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Vapitaly, la Regione Veneto riconosce lo status di “Fiera Internazionale”

La Giunta regionale del Veneto ha deliberato che Vapitaly, la fiera del vaping che si tiene ogni anno a Verona, è un appuntamento fieristico di rilevanza internazionale. La manifestazione ha superato le verifiche previste dall’iter amministrarivo avviato nei mesi scorsi e ha ottenuto la conferma da parte delle istituzioni del valore di internazionalità assunto in questi anni. “Siamo orgogliosi – ha sottolineato il presidente Mosè Giacomello – del percorso di crescita che, in meno di due anni, Vapitaly è riuscita a intraprendere. Oggi siamo la prima fiera europea di settore per numero di presenze, 23.500 quelle registrate nell’ultima edizione di maggio, con un numero di espositori stranieri che è pari al 60% del totale. La Giunta regionale valutando questi e altri elementi ha, perciò, ritenuto di inserire la nostra manifestazione tra quelle di rilevanza internazionale, fatto che ci rende fieri del lavoro svolto e che proietta Vapitaly in una dimensione di nuovo e ulteriore sviluppo”. Vapitaly, grazie alla delibera di giunta, diventa ufficialmente fiera internazionale del vaping, garantendo ai suoi espositori una visibilità ancora maggiore. “La qualifica di rassegna internazionale – commenta Diego Valsecchi, direttore commerciale di Veronafiere – conferma il percorso di crescita di Vapitaly e l’interesse da parte di Veronafiere di continuare a supportarne lo sviluppo”.

Smo-king Tour, Adriano Di Ianne porta il vaping a spasso per Roma

Un vaping-tour per Roma a bordo di un hummer limousine. L'idea è stata di Adriano Di Ianne, titolare di Smo-king, il marchio detentore di tre punti vendita a Roma e un centro distribuzione di prodotti per il vaping. Con lui a bordo anche tre volti noti del vaping sul web: Daniele Zingaretti, Matteo Gallegati e Matteo Scarfi, rispettivamente Danielino 77, Il Santone dello svapo e Scarfi. Il tour è iniziato nelle prime ore di sabato 10 giugno, partendo dal negozio di via dei Gelsi di Centocelle per poi fare tappa in via di Casalotti nel secondo punto vendita Smoking. Tutte le soste sono state caratterizzate da momenti di allegria e convivialità, intermezzate dalle fotografie che in moltissimi hanno voluto scattare insieme ai loro "divi del web". In giro per Roma, soprattutto nelle strade del centro storico (Colosseo, Fori Imperiali, Vaticano) l'hummer non è passato inosservato, anche perché dai finestrini uscivano grandi nuvole di vapore dagli odori molto aromatizzati e profumati. Lo Smo-king tour è stato un'occasione per esportare il vaping al di fuori delle mura di un negozio, dimostrare che ancora prima di essere considerato un vizio o una dipendenza il vaping è soprattutto condivisione e partecipazione. "Sono molto soddisfatto - ha commento a caldo di Adriano Di Ianne - Giornate come queste servono a far capire che il vaping non è un fenomeno passegero. Ormai i consumatori sanno che nei negozi possono trovare non soltanto un commesso ma soprttutto un amico con cui passare del tempo. Non è da sottovalutare infatti la funzione sociale del vaping: in un periodo storico in cui non esistono più i centri di aggregazione, i negozi di sigarette elettonica sono diventati le nuove piazze attorno cui far ruotare un interesse comune".

