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E-cigarette Summit 2023, monouso e minori al centro del dibattito

Il parterre di scienziati è stato concorde nel non credere nell'efficacia dei divieti e suggerire altre possibili soluzioni.

Sigarette elettroniche monouso, consumo minorile e disinformazione sono stati fra i principali temi dell’undicesima edizione dell’E-cigarette Summit che si è svolto ieri, giovedì 16 novembre, per la seconda volta nella prestigiosa sede del Royal College of Physicians di Londra. Ancora una volta, dunque, i protagonisti anglofoni più prestigiosi della ricerca scientifica nel campo del vaping e della riduzione del danno da fumo si sono riuniti per fare il punto sulla situazione nel Regno Unito e nel resto del mondo. Ed era naturalmente inevitabile, a fronte del dibattito in corso nel Paese ospitante e delle nuove proposte del governo Sunak, che si partisse proprio da dispositivi usa e getta e consumo minorile.
Di questo si è occupata, dopo l’introduzione di Ann McNeill, soprattutto Caitlin Notley, docente di Scienze della dipendenza presso la University of East Anglia. Notley ha portato nel dibattito proprio la voce e le opinioni in materia dei giovani, troppo spesso non prese in considerazione né da chi fa ricerca né da chi fa le leggi. E ha evidenziato quelli che, secondo lei, sono i veri problemi. Vale a dire il fatto che esista una errata percezione dei rischi, che porta i minori a fumare e svapare in maniera interscambiabile, convinti che i due comportamenti siano ugualmente dannosi. Questo è dovuto soprattutto al fatto che i media si sono concentrati molto sulla sigaretta elettronica, facendo passare in secondo piano i danni, molto più ingenti, del fumo. Anche sui rimedi proposti per arginare l’uso minorile, Notley ha espresso i suoi dubbi, suggerendo che eventuali divieti avrebbero come conseguenza la creazione di un mercato illegale parallelo e un aumento del fumo di tabacco.
Timori che hanno trovato conferma nella seconda sessione di lavori dedicata a “Politiche e ricerca” nell’intervento di Abigail Friedman. La ricercatrice della Yale University ha infatti illustrato il suo ultimo studio che dimostra come negli Stati Uniti i divieti sugli aromi per e-cig hanno sì avuto come risultato un calo delle vendite dei prodotti del vaping, ma anche un aumento di quelle delle sigarette tradizionali. Un autogol in termini di salute pubblica. Alcune soluzioni alternative su come affrontare il problema dell’uso dei minori sono venute dall’intervento di Eve Taylor, dottoranda e ricercatrice presso il King’s College di Londra. In base a un suo progetto di ricerca, standardizzare le confezioni di sigarette elettroniche e liquidi, diminuirebbe l’interesse dei giovani senza avere un particolare effetto sugli adulti, specialmente i fumatori. Anche descrizioni degli aromi essenziali aiuterebbero a non attirare i minori. Anche Harry Tattan-Birch, ricercatore presso lo University College di Londra, ha messo in guardia contro le conseguenze indesiderate di vietare le e-cig monouso, suggerendo altre opzioni per fermare l’uso minorile. Per esempio una migliore vigilanza sul rispetto delle norme che impediscono la vendita ai minori, regolamentazioni sulle confezioni e la pubblicità dei prodotti, limiti alle descrizioni degli aromi e l’introduzione di una tassa specifica solo per le usa e getta.
Molto spazio è stato dato anche alle ricerche scientifiche e alle politiche che vedono la sigaretta elettronica come parte della soluzione al problema del fumo. Peter Hajek della Queen Mary University di Londra, ha illustrato i risultati dell’ultima revisione Cochrane, di cui è coautore, che sancisce con elevata certezza la maggiore efficacia della sigaretta elettronica per smettere di fumare rispetto alle altre terapie sostitutive con nicotina, escludendo effetti collaterali importanti. Invece Martin Dockrell, a capo del Tobacco Cintrol Programme dell’Office of Heath Improvement and Disparities (già Public Health England), si è soffermato sul programma “Swap to stop”, annunciato dal governo inglese, che fornirà un milione di sigarette elettroniche ad altrettanti fumatori. “Si tratta del programma di lotta al fumo più ambizioso e completo degli ultimi vent’anni”, ha commentato Dockrell.
A tirare le somme della giornata è stato Robert West,  docente emerito di Psicologia della salute presso lo University College, di cui vogliamo citare le parole. “Gli operatori della sanità pubblica – ha detto – si preoccupano del consumo di tabacco, perché esso è molto dannoso per la salute. Il nostro compito è scoprire come ridurlo al livello più basso possibile, idealmente a zero, in modi che siano accettabili per il pubblico e i politici. A mio avviso non è nostro compito essere custodi della moralità pubblica. Né è nostro compito dire al pubblico cosa dovrebbe pensare. Ci sono considerevoli rischi legati alla confusione tra obiettivi morali e sanitari nella sanità pubblica, non ultimo il fatto che, se il pubblico ci vede come predicatori, perde fiducia in noi quando facciamo dichiarazioni scientificamente valide sui danni alla salute e proponiamo politiche e interventi per contrastarli. Probabilmente, nel dibattito sulle sigarette elettroniche, le opinioni morali su ciò di cui le persone dovrebbero e non dovrebbero godere, hanno portato ad affermazioni fuorvianti da parte di alcuni professionisti della sanità pubblica e organizzazioni sanitarie molto influenti. Ci troviamo ora di fronte a un altro bivio nelle scelte politiche sulle sigarette elettroniche e dobbiamo essere riflessivi e umili nelle dichiarazioni sui potenziali danni e benefici di particolari politiche, facendo sempre del nostro meglio per utilizzare il moderno pensiero sistemico quando valutiamo gli impatti delle diverse scelte politiche e prendendo in considerazione il panorama politico e commerciale”.
Un invito che dovrebbe essere accolto da tutti gli operatori e le istituzioni sanitarie, ben oltre i confini del Regno Unito.

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