fumatori. Da analisi più accurate dei dati, si era infatti scoperto che non solo molti partecipanti al sondaggio erano stati accaniti fumatori, ma avevano scoperto la malattia prima di passare all’e-cigarette.

Ray Niaura

Secondo il docente di Epidemiologia della New York University Ray Niaura, sentito da Filter, potrebbe essere accaduto qualcosa di simile. “Un problema – ha spiegato – riguarda proprio i dati del National Health and Nutrition Examination Survey”. L’unica domanda sul vaping è piuttosto vaga (“Hai mai usato una sigaretta elettronica?”). “Un tipo di variabile debole che non significa molto”, commenta Niaura. Ma soprattutto, continua l’epidemiologo, i dati dell’indagine non consentono l’analisi dei tempi, rendendo impossibile stabilire qualcuno ha sviluppato una malattia del fegato prima o dopo aver iniziato a fumare e/o svapare. Insomma, uno degli errori ricorrenti degli studi sulla sigaretta elettronica denunciati Da Brad Rodu e Nantaporn Plurphanswat del James Graham Brown Cancer Center della University of Louisville, negli Usa, sulla rivista Internal Emergency Medicine.
Tutto bene? Non proprio. Purtroppo queste ritrattazioni tardive da parte delle riviste scientifiche non riescono a riparare il danno causato da studi inaccurati. Il lancio dei risultati di queste ricerche raggiunge facilmente i titoli dei media e quindi il grande pubblico, mentre la notizia del loro ritiro è spesso relegata a siti specializzati, consultati solo dagli addetti ai lavori. Lo dimostra proprio il lavoro che associava l’e-cig e l’aumento del rischio di infarto di cui parlavamo prima. Nel 2020 e ben sette mesi dopo che la rivista scientifica lo aveva ritirato giudicando inaffidabili i suoi risultati, l’Organizzazione mondiale di sanità lo inserì in un documento intitolato “Tobacco & coronary heart disease”, a dimostrazione della pericolosità del vaping. La notizia del ritiro dello studio non era evidentemente giunta alle orecchie della maggiore istituzione di salute pubblica mondiale.
Per questo sarebbe forse ora che le riviste scientifiche si assumessero maggiori responsabilità su quello che pubblicano, rivedendo i processi di revisione degli studi che, evidentemente, non sempre sono rigorosi come dovrebbero.

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