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Studio: la sigaretta elettronica non spinge i giovani al fumo

Un team di ricerca internazionale ha paragonato i dati di Paesi con politiche di tobacco control simili ma atteggiamenti opposti sul vaping.

Un nuovo studio osservazionale indica che l’uso di prodotti con nicotina a rischio ridotto, come la sigaretta elettronica, starebbe contribuendo a ridurre i tassi di fumo e dunque, smentisce la teoria che il vaping spingerebbe i giovani al fumo, il cosiddetto “gateway effect”. Il lavoro è stato pubblicato ieri su Public Health Research con il titolo “Effects of reduced-risk nicotine-delivery products on smoking prevalence and cigarette sales: an observational study”. Gli autori sono tutti nomi noti della ricercar sulla riduzione del danno da fumo: Anna Phillips-Waller e Peter Hajek della Queen Mary University di Londra, Emma Beard, Lion Shahab e Martin Jarvis dello University College London e David Sweanor dell’Università di Ottawa, in Canada, coordinati da Francesca Pesola della Queen Mary University di Londra.
Lo scopo dello studio era proprio cercare di capire se l’uso di questi prodotti favorisca il fumo, oppure se aiuti i fumatori a smettere e allontani dal tabacco combusto quei giovani che sono attratti dalla nicotina. Un aspetto molto importante in questa fase sia per la salute pubblica che per i legislatori. Per farlo, i ricercatori hanno esaminato i dati nel tempo sul fumo e sui prodotti a rischio ridotto, confrontando anche i tassi di fumo di Paesi con storie simili nel campo del controllo del tabacco, ma politiche molto diverse per quanto riguarda i prodotti alternativi. Nello specifico sono stati paragonati Regno Unito e Stati Uniti, che consentono la vendita di e-cigarette e altro, con l’Australia, che invece la vieta.

I risultati, avvertono gli autori, devono essere considerati provvisori a causa dei limiti dei dati a monte. Tuttavia, affermano i ricercatori, non è stata trovata un’associazione tra i tassi di fumo e i tassi di utilizzo di prodotti alternativi alla nicotina. Al contrario, il calo della prevalenza del fumo sembra essere stato più lento in Australia che nel Regno Unito in generale, e più lento che nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America tra i giovani e anche nei gruppi socioeconomici più bassi. Anche il calo delle vendite di sigarette ha subito un’accelerazione più rapida nel Regno Unito che in Australia. Insomma, sembra ripetersi l’esperienza del Giappone, dove l’aumento delle vendite di prodotti a base di tabacco riscaldato è stato accompagnato da un calo delle vendite di sigarette.
I ricercatori scrivono quindi nelle conclusioni: “Abbiamo rilevato alcune indicazioni che i prodotti alternativi alla nicotina competono con le sigarette piuttosto che promuovere il fumo e che le normative che ne consentono la vendita sono associate a una riduzione piuttosto che a un aumento del fumo, ma i risultati non sono definitivi a causa di dati insufficienti e problemi con le ipotesi delle analisi statistiche predefinite”. Limiti che però non tolgono significato a un elemento importante e cioè che non emerge niente che indichi che il vaping incoraggi il fumo. Anzi.

Peter Hajek

I risultati di questo studio alleviano le preoccupazioni che l’accesso alle sigarette elettroniche e ad altri prodotti a basso rischio a base di nicotina possa favorire il fumo. Non ci sono prove di ciò, in realtà ci sono alcune prove che competono con le sigarette, ma sarebbero necessari dati aggiuntivi su un periodo più lungo per determinare l’entità di questo effetto”, commenta infatti Peter Hajek. “Un’analisi dettagliata dei dati non mostra alcun segno che la sigaretta elettronica e altre alternative a basso rischio alle sigarette forniscano una via d’accesso al fumo, confutando uno dei principali argomenti utilizzati per attaccare questi prodotti. Ma per determinare in che misura questi nuovi prodotti stanno sostituendo le sigarette, abbiamo bisogno di più dati”, gli fa eco David Sweanor, che poi conclude: “Sostituire le sigarette, che sono la causa di oltre 8 milioni di morti all’anno in tutto il mondo, costituirebbe un progresso enorme per la salute pubblica”.

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