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Usa, Scott Gottlieb: un prodotto con Thc non è una sigaretta elettronica

Duro attacco dell'ex commissario della Fda. Intanto Glantz, il papà del Gateway effect, attacca Public Health England.

Se un prodotto contiene Thc, non è una sigaretta elettronica. Sigaretta elettronica è una definizione specifica prevista dalla attuale regolamentazione: è un sistema elettronico di somministrazione della nicotina (Ends) ed è considerato un prodotto del tabacco. Uno strumento che serve specificatamente per svapare Thc è illegale per la legge federale e non è una sigaretta elettronica”. A fare questa fondamentale differenza non è un attivista del vaping o un produttore di liquidi, ma l’ex commissario della Fda Scott Gottlieb, che da giorni lamenta dal suo profilo Twitter la confusa gestione della crisi di malattie polmonari degli Usa.
Gottlieb non dice esplicitamente a che è rivolta questa accusa, ma un suo  ulteriore commento dà l’impressione che, più che i media, nel mirino dell’ex commissario ci siano le autorità sanitarie che stanno seguendo il caso. “La mia opinione – scrive – è semplicemente che, se sai che un prodotto al Thc fa del male a qualcuno, non lo chiami sigaretta elettronica, lo chiami ‘Thc vape’ o prodotto per svapare Thc. La terminologia è importante per aiutare i consumatori a indentificare quali prodotti causano quale tipo di rischi. È per questo che abbiamo elaborato un sistema di denominazione”.
Poche ore prima dello sfogo di Gottlieb, infatti, il Centres for Disease Control and Prevention aveva finalmente pubblicato un report in cui riconosceva il ruolo delle cartucce precaricate al Thc provenienti dal mercato illegale, facendo anche il nome del brand Dank Vapes, ma continuando a parlare di “e-cigarette” e “vaping”. Certamente il Cdc è obbligato ad usare il principio della massima precauzione per tutelare i cittadini americani. Ma, proprio a questo scopo, sarebbe forse stato opportuno lanciare prima un allarme chiaro sui rischi di un prodotto specifico, di cui fra l’altro si parlava fra gli addetti ai lavori almeno dai primi di luglio.
I danni di questi mesi di caccia alle streghe, di titoli strillati e di panico somministrato a cucchiaiate rischiano di essere enormi per uno strumento nato per aiutare i fumatori a ridurre il danno da fumo. Governatori americani hanno vietato la vendita di liquidi con gusti diversi dal tabacco; nazioni piagate dall’uso del tabacco, come l’India, hanno proibito la sigaretta elettronica, dichiarando di farlo per proteggere la salute dei cittadini; e i detrattori dell’e-cig hanno guadagnato fiato e coraggio in tutto il mondo.
Ne è un esempio Stanton Glantz, il docente dell’Università di San Francisco a cui si deve il Gateway effect, cioè l’idea che il vaping sia la porta d’ingresso del fumo, una teoria che non ha mai trovato conferma nei dati, ma che continua a suggestionare schiere di esperti del tobacco control. Dalle colonne dell’Observer, il domenicale edito dal gruppo del Guardian) Glantz attacca addirittura Public Health England, la vera spina nel fianco di tutti i proibizionisti. I colleghi dell’agenzia britannica che promuove l’e-cig, vengono descritti come gli adepti di “un culto religioso”, “sposati alla sigaretta elettronica”; le affermazioni di Phe, che ha tranquillizzato i consumatori, definite “francamente ridicole” e “stupide”. Alla fine del suo intervento, Glantz lancia il suo anatema: la malattia polmonare potrebbe presto arrivare in Gran Bretagna.
E con tempismo prodigioso il Mail Online pubblica la storia di Terry Miller, operaio 57enne con un passato quasi quarantennale da fumatore, deceduto per malattia polmonare otto mesi dopo essere passato alla sigaretta elettronica. Il fatto è avvenuto nel 2010, quando il settore del vaping era ancora agli albori, non regolamentato e Public Health England ancora non esisteva. Al tempo si era concluso che Miller fosse deceduto a causa del fumo e si era parlato di oli all’interno dei liquidi (che non ne dovrebbero contenere). Oggi qualcuno ha pensato che è il momento giusto per ritirare fuori questa sfortunata vicenda.

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