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Sigarette elettroniche: se l’Italia piange, l’Europa non ride

"Paese che vai, legge che trovi", verrebbe da dire. E questo è evidente più che mai quando si parla di vaping, anche all'interno della stessa Europa, dove ci si aspetterebbe una linea comune. Ma non è così. E mentre in Italia il settore guarda con preoccupazione al futuro, stretto fra una tassa esorbitante sui liquidi da inalazione e il decreto che accoglie i negozi specializzati sotto il poco confortevole ombrello di Aams, anche negli altri Paesi si registrano novità. Nella vicina Grecia la più alta corte amministrativa, il Consiglio di Stato, ha appena decretato che le sigarette elettroniche sono soggette in tutto e per tutto alla legge 4410/2016 e relative decisioni ministeriali sul fumo convenzionale. Questo significa, riporta l'agenzia ANA-MPA che "devono sottostare alle stesse restrizioni previste per il fumo di sigarette, compreso il divieto di uso in luoghi pubblici, sui mezzi di trasporto e per quanto riguarda la pubblicità". La riaffermazione della Corte arriva a motivare il rigetto di una petizione presentata da un'associazione del settore del vaping greca. Anche in Francia il mondo del vapotage è in fermento per una decisione del governo. Ieri il primo ministro, Edouard Philippe, e il ministro della sanità, Agnés Buzyn, hanno annunciato che, in concomitanza con l'aumento del prezzo delle sigarette, lo Stato si accollerà i costi delle terapie sostitutive a base di nicotina per tutti i fumatori che decidono di smettere. Il rimborso, però, vale per farmaci, gomme, cerotti, ma non per le sigarette elettroniche, dunque chi vuole smettere con l'ecig non potrà beneficiare di alcun sostegno. Le critiche da parte dei vapers sono di diversa natura: da chi osserva che un fumatore che spende 8 euro al giorno per le sigarette può ben pagarsi le terapie sostitutive, a chi accusa apertamente il governo di aver fatto un favore all'industria farmaceutica. Episodio interessante anche nel Regno Unito, dove la settimana scorsa, a Westminster, si è riunito l'All Party Parliamentary Group (il gruppo che riunisce rappresentanti di tutti i partiti), insieme a rappresentanti della British Beer and Pub Association, dell'industria del vaping, di New Nicotine Alliance e del Trade Union Congress, la federazione che riunisce tutti i sindacati del Paese. L'incontro, descritto da Planet of the Vapes come "molto dinamico", aveva come scopo di discutere la recente raccomandazione del governo di favorire le alternative al tabacco sui luoghi di lavoro. E già che c'erano, i parlamentari chiedevano anche che l'uso della sigaretta elettronica fosse permesso all'interno e nelle pertinenze del Parlamento. Ora, infatti, i vapers sono relegati all'esterno del palazzo in delle micro vaping area, che fra l'altro pochi utilizzano. "Il divieto è così stupido – ha commentato il deputato Stephen Metcalf – che i parlamentari lo ignorano, che non è il massimo per i legislatori". "Questo divieto nasce dalla smania di controllo e si basa su ignoranza scientifica – ha fatto eco Lord Ridley – Cerchiamo di discutere in maniera sensata su dove sia educato svapare, ma proibire ai parlamentari l'uso della sigaretta elettronica nei loro uffici privati è più che stupido. Vogliamo aiutare le persone ad abbandonare il tabacco, non spingerle a tornare a fumare". Jessica Harding, presente all'incontro per New Nicotine Alliance, ha raccontato a Planet of the Vapes che i parlamentari erano tutti ben informati e intenzionati a trovare una soluzione. Nessun problema da parte dei gestori di pub: Jim Cathcart ha spiegato che ogni pub decide autonomamente se permettere o meno il vaping nel suo locale. Ma il niet è arrivato dal rappresentante dell'unione sindacale, Robert Baugh, deciso a impedire l'ingresso del vaping sui luoghi di lavoro, preoccupato per gli effetti del vapore passivo e della nicotina. E a nulla è valso presentargli le posizioni delle istituzioni sanitarie e le ricerche scientifiche. "Ha rifiutato l'intero corpo di prove scientifiche di Cancer Research UK, ASH, Public Health England, Royal College of Physicians, Royal Society for Public Health, British Medical Association", ha commentato stizzita Harding.