Anche Ovale interviene nel dibattito sull’inattendibile ricerca bolognese

La ricerca diffusa dall'Università di Bologna secondo cui il vaping causerebbe danni al Dna delle molecole del sangue non cessa di alimentare la polemica. Dopo il nostro articolo di denuncia sull'inattendibilità e sull'inefficacia del metodo utilizzato, molti illustri scienziati si sono susseguiti a percorrere la stessa contestaizone. Primo fra tutti il professor Tirelli che ha avuto parole pesantissime contro lo staff bolognese, chiedendo addirittura la costituzione di un organismo europeo di controllo sulla verosimiglianza delle analisi e dei test di laboratorio. Oggi è Ovale, tra le più grandi aziende in franchising del vaping, ad interventire e prendere posizione con un lungo comunicato stampa che riportiamo integralmente. "L’esito di una ricerca dipende sempre dalla metodologia applicata alla ricerca stessa. Se la metodologia tiene conto di strumenti e parametri illogici anche i risultati lo saranno. Questo è esattamente ciò che è successo con lo studio condotto da un team dell’università di Bologna sull’utilizzo della sigaretta elettronica. I ricercatori sono inciampati infatti in un errore metodologico molto evidente e grossolano, sicuramente in buona fede, che ha condizionato tutto il loro lavoro: hanno utilizzato per i test (fatti sugli animali) una combinazione di atomizzatori e batterie con una potenza tale da renderli incompatibili e addirittura pericolosi. Aziende serie e con una storia di forte impegno per lo sviluppo di nuove tecnologie, analisi sui prodotti e tracciabilità come Ovale, non si sognerebbero mai di combinare strumenti del genere. Secondo questa ricerca le sigarette elettroniche anche non bruciando tabacco come le sigarette tradizionali, produrrebbero ugualmente sostanze tossiche con la conseguenza che anche le ecigs potrebbero quindi causare seri danni alla salute. Ma come si è arrivati a questo risultato? Il team di ricercatori ha usato un tank da 2,5 ml con atomizzatore da 2 ohm attivato con una batteria regolata a 5,5V. La nostra pluriennale esperienza tecnica ci dice che non esistono in commercio atomizzatori da 2 ohm tarati per sopportare un voltaggio/wattaggio del genere. Una atom da 2ohm (come ad esempio quello della nostra Elips) lavora correttamente in un range di massimo 5-7 watt. Durante i test invece sono stati erogati per quel tipo di atom ben 15 watt e cioè più del doppio di quanto quasi certamente quell’atomizzatore potesse supportare. Qual è la conseguenza? Con un atom da 2 ohm utilizzato con una batteria regolata a 15 watt è assolutamente normale che il vapore prodotto sia nocivo e pieno di aldeidi e altri elementi di decomposizione. Il test è stato organizzato con un ciclo formato da tiri di ben 6 secondi intervallati da 5 secondi di pausa, ripetuti per 17 volte. In una giornata venivano effettuati più cicli sempre con la batteria impostata a 5,5V e con una resistenza da 2 ohm. Non abbiamo difficoltà a dire che un dispositivo elettronico del genere è “criminale” e il suo utilizzo con quelle modalità non potrà che essere dannoso. E infatti i risultati della ricerca lo indicano: sui poveri animali che hanno subito lo stress di test così mal calibrati (sull’uomo non è ancora provato che il risultato sia identico) si è evidenziata la produzione di un effetto inducente sugli enzimi bioattivanti e inibente per quelli detossificanti. Il punto è che però il risultato è stato condizionato da una metodologia di ricerca di per sé sbagliata perché gli strumenti utilizzati erano già tarati per essere nocivi per la salute. Ovale non ha mai utilizzato quella combinazione sconclusionata di atomizzatori e batterie, e quindi la questione non ci tocca. I nostri liquidi e i nostri hardware sono stati analizzati e testati da università e centri di ricerca internazionali. I nostri prodotti, a parità di aspirazioni, rilasciano appena un terzo della nicotina rilasciata dalle sigarette tradizionali e nei nostri liquidi non sono presenti metalli tossici e nocivi per l’uomo, come accertato dal dipartimento di Chimica dell’Università di Napoli Federico II. Ma proprio perché siamo l’azienda con più esperienza sul mercato abbiamo l’obbligo morale di stigmatizzare la diffusione di dati inficiati da una procedura scorretta. E questo perché nonostante decine di studi a favore dell’uso della sigarette elettroniche provenienti dalle più prestigiose università del mondo, un lavoro del genere rischia di innescare una sorta di terrorismo psicologico che il settore, già vessato da una normativa schizofrenica, non può permettersi. A Bologna, sede dell’università dove è stata effettuata la ricerca, una notizia del genere rischia di creare difficoltà ai rivenditori che già hanno subito gli effetti del marketing aggressivo e della presenza proprio in città, dei nuovi stabilimenti della Philip Morris inaugurati in pompa magna alla presenza dell’allora premier Matteo Renzi".

Studio UniBo, parte dello staff in passato già sostenuto da Philip Morris

Sta facendo molto discutere lo studio curato dall'Università di Bologna secondo cui l'utilizzo della sigaretta elettronica causerebbe danni al Dna delle cellule del sangue. Abbiamo già dato evidenza alle carenze metodologiche dello studio, che rendono i risultati alquanto inverosimili agli occhi di chi conosce la materia. Ma purtroppo non ai profani che naturalmente si fidano, spesso ciecamente, di quanto rilevato da uno staff di ricerca. E a proposito di staff di ricerca, tre dei suoi componenti in passato hanno partecipato a progetti di ricerca sostenuti oltre che dal Ministero dell'Istruzione, anche da Philip Morris, come risulta scorrendo questa pubblicazione. Si tratta dei ricercatori Clara Della Croce, Moreno Paolini e Donatella Canistro. Questi ultimi, in particolare, sono rispettivamente il coordinatore dello staff di ricerca e la prima ricercatrice dello studio oggi agli onori delle cronache. Dalla Philip Morris Italia, contattata da Sigmagazine, tengono a dire che lo studio dell'Università di Bologna non è stato da loro sostenuto nè finanziato.