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“La Tpd 3 deve tenere conto della riduzione del danno da fumo”

Le potenzialità di sigaretta elettronica e altri strumenti a rischio ridotto al centro di un incontro con esperti ed europarlamentari.

Se la nuova Direttiva europea sui prodotti del tabacco (Tpd) non terrà in considerazione la riduzione del danno da fumo, causerà la morte di molte persone senza una vera ragione”. Non usa mezze parole Jindřich Vobořil, Coordinatore nazionale per le droghe del governo della Repubblica Ceca, che dal 1° luglio ricopre il semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea. Il rappresentante ceco è intervenuto in un interessante incontro organizzato dallo svedese Environment and Public Health Institute nella sede brussellese del Parlamento europeo e a cui hanno partecipato, fra gli altri, la parlamentare svedese Sara Skyttedal e l’italiano Pietro Fiocchi. Tema del dibattito moderato da Geoff Meade: nicotina e società, in vista della Tpd 3.
Nel suo intervento Vobořil ha ribadito la posizione, sua e del suo governo, favorevole alla riduzione del danno da fumo e ai nuovi strumenti che la consentono, prima fra tutti la sigaretta elettronica. Dalla sua lunga esperienza di psicologo ed esperto di dipendenze, il ceco ritiene che una legislazione basata sull’astinenza sia un errore e che l’Ue dovrebbe basarsi sulle evidenze scientifiche e sulla riduzione del danno. “La dipendenza – ha spiegato – non uccide e la nicotina non è più pericolosa della caffeina. È la combustione che uccide”. E nel campo delle dipendenze, ha continuato, i programmi che funzionano sono quelli che prevedono una sostituzione, non importa se fornita dal medico o dal mercato, come nel caso dei prodotti alternativi al fumo. I divieti invece, secondo il ceco, provocano comportamenti ancora più rischiosi. “Se proprio dobbiamo avere una legislazione europea – ha concluso Vobořil – questa deve promuovere tutte le alternative al fumo (e-cigarette, snus, bustine di nicotina, riscaldatori) come principale modo per aiutare i fumatori”.
La riduzione del danno dovrebbe essere il principio guida anche secondo l’italiano Pietro Fiocchi. Secondo lui bisognerebbe incentivare il passaggio ai prodotti senza combustione attraverso l’incentivo fiscale, tassando le sigarette tradizionali molto di più dei dispositivi a rischio ridotto, punendo di fatto il fumo e promuovendo le alternative. “L’harm reduction – ha spiegato – è la chiave”. Ma non ha nascosto le difficoltà della situazione. Con un parere della Commissione contrario, un Parlamento dal potere limitato e un Consiglio in cui pesano come macigni gli interessi economici dei singoli Paesi (a cominciare da quelli che investono nel tabacco), è difficile prevedere cosa succederà, ha concluso Fiocchi.
Incertezza condivisa dalla svedese Skyttedal, che si è dichiarata “non ottimista” sulla possibilità che la Commissione adotti la riduzione del danno. Secondo la parlamentare il grosso problema è che il legislatore ha scelto di combattere la dipendenza, invece di combattere il cancro e le malattie derivanti dal consumo di tabacco. Eppure l’esempio della Svezia è chiaro. Il Paese ha un tasso di consumo di nicotina e tabacco nella media europea, ma il tasso di cancro più basso del continente. “Perché non fumiamo il tabacco, consumiamo lo snus”, cioè le bustine che si mettono sotto il labbro superiore, vietate in tutta Europa con l’eccezione appunto della Svezia. La dimostrazione che, ha concluso Skyttedal, “cambiare il modello del consumo di nicotina sarebbe un guadagno enorme per la salute pubblica”. Le sigarette elettroniche e gli altri prodotti alternativi possono fare proprio questo, a patto che il legislatore tolga i paraocchi dell’ideologia.

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