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Sigarette elettroniche, Trump fa dietrofront: gli aromi rimangono in commercio

Il tanto temuto flavour ban non ci sarà. Il presidente convinto anche dal grande lavoro di persuasione fatto da think tank e fondazioni di area conservatrice.

Il tanto temuto divieto federale per i liquidi con gusti diversi dal tabacco non ci sarà negli Stati Uniti. Almeno non per il momento. Che qualcosa non stesse andando per il verso desiderato dai fautori del divieto, in particolare dal segretario della salute Alex Azar, si intuiva già da qualche giorno. Dopo il veemente annuncio dello scorso 11 settembre, in cui il ministro, il presidente Donald Trump e la first lady Melania avevano tuonato contro la sigaretta elettronica, la misura era attesa per ottobre. I rinvii si sono succeduti di settimana in settimana, con indiscrezioni su possibili esenzioni, fino al tweet dell’11 novembre, in cui il presidente annunciava di avere in agenda incontri con “i rappresentanti dell’industria del vaping, insieme ai professionisti sanitari e i rappresentanti dei singoli Stati per trovare una soluzione accettabile al dilemma delle sigarette elettroniche”, sottolineando di voler tutelare al contempo la salute dei minori e i posti di lavoro.
Oggi Donald Trump sembra voler fare un passo indietro sulla questione e rimettere il divieto nel cassetto. Almeno per ora. I suoi consiglieri spiegano che il presidente era stato trascinato nelle dichiarazioni da alcuni collaboratori (Azar in primis), senza avere una accurata conoscenza della materia. Nei due mesi trascorsi dalla famosa conferenza stampa, il mondo del vaping – industria, negozianti, consumatori e rivenditori – non è stato con le mani in mano e hafatto sentire il fiato sul collo a Donald Trump. Dalle massicce campagne social che, con cadenza quotidiana, ricordavano l’importanza degli aromi per gli adulti che vogliono smettere di fumare e dell’occupazione che girava intorno al vaping, si è arrivati alla grande manifestazione tenuta a Washington lo scorso 9 novembre. Il quotidiano Washington Post riporta che il presidente, per recarsi ad una partita di football, ha sorvolato in elicottero i manifestanti, rimanendo impressionato.
Un grande lavoro di persuasione è stato fatto anche da think tank e fondazioni di area conservatrice, che hanno argomentato come un divieto di questo tipo andasse contro le politiche promesse e attuate da Trump. Ma non solo. Americans for tax reform di Groover Norquist è andata oltre e ha calcolato, sui dati delle precedenti elezioni, come una misura contro gli aromi nei liquidi per sigaretta elettronica avrebbe avuto buone possibilità di costare al presidente la rielezione nel 2020. Probabilità confermata anche da un sondaggio commissionato dalla Vapor Technology Association.
Nel frattempo si sono verificati altri due eventi importanti. L’azienda californiana Juul Labs, da molti indicata come responsabile della diffusione del vaping fra i minori, ha ritirato dalla vendita prima le pod ai gusti dolci e fruttati e poi quelli alla menta. E, soprattutto, Michael Bloomberg – miliardario, ex sindaco democratico di New York, sostenitore e finanziatore della campagna contro gli aromi – ha cominciato a far circolare l’ipotesi di una sua candidatura alla carica di presidente degli Stati Uniti. Farsi dettare l’agenda da un possibile concorrente, non sarebbe una mossa lungimirante per Trump.
Dunque per il momento il presidente ha deciso di soprassedere e di continuare ad approfondire la questione. Il mondo del vaping americano, per il momento, può tirare un sospiro di sollievo, anche se la misura non è stata definitivamente cancellata dall’agenda e con una personalità volitiva come quella di Donald Trump è difficile dormire sonni tranquilli. Ma per adesso la lezione è che il settore, quando è unito, riesce a far sentire la propria voce.

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