Decreto Aams, reazioni e commenti della filiera della sigaretta elettronica

È "moderatamente positivo" il giudizio a caldo della presidente dell'associazione dei negozianti Anide, Elisabetta Robotti. Dopo una prima lettura del decreto direttoriale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che specifica requisiti e obblighi per i negozi specializzati in prodotti del vaping, Robotti evidenzia alcuni aspetti positivi: "Così si ripulirà il mercato, evitando che liquidi e sigarette elettroniche siano venduti anche dal calzolaio. Ritengo sia opportuno chiedere ad Aams l'autorizzazione, che ci consentirà di lavorare più protetti". Ma, sottolinea la presidente Anide, "rimane il problema della tassa troppo alta" che a questo punto è la vera priorità. "Il disegno è limitare a zero qualsiasi tipo di forzatura: chi entra in questo mercato deve rispettare regole", commenta Fabio Regazzi, fondatore di Categoria e particolarmente interessato al canale di vendita di farmacie e parafarmacie, anch'esse comprese dal decreto. "Siamo tutti a posto da domattina, ad eccezione di chi ha fatto cose non lecite. Ma sono proprio questi l’obiettivo del decreto", spiega Regazzi, critico solo sui tempi concessi per richiedere l'autorizzazione: "Trenta giorni sono proprio pochi". Ma conclude con una nota positiva: "Dopo nove anni di fatica e di sudore finalmente credo che siamo arrivati al 'giorno uno'. Adesso il mercato c’è, giochiamo con regole chiare e i pirati verranno estromessi". Umberto Roccatti, presidente di Anafe e di Puff, grande catena di franchising italiana, si dichiara "sostanzialmente contento di come sia stato redatto il decreto". Sottolinea come molto sia stato ottenuto in "conseguenza dell'emendamento Rotta-Boccadutri per cui Anafe si è molto prodigata". L'unico elemento che lascia perplessi, secondo Roccatti, riguarda il divieto di vendita ai minori di liquidi senza nicotina. "Noi pensiamo – commenta - che una legge dello Stato non possa essere scavalcata da un decreto di una agenzia nazionale. Il Rotta-Boccadutri sostiene che Aams debba garantire il rispetto del divieto, ovvero di quello esistente e normato dal Ministero della salute. Non prevede che possa precludere ad altri soggetti un diritto garantito dal ministro Lorenzin". "Non è certamente quello che volevamo, - dichiara Michele Matera, presidente dell'associazine negozianti Aise - noi chiedevamo una regolarizzazione che non fosse il semplice assoggettamento al monopolio". Dopo questa premessa, però, Matera sottolinea che "non è andata malissimo" e che le aspettative erano molto più tetre. Il presidente di Aise sottolinea che "rimane da chiarire cosa fare con le scorte", cioè con quella merce acquistata dai negozianti senza tassa piena. L'associazione sta comunque preparando un vademecum in collaborazione con i suoi legali che spieghi le nuove regole agli associati. Più critica la presidente di Uniecig, Antonella Panuzzo, che affida le perplessità della sua associazione ad un comunicato. "Premesso che non è una gioia per noi essere assoggettati ad AAMS - si legge nel breve documento - da tempo era necessaria una regolamentazione dell’intero settore del vaping. Speravamo che con il decreto si ponesse fine ad alcune incertezze normative su oneri e doveri dei rivenditori". Invece Uniecig evidenzia alcuni punti critici del decreto. "Ad una prima lettura - scrive Panuzzo - c'è da evidenziare il punto 4 (a) dell'articolo 1 che chiede al rivenditore di impegnarsi: 'a verificare che i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti nicotina commercializzati siano conformi alle disposizioni dell’articolo 21, commi 6, 7, 8 e 9, del decreto legislativo 12 gennaio 2016, n. 6, e successive modificazioni'". L’articolo 21 comma 6 ad lettera D recita che il liquido contenente nicotina deve essere prodotto utilizzando solo ingredienti di elevata purezza e continua recitando 'le sostanze diverse dagli ingredienti al cui comma 3 (b), possono essere presenti nel liquido contenente nicotina solo a livello di tracce …'. "Tali informazioni - conclude Uniecig - non possono essere acquisite dal negoziante che non puó quindi farsene garante. Si evince quindi che in alcuni punti siamo ben lontani dalla chiarezza che ci si auspicherebbe per poter lavorare in serenitá".

Nel Regno Unito parte VApril, il mese per passare al vaping

"Accetta la sfida di VApril". È questo lo slogan della prima campagna nazionale organizzata nel Regno Unito dalla UK Vaping Industry Association (UKVIA). Ricalcando lo schema del mese anti-fumo e della fortunata iniziativa Stoptober, l'associazione ha scelto il mese di aprile per convincere i fumatori a passare alla sigaretta elettronica. Forte delle prese di posizione di Public Health England che ha eletto l'ecigarette il più efficace strumento di riduzione del danno, giudicandola del 95 per cento meno dannosa del tabacco, l'industria del vaping ha deciso di concentrare gli sforzi per aumentare la consapevolezza dell'opinione pubblica. La sfida di VApril, in pratica, si articola in tre passaggi. Prima di tutto i fumatori sono invitati a partecipare a delle "vaping masterclass" che si terranno nei negozi specializzati delle principali città del Paese. Durante queste lezioni gli esperti illustreranno i vari sistemi e i diversi aromi disponibili sul mercato, cercando di trovare la sigaretta elettronica adatta ad ogni tipo di partecipante, in base alle abitudini di fumo di ciascuno. Il secondo step prevede l'uso della guida Vape to break the smoking habit, creata ad hoc per i principianti. Qui si trovano infatti tutti i consigli per passare dalla sigaretta di tabacco all'elettronica: dati scientifici per sostenere la motivazione, consigli sulla giusta concentrazione di nicotina da utilizzare, spiegazione dei componenti del device e una guida all'evoluzione da principiante a veterano del vaping. Il terzo passaggio, infine, è quello social. I nuovi vaper sono invitati a condividere con video e foto la loro esperienza sulle pagine social della campagna, ma anche a partecipare alle conversazioni e cercare di risolvere dubbi e problemi. "Sarà la più grande campagna mai effettuata dall'industria del vaping – commenta il direttore di UKVIA John Dunne – e dimostra i progressi che ha compiuto il settore in un periodo relativamente breve". "La sfida per l'industria, il governo e la comunità sanitaria – continua – è quella di far capire che la sigaretta elettronica comporta un rischio estremamente ridotto rispetto al fumo e che quasi 3 milioni di fumatori oggi sono passati all'ecig". Il frontman della campagna è il dottor Christian Jensen, volto noto della medicina britannica. "Mi sorprende e mi delude sempre – dichiara – sentire che in questo Paese ci sono ancora 7 milioni di fumatori e che, secondo Public Health England, il 40 per cento di loro non ha mai provato la sigaretta elettronica. Inoltre più della metà della popolazione non sa che il vaping è molto meno dannoso del fumo". "Per questo – conclude Jensen – sostengo con convinzione l'idea di una campagna nazionale come VApril, che incoraggi i fumatori a fare il primo passo per smettere".

Sigarette elettroniche: che invidia, siete inglesi!

(tratto da Sigmagazine bimestrale #7 marzo-aprile 2018) Il Regno Unito è ormai diventato il grande laboratorio della sigaretta elettronica. In nessun altro Paese al mondo, infatti, lo strumento di riduzione del danno è stato accolto con tanta apertura. Alla iniziale curiosità, si è gradualmente sostituita una crescente benevolenza, fino ad arrivare ad un riconoscimento pressoché unanime della sua utilità. Le autorità sanitarie britanniche hanno piantato delle pietre miliari nel riconoscimento del vaping come alleato per la riduzione dei tassi di fumatori. Nel 2015 l’agenzia del Ministero della salute, Public Health England, rompeva gli indugi e, mettendo nero su bianco che l’ecig era molto meno dannosa del tabacco, concludeva: “Abbiamo la possibilità di aiutare i fumatori a smettere e quindi possiamo incoraggiare i fumatori a provare a svapare”. Sei mesi dopo a questa posizione si aggiungeva la prestigiosa benedizione del Royal College of Physicians che, in base agli studi disponibili, identificava una percentuale per la riduzione del danno dell’elettronica rispetto alla sigaretta convenzionale: il 95 per cento. Un dato impressionante che ha dato – e dà tuttora – ossigeno ai sostenitori del vaping in tutto il mondo. Da allora la strada dell’ecigarette nel Regno Unito è stata in discesa, complice anche una classe politica che non si è limitata a demandare il suo compito di legislatore ad oscuri funzionari, ma ha svolto il suo ruolo attivamente. L’ultimo esempio è quello dello scorso gennaio, quando lo scienziato siciliano Riccardo Polosa è stato ascoltato, insieme ad altri colleghi, dal Parlamento inglese. Proprio quel Polosa che potrebbe rappresentare il fiore all’occhiello della nostra ricerca e che invece in Italia nessuno si degna di ascoltare. Nemo profeta in patria, si dice. Ma la saggezza degli antichi offre scarsa consolazione quando si parla della salute pubblica. Alla fine del 2016 anche il Royal College of General Practitioners, quelli che da noi sono i medici di base, sollecitava la categoria a “consigliare e supportare l’uso della sigaretta elettronica fra i pazienti che volevano smettere di fumare” e spronava a “non rinviare i benefici di questo strumento per contrastare il tabagismo”. Lo stesso ha fatto la British Psychological Society, convinta che i pazienti psichiatrici – fra i quali si registra un tasso di tabagisti superiore alla media nazionale  – possano trarre grandi vantaggi dal passaggio all’ecig, senza che il loro equilibrio sia minato da crisi di astinenza. Molti sono anche gli ospedali che hanno abolito il divieto di svapare, inasprendo quello di fumo. Il primo fu quello di Glasgow, in Scozia, seguito da molti altri, fino ad arrivare alle raccomandazioni emanate in questi giorni da Public Health England, che prevedono che l’ecig siano messe in vendita all’interno degli ospedali. Non si contano gli interventi a favore del vaping di Cancer Research UK – l’Istituto nazionale contro il cancro –  che non solo fa da anni informazione a tutti i livelli e in tutti i registri, ma si sforza strenuamente anche di contrastare la disinformazione scientifica e mediatica. Nel Regno Unito la sigaretta elettronica è entrata anche nelle carceri, per tutelare la salute dei detenuti, ma anche degli agenti penitenziari e di tutti gli operatori che vi lavorano. E dove aveva fallito il divieto di fumo tout court, ha avuto successo l’introduzione dell’ecig e i programmi sperimentali si sono trasformati in misure permanenti. Insomma, la sigaretta elettronica è entrata in carcere e ci resterà a vita, mentre in Italia non si riesce a concretizzare una misura analoga, ancora prigioniera nei meandri della nostra burocrazia bizantina. Lo scorso anno, nel mese di ottobre, l’elettronica è stata protagonista principale della campagna annuale antifumo del Ministero della salute, Stoptober. Grazie alla collaborazione con l’associazione dei produttori dei prodotti per il vaping, la campagna si è svolta su livelli multipli, coinvolgendo autorità e operatori sanitari, ma anche negozi di sigarette elettroniche, produttori e distributori. E, soprattutto, i centri antifumo, che nel Regno Unito funzionano davvero. E ormai sono lontani i giorni in cui la pioniera Louise Ross, direttrice dello Stop Smoking Centre di Leicester, nello scetticismo generale si recava allo stadio o tappezzava di manifesti le strade di Leicester per convincere i fumatori a passare al vaping. Oggi tutti i centri antifumo del Paese sono chiamati a fare la loro parte e gli operatori non restano abbarbicati alla vereniclina, i cerotti alla nicotina o al counselling psicologico, ma si avvalgono dell’unico strumento che ha dimostrato di funzionare davvero: la sigaretta elettronica. E per aiutarli, il National Centre for Smoking Cessation and Training ha appena messo a punto una guida dettagliata, riservata proprio agli operatori sanitari. Tutto questo dipinge il quadro di uno sforzo davvero corale per contrastare il fumo, che sta dando i suoi frutti, visto che il tasso di fumatori nel Paese ha raggiunto i minimi storici e i vaper esclusivi hanno superato quelli duali. Ma soprattutto, dipinge l’immagine di un Paese vitale e pieno di energie, che sceglie quale strada percorrere in autonomia, con una classe medica e politica che si interroga e apre nuove vie, senza avere paura di contrastare interessi costituiti e organizzazioni polverose, alle quali rimane poco più del blasone. Il Regno Unito è vivo ed è lì che dobbiamo rivolgerci come al grande laboratorio mondiale che darà tutte le risposte sul vaping. A noi, per ora, non resta che restare a guardare e provare una benevola invidia